Negli ultimi anni c’è stata un’esplosione di interesse sulle perimplantiti, sono apparsi moltissimi lavori scientifici in letteratura. C’è stato solo un aumento di interesse della comunità scientifica o sono in costante aumento le perimplantiti? Esiste un reale problema clinico?
Una recente revisione sistematica apparsa in letteratura (Atieh et al., 2013) con un elevato numero di pazienti (1497) e 6283 impianti, ha evidenziato come la prevalenza della mucosite – equivalente della gengivite nei denti naturali – incida per il 60% nei pazienti (30% negli impianti), mentre la prevalenza di perimplantite si attesta intorno al 18% dei pazienti (9% degli impianti). Sicuramente sono percentuali che ci devono far riflettere, sapendo che ci sono alcuni pazienti che sembrano essere più suscettibili di altri a sviluppare la malattia, come i fumatori e i pazienti con una storia pregressa di parodontite, anche se, su questo ultimo fattore, nella revisione sistematica non si è raggiunta una significatività statistica.
Un’altra importante valutazione è se considerare o meno, come unità di misura, il paziente o l’impianto. Si dà molta enfasi al fatto che l’unità di misura debba essere il paziente, tuttavia penso che sia più giusto considerare l’impianto quando si devono comparare i protocolli terapeutici su come trattare le perimplantiti, le morfologie implantari in termini di macro e microgeometria, perché non tutti gli impianti e non tutte le superfici implantari sono uguali e possono avere una diversa suscettibilità alla perimplantite. Il paziente come unità di analisi potrebbe essere più appropriato in lavori scientifici in cui si studia la frequenza in generale del problema e le complicanze sistemiche della terapia implantare. Nella revisione sistematica sopracitata è espressa una serie di limitazioni rappresentate dal disegno dello studio, dal sistema implantare utilizzato, dalla lunghezza del follow-up dello studio, dalla mancanza di un programma standardizzato di terapia di supporto. Inoltre, dai dati della letteratura (Quirynen et al., 2007) e dalla nostra esperienza clinica più che ventennale, emerge che la terapia di supporto implantare con richiami periodici sia il fattore fondamentale del successo implantare a lungo termine, per cui ogni paziente con impianti è un paziente parodontale. Un altro dato importante da tenere in considerazione è che esiste un maggior consenso, a livello di comunità scientifica, sulla cura della parodontite rispetto alla cura della perimplantite, per cui il clinico, che ha più difficoltà a trattare le perimplantiti, ha come strategie terapeutiche un programma rigoroso di richiami periodici e la diagnosi precoce.
In un altro recente lavoro (Schmidlin et al., 2012) si è valutata la frequenza di perimplantiti in Svizzera e si è visto che la percentuale a livello implantare è intorno al 5-6% dopo 5 anni e al 7-9% dopo 10 anni; purtroppo, anche in questo lavoro non si riescono ad evidenziare e confrontare le percentuali di perimplantite dei diversi sistemi implantari. Si può obiettare che le superfici lisce sono più resistenti alla progressione della perimplantite rispetto alle superfici ruvide, tuttavia dobbiamo essere consci che c’è una profonda differenza tra il processo di osteointegrazione (osteogenesi a distanza) tra le superfici lisce e quelle ruvide (osteogenesi per contatto), e uno studio condotto dalla nostra scuola su impianti ibridi ha dimostrato in maniera inequivocabile che nello stesso paziente la parte liscia dell’impianto aveva un BIC del 34% e quella ruvida del 73% (Testori et al., 2002). Studi clinici (Khang et al., 2001; Testori et al., 2002) hanno dimostrato che gli impianti lisci hanno percentuali di successo inferiori agli impianti ruvidi, specialmente in osso meno mineralizzato e nei settori latero-posteriori della mandibola e della maxilla.
Revisioni sistematiche sugli impianti corti hanno dimostrato come le superfici ruvide giochino un ruolo fondamentale nella sopravvivenza implantare e permettano di raggiungere la stessa predicibilità degli impianti più lunghi (Renouard et al., 2006). Secondo me nel 2016 non si può tornare indietro e abbassare la percentuale di successo, ritornando ad avere una differente distribuzione dei fallimenti implantari: ricordo che negli impianti ruvidi i fallimenti sono per il 74% prima del carico protesico, negli impianti lisci la percentuale di fallimenti precarico è del 33%, per cui il clinico si trova ad affrontare il resto dei fallimenti quando il paziente ha già finalizzato la protesi (Testori et al., 2014).
La perimplantite è una patologia complessa in cui numerosi fattori sono coinvolti: fattori legati al paziente con i suoi stili di vita, la condizione locale dei tessuti perimplantari, il sistema implantare utilizzato. Le uniche armi efficienti che abbiamo per contrastarla sono rappresentate da un attento e personalizzato programma di mantenimento parodontale unito a due fattori: diagnosi precoce e oculata scelta del sistema implantare, con la propria e specifica suscettibilità alla progressione della periimplantite (Mombelli et al., 2012).
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