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Ozonoterapia nel trattamento delle osteonecrosi mascellari

L. Vannucci, G. Oldoini, C. Lorenzi, A.M. Genovesi

L. Vannucci, G. Oldoini, C. Lorenzi, A.M. Genovesi

gio. 16 ottobre 2014

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I bifosfonati sono un’importante classe di farmaci che agiscono inibendo l’attività osteoclastica e modulando quindi il riassorbimento osseo. Tali farmaci trovano pertanto utilizzo nel trattamento di patologie ossee di tipo metabolico, oppure oncologiche, nel controllo di metastasi a carico dell’apparato scheletrico. I bifosfonati sono solitamente ben tollerati, tuttavia presentano talora come effetto collaterale più frequente fenomeni di necrosi ossea dei mascellari.

L’ozonoterapia si fonda sul principio della liberazione di O3 attraverso la formazione di un campo elettromagnetico, similmente a quanto accade durante la scarica di un fulmine in natura. Tale gas è tuttavia instabile e una volta creatosi tende a scomporsi immediatamente determinando la liberazione di un atomo di O detto “ossigeno singoletto”. In altre parole si libera una grande quantità di ossigeno nascente, cioè non legato in una molecola. Gli effetti biologici benefici dati dalla liberazione di questa alta concentrazione di ossigeno sono molteplici e in particolare agirebbero sulle proprietà di rigenerazione tissutale, sull’attivazione del circolo oltre a un’attività antimicrobica e di ossidazione di bio-molecole.
La capacità di rigenerazione tissutale avviene poiché l’ossigeno liberato attiva i meccanismi di sintesi proteica, aumenta la quantità di ribosomi e mitocondri nelle cellule. Questi cambiamenti a livello cellulare spiegano l’aumento di attività funzionale, quindi di rigenerazione tissutale.
La funzione, invece, di attivatore circolatorio è data da un miglioramento del metabolismo dei tessuti provocato dal gas, che aumenta la loro ossigenazione e riduce a livello locale i processi infiammatori modificando la struttura della membrana cellulare degli eritrociti: questo fa sì che aumenti la loro carica negativa influente sull’elasticità delle cellule del sangue.
Specificatamente per le due proprietà pocanzi descritte, si è deciso di utilizzare in via sperimentale tale terapia nel trattamento di un’osteonecrosi da bifosfonati.
Materiali e metodi
Il paziente P.F. di anni 74 si presenta all’attenzione della Fondazione Istituto Stomatologico Toscano con osteonecrosi della porzione distale dell’emimandibola di sinistra (Fig. 1). Il quadro clinico del paziente, dal punto di vista anamnestico, appare da subito piuttosto complesso. Il paziente, infatti, è affetto da diverse patologie: insufficienza renale cronica; idronefrosi dilaterali; pregressa emicolectomia destra per etp; diverticolosi del colon residuo; enfisema polmonare; portatore di CVC tipo port.
Come evidenziato nella documentazione fotografica iniziale, la quantità di tessuto necrotico esposto risultava essere molto estesa. Inoltre, il paziente presentava in prima visita suppurazione dei tessuti interessati dalla necrosi, con edema accentuato dell’emivolto di sinistra. Si è deciso di procedere con intervento chirurgico nel marzo 2014 (Fig. 2) con l’obbiettivo di asportare il tessuto osseo necrotico e promuovere in un secondo momento, con l’ausilio del PRF (Fig. 3), la guarigione dei tessuti circostanti. A 7 giorni venivano rimossi i punti di sutura (Fig. 4) e a 14 giorni il paziente veniva richiamato per una visita di controllo: in tale occasione era stata osservata esposizione di una porzione tissutale ossea, complicanza per altro attendibile nei trattamenti con bifosfonati (Fig. 5). È stato deciso pertanto di inserire il paziente nel protocollo di ozonoterapia per favorire e promuovere guarigione secondaria. Si osservavano, fin dalle prime sedute di applicazione del protocollo di ozonoterapia, dei significativi miglioramenti, in particolare del versante vestibolare della lesione.
Veniva inoltre provocato al termine di ogni seduta, e con l’ausilio di una sonda parodontale, il sanguinamento del sito allo scopo di creare frequentemente un nuovo coagulo che potesse favorire la vascolarizzazione del tessuto osseo. Al paziente venivano fornite istruzioni post-operatorie riguardo alla condotta del mantenimento domiciliare, non indicando – come di consueto – l’utilizzo di clorexidina e suggerendo la sola applicazione del gel ozonizzato al 15%.
Il dispositivo utilizzato è il generatore di ozono OZONE DTA (distribuito da Sweden & Martina S.p.A., Due Carrare - PD, Italy), in grado di produrre ozono tramite la formazione di un campo elettromagnetico e, pertanto, senza necessitare di un serbatoio di ozono puro. L’apparecchiatura ha in dotazione diverse sonde in vetro per la trattazione di differenti stati patologici. In tal caso è stata utilizzata la sonda #3, con un timing, una potenza e una frequenza di applicazione variabili a seconda delle differenti fasi del protocollo (Fig. 6). L’applicazione è stata svolta da un operatore qualificato effettuando un movimento lineare sulla lesione, con l’accortezza di mantenere il campo di applicazione ben asciutto.
T0: inizio protocollo di mantenimento con programmazione di sedute a 3 gg, a una potenza di 6 per un timing di 15-20 minuti.
T1: a 30 gg, valutato il tissutal mis-
match degree, si è deciso di diradare la frequenza delle seduta, portandola a frequenza di 1 per settimana. Inoltre, si è valutata la risposta immediata antalgica del paziente e pertanto l’aumento della potenza del macchinario a 9 per un timing di 10-15 minuti.
T2: a 60 gg integrazione tissutale ottenuta, negativa esposizione dell’osso e stato di salute del parodonto ottenuto.
Risultati attesi e ottenuti
L’attuazione del protocollo si proponeva come obbiettivo il raggiungimento della totale integrazione tissutale, tramite l’apporto di ossigeno reso biodisponibile grazie all’applicazione dell’ozonoterapia e permettendo così un trofismo tissutale, altresì difficilmente ottenibile. In effetti quel che si è ottenuto è stata la formazione di mucosa alveolare stabile e funzionale (Fig. 7), e pertanto capace di rispondere ai normali insulti batterici della cavità orale. Questo ha fatto sì che si ricreasse un ecosistema favorevole alle stato di salute orale del paziente.
Discussione e conclusioni
Quel che è si è notato nelle osservazioni cliniche è che il primum movens a determinare esposizioni ossee nei distretti mascellari il più delle volte è dato da decubiti di protesi removibili, magari trascurati o sottostimati. In effetti, il paziente riferiva di essere stato per molti anni portatore di protesi mobile mai riadattata o ribasata dall’odontoiatra curante. Pertanto, se pur come supposizione, si può riferire l’origine di tale lesione anche alla presenza di un focolaio infettivo.
L’azione coadiuvante dell’ozono nel trattamento delle complicanze nei processi di guarigione ossea e dei tessuti molli è testimoniata dal progressivo miglioramento del quadro clinico fino ad arrivare in ultima analisi a un grado di integrità dei tessuti superficiali e profondi con stabilità del risultato. Il paziente è attualmente inserito in frequenti follow-up per monitorare il quadro clinico stomatologico e anamnestico generale.

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L'articolo è stato pubblicato sul numero 10 di Dental Tribune Italy 2014.

 

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