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Morte di un guerriero longobardo, non per colpo di lancia, ma per ascesso

P. Hertel

P. Hertel

lun. 16 gennaio 2017

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In letteratura e nella pratica medica, assistiamo ultimamente ad un sempre maggior numero di casi di antibiotico-resistenza, causati probabilmente dall’insorgenza di ceppi resistenti in conseguenza di un loro uso smodato, usati spesso a sproposito oltre i corretti dosaggi. Antibiotici che utilizzati tredici secoli fa avrebbero sicuramente salvato la vita di un giovane guerriero longobardo, sepolto in una necropoli longobarda risalente all'VIII secolo dopo Cristo scoperta nell’ultimo decennio del secolo scorso nel parco di "Villa Lancia", a Testona, nei pressi di Torino.

Tra le varie tombe riportate alla luce una presentava una particolarità: il guerriero vi era stato sepolto assieme al suo cavallo, mentre prima di allora, pochissime tombe erano state scoperte “complete” di entrambi (di solito accanto al padrone, veniva sepolta solo una parte dell’animale, ndr.). «Sacrificare il cavallo seppellendolo nella stessa tomba del padrone – precisa Gabriella Pantò, l’archeologa coordinatrice della ricerca, affiancata dall’antropologa Elena Bedini – era tipico delle popolazioni dell’Europa orientale fra il V e il X secolo d.C. Mentre Franchi, Turingi, Alamanni e Longobardi riservavano all’animale una sepoltura vicina a quella del suo cavaliere».

«Si tratta di un ritrovamento molto raro – prosegue la studiosa – con pochi precedenti in Italia. A Goito è stata trovata una sepoltura con la sola testa, animali integri invece a Vicenne di Campobasso, mentre a Cividale del Friuli e a Povegliano Veronese sono affiorati cavalli decapitati. Uno venne intercettato anche a Collegno, nei pressi di Torino. L’ulteriore ritrovamento di Testona sottolinea il primato del bacino archeologico longobardo in Piemonte, qualificatosi negli ultimi anni come il più importante d’Italia».

Che fosse un guerriero non ci sono dubbi. Lo testimonia il corredo funebre con cui venne composto nella tomba con oggetti tipici della Pannonia del VI secolo dopo Cristo, inglobati nelle zolle di terra che li hanno conservati per secoli. Zolle indagate da una radiografia che ha identificato la forma di una borsa, contenente un paio di pinze, una fibbia di bronzo, un acciarino con spillone e innesco, due monete e una placca dorsale di cintura.

L’analisi dello scheletro ha precisato inoltre che si trattava di un maschio fra i 25 e i 30 anni, con braccia allenate all’esercizio delle armi. Su di esse e sulle gambe segni di vecchie ferite ricevute in battaglia, mentre al dito indice sinistro il cavaliere sfoggiava un anello con castone. Alla vita indossava due cinture, una di carattere militare con fibbia decorata. Sul bacino gli furono poste le armi: un coltello e lo “scramasax”, la corta spada per il combattimento corpo a corpo.

Per gli odontoiatri la causa della morte è particolarmente significativa, in quanto venne causata probabilmente da un ascesso dentale scaturito dal mascellare superiore sinistro, all’altezza del 2.3 o del 2.4. Dopo aver perforato la parete ossea vestibolare, come emerge dalla fotografia del cranio, l’ascesso causò la setticemia in un’era in cui non esistevano antibiotici.

«Lo uccise quindi un ascesso, non una spada – scrive Maurizio Lupo su “La Stampa” del 23 novembre 2008 – Non cadde in battaglia, com’era pronto a fare per la gloria del suo popolo, ma lo stroncò un’infezione, con febbre alta, provocata dal bubbone purulento, che da tempo gli torturava la mascella superiore, come un tarlo, con dolori atroci. Il cavaliere non ci badò, finché il male esplose in un bulbo livido, sfigurandolo a morte, come un colpo di giavellotto».
È duro morire così, a soli 25 anni, soprattutto per un guerriero che aveva cavalcato al seguito del grande Re Alboino. Con lui aveva lasciato la Pannonia, il giorno di Pasqua dell’anno 568, quando ad un gesto del sovrano, centomila armati si erano mossi alla volta delle Alpi. Ai clan longobardi si erano uniti Turingi, Gepidi, Bulgari, Sassoni e Sarmati che sognavano le ricchezze della pianura padana, seguiti da donne e bambini. Dopo una marcia quasi senza ostacoli nemici, in due anni erano giunti in Piemonte.

Il guerriero allora era ancora poco più di un ragazzo, neanche dei più alti (appena un metro e 70 centimetri) ma aveva buoni muscoli e soprattutto un cavallo. Mai avrebbe pensato che sarebbe stato proprio il suo animale a restituirgli gloria postuma, dopo una fine beffarda, consumata dopo tanti sogni in un umile villaggio formato da un pugno di capanne. Riemerse dal passato, dopo 1300 anni, la vittima di una patologia allora letale, oggi fortunatamente non più così pericolosa, dopo la scoperta degli antibiotici.

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