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La mucosità perimplantare e la perimplantite: il loro ruolo nella patologia implantare

D. Merigo, M. Labanca, L.F. Rodella

D. Merigo, M. Labanca, L.F. Rodella

ven. 13 luglio 2012

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La chirurgia implantare è sempre più utilizzata per la sostituzione di elementi dentali mancanti, per cui una percentuale crescente di individui risulta essere portatore di impianti osteointegrati. È però anche noto che una delle problematiche principali che affliggono l’impianto è l’insorgenza della perimplantite.

La perimplantite è principalmente dovuta ai batteri che si accumulano a livello del cavo orale e sulla superficie degli elementi protesici e che, se raggiungono la superficie implantare, danneggiano i tessuti prossimi all’impianto stesso.
La perimplantite è tuttavia l’ultimo atto di una serie di eventi che possono e devono essere intercettati molto prima.
I batteri, una volta organizzati in colonie, danno origine alla placca batterica e se non vengono tempestivamente rimossi causano, con la produzione dei loro metaboliti, uno stato di infiammazione della gengiva prossima all’impianto chiamato mucosite perimplantare.
Se si rimuovono tempestivamente i fattori eziologici, i tessuti possono dunque guarire senza alcuna conseguenza. Tuttavia, se lo stato infiammatorio perdura nel tempo, si andrà incontro a un graduale peggioramento della situazione con l’evoluzione da mucosite a perimplantite.
La perimplantite è anch’essa un processo infiammatorio che colpisce i tessuti perimplantari caratterizzata da una perdita progressiva del tessuto osseo; se non trattata nelle sue fasi iniziali porta irrimediabilmente alla perdita dell’impianto. Ne consegue che una buona igiene orale è fondamentale per mantenere i tessuti perimplantari in un buono stato di salute.
Per rendersi conto dellimportanza della prevenzione di tale patologia basta osservare la sua diffusione nella popolazione.
Nel 2008, al Sesto European Workshop on Periodontology è stato reso noto che la prevalenza della patologia perimplantare è di circa il 50% dei siti perimplantari (80% dei soggetti) per le mucositi e di circa il 12-40% dei siti (56% dei soggetti) per le perimplantiti (Lindhe J. et Al., 2008).
Le metodiche di bonifica delle superfici utilizzate fino a oggi sono state le più disparate, ma nessuna si è dimostrata più efficace delle altre e per questo ogni professionista si basa più che altro sulla propria esperienza cercando di combinare gli strumenti di prevenzione a oggi disponibili.
In tale ottica assume notevole importanza la prevenzione, anche se analizzando la letteratura scientifica si nota come non vi siano sufficienti studi che valutino gli effetti a lungo termine di un programma di igiene orale specifico per pazienti portatori di impianti osteointegrati. Osservando gli studi a oggi disponibili, nonostante sia dimostrato che una terapia di supporto con l’intervento dell’igienista dentale sia essenziale per prevenire l’insorgenza della perimplantite, non c’è un’evidenza di quale sia il migliore trattamento di igiene orale a cui sottoporre un paziente portatore di impianti. (Esposito M. et al 2010; Grusovin M.G. et al 2010; Hultin M et al 2007; Algraffee H. et al 2011).
In linea di massima si può assumere che i principi di trattamento siano gli stessi che si usano per le parodontiti, tuttavia va ricordato che gli impianti necessitano di accorgimenti specifici in quanto l’anatomia perimplantare è sicuramente diversa da quella parodontale.
I rapporti anatomici tra dente, osso e mucosa sono mediati dal legamento parodontale che ha determinate caratteristiche (Fig.1) decisamente differenti dal tipo di legamento che si viene a creare tra la superficie dell’impianto e i tessuti circostanti (Fig. 2).
La superficie dell’impianto ha infatti una morfologia differente da quella della radice del dente e sebbene la mucosite perimplantare e la perimplantite condividono alcuni aspetti patogenetici con la mucosite e la parodontite (Rodella et al 2011) una loro precisa caratterizzazione è ancora necessaria.
Tutte le metodiche applicate durante la gestione dell’igiene orale sono atte a rimuovere la placca e a prevenirne la formazione, ma va ricordato che superficie implantare è molto più delicata del cemento radicolare, e quindi l’adesione della placca sarà da gestire in maniera differente.
A tale proposito, va ricordato che l’evoluzione delle superfici implantari volta alla ricerca di geometrie sempre più performanti ha portato all’utilizzo di superfici sempre più porose.
Ciò se da un lato sembra favorire l’osteointegrazione, dall’altro rende più difficile il recupero di un impianto su cui si sviluppi una perimplantite in quanto i batteri si possono accumulare all’interno delle nicchie sulla superficie implantare rendendo di fatto estremamente difficile la loro rimozione con gli strumenti attualmente a disposizione.
Per quanto riguarda la mucosite si è osservato che il trattamento non chirurgico dei tessuti contaminati è essenziale e può risultare efficace.
La rimozione dei depositi molli e duri dall’impianto e dalle sovrastrutture va eseguito con scalers in materiale plastico, per non danneggiare l’impianto; tale procedura si può accompagnare all’utilizzo di clorexidina per ridurre ulteriormente l’infiammazione.
Oltre alla clorexidina in letteratura si osserva anche l’utilizzo di lavaggi salini, acido citrico, perossido di idrogeno, air-flow e laser, ma nessuna di queste metodiche ha dimostrato una maggiore efficacia rispetto alle altre (Esposito M. et al 2010).
Recentemente si è scoperta una nuova tecnica di decontaminazione elettrochimica, che potrebbe segnare un passo avanti nella risoluzione di questa problematica ma fino a ora è stata testata solo su modelli pre-clinici (Mohn D. et al 2011).
Per la perimplantite invece si è osservato che, una volta instauratasi, è molto difficile che possa essere ricondotta a una guarigione da parte dell’igienista con la sola terapia non chirurgica, con o senza l’ausilio di antibiotici, per cui il paziente diventa di stretta competenza odontoiatrica.
Alcuni recenti strumenti sono oggi disponibili per cercare di aumentare l’efficacia di un trattamento su impianti. Vanno menzionati in particolare il laser che, nelle sue diverse forme (Er:YAG, CO2, a diodi), si è dimostrato efficace soprattutto se usato in combinazione ad altre tecniche principalmente chirurgiche (Bories C. et al. 2011) e l’utilizzo di strumenti come il Tigran™ PeriBrush™ che consentono la rimozione meccanica di placca, di concrezioni di tartaro e del tessuto di granulazione, agendo direttamente a contatto con la parte esposta dell’impianto in titanio senza lederne l’integrità (Duddeck D.U. et al. 2011). Anch’essi potranno essere utilizzati in combinazione con sostanze che rallentino o inibiscano la crescita batterica.
Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che lirradiazione elettromagnetica potrebbe essere una nuova tecnica sfruttabile nel trattamento delle perimplantiti (Cao Z. et al, 2012). L’irradiazione elettromagnetica sembrerebbe diminuire la risposta infiammatoria, che è la responsabile del riassorbimento osseo attorno all’impianto e inibire la crescita batterica, favorendo la neoformazione di osso riducendo contemporaneamente losteoclastogenesi.
Attualmente la ricerca è stata condotta su pochi tipi di batteri e va sicuramente ampliata, e andrebbe inoltre studiato in modo più approfondito quale sia la migliore frequenza e durata di trattamento affinché possa essere efficace sui tessuti e sui batteri presenti nelle perimplantiti.
Da tutto ciò si evince che, dato che la perimplantite è difficile da gestire, che gli strumenti per curarla sono pochi e attraverso procedure complicate e abbastanza invasive, la prevenzione risulta essere la strada migliore da seguire; in tale ottica uno stretto rapporto tra igienista e odontoiatra costituisce sicuramente un beneficio per il paziente.
Per quanto riguarda la prevenzione bisognerebbe comunque considerare tutti i pazienti con impianti ad alto rischio potenziale e inserirli pertanto in programmi di richiamo trimestrale, in modo da poter agire tempestivamente nel caso in cui vi fosse un’evidenza precoce di mucosite o perimplantite.
In queste occasioni si procederà alla rimozione di depositi duri e molli eventualmente presenti sulle diverse superfici e risulterà opportuno rinnovare la motivazione del paziente e istruirlo al mantenimento della corretta igiene orale domiciliare.
Appare utile effettuare anche il sondaggio parodontale, unito alla pressione laterale sulla gengiva effettuato con una sonda a livello dell’impianto, per verificare lo stato di salute dei tessuti parodontali e perimplantari ed evidenziare eventuali cambiamenti.

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