Quando, a metà del secolo scorso, i fratelli Huneke, medici tedeschi, descrissero (non per primi in realtà) l’effetto terapeutico delle basse concentrazioni di anestetici locali, il mondo medico accolse con curiosità quella pratica empirica che prese il nome di “neuralterapia”.
Nel giro di pochi anni purtroppo, nonostante i successi clinici, prevalse il paradigma “quel che non sappiamo spiegare non può funzionare” e la neuralterapia fu relegata a disciplina alternativa, praticata spesso in modo riduttivo.
In realtà, negli ultimi tre decenni la ricerca nell’ambito delle neuroscienze ha rivelato la profonda connessione funzionale tra sistemi di regolazione (PNEI), da cui emerge con chiarezza che la struttura interna dei processi fisiopatologici alla base dello stato di salute e di malattia è prevalentemente costituita da attività biologiche miste, di natura neuro-immunologica, e queste, per la loro intrinseca complessità, possono talora portare a guarigione, altre volte perpetuare e amplificare gli effetti di uno stimolo nocivo fino alla cronicizzazione1,2.
Si è osservato anche come stimoli di natura assai diversa siano in grado di sostenere quadri nosologici anche di grave entità22,23. Il primo gradino che spinge in questa direzione è dato dall’infiammazione neurogenica, fenomeno che può insorgere già a carico del neurone afferente primario in conseguenza di stimoli di bassa entità, cronici o ricorrenti, anche di diversa eziologia.
Sia le fibre nervose mieliniche sia quelle amieliniche reagiscono con una risposta a cascata3-14, glutammato prima, e poi a seguire prostaglandine, interleukine proinfiammatorie, NO e numerose altre molecole che rendono indistinguibile la risposta neurogena da quella immunitaria4-7. Il segmento nervoso coinvolto tende ad andare incontro a una condizione di ipereccitabilità patologica, che ritroviamo tra l’altro nei fenomeni di iperalgesia, allodinia, wind-up ecc.
Questo stato di sofferenza neuroimmunologica già nelle diverse stazioni afferenti che riguardano il segmento somatico colpito (gangli delle radici dorsali, gangli paravertebrali lamina II e V di Rexed Sostanza Gelatinosa del Rolando) trova in ciascuna di esse risposte che ne possono amplificare l’intensità8-11, anche per la partecipazione di altri fattori di sofferenza tissutale, quali la bradikinina e le neurokine6,12,13.
Questo quadro a livello midollare tende ad amplificarsi e ad accrescere la propria complessità per convergenza di segnali dai diversi distretti corporei, complici le attività dei neuroni di proiezione (Wide Dinamic Range, dinorfinergici ecc.) e quelle neuroimmunologiche delle cellule gliali15-19. Il fenomeno di amplificazione e implementazione sin qui descritto verosimilmente sostiene stati di sofferenza all’origine di sindromi dolorose, quali nevralgie e neuropatie20, e sindromi algodistrofiche croniche, note come CRPS24,25.
Tuttavia, proprio la partecipazione dei neuroni di proiezione mostra la propensione a estendere, sia in senso ascendente che discendente, la neurosofferenza. Di conseguenza, una lesione in un distretto corporeo, attraverso il coinvolgimento delle vie spinotalamiche, della formazione reticolare, del grigio periacqueduttale e di altre stazioni sottocorticali, arriva a esprimere sofferenza in aree somatiche diverse21.
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