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L’irrigazione canalare nell’endodonzia moderna: casi semplici

F. Santarcangelo, A. Castellucci

F. Santarcangelo, A. Castellucci

mar. 19 giugno 2012

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Perchè irrighiamo? Il successo di un trattamento endodontico in accordo con quanto enunziato dal Prof. Schilder, padre della moderna Endodonzia, dipende dall’abilità dell’operatore nel detergere meccanicamente e chimicamente il sistema dei canali radicolari e poi nell’otturarlo tridimensionalmente.

L’endodonto si compone di spazi facilmente accessibili agli strumenti rotanti e manuali (canali principali) e, così come confermato da numerosi studi clinici e istologici, di spazi difficilmente accessibili o del tutto inaccessibili (delta, anse, istmi, canali laterali e accessori e tubuli dentinali).
In modo particolare, canali laterali e accessori si ritrovano con frequenza significativa soprattutto nel terzo apicale della radice e nelle forcazioni dei molari.
La sagomatura canalare non è in grado di raggiungere alcune aree che risultano non toccate dagli strumenti, indipendentemente dalla tecnica adoperata; e quasi metà dell’endodonto rimane, dunque, non trattato.
La complessità dell’endodonto può essere, perciò, uno dei fattori determinanti l’insuccesso della terapia canalare e possono andarvi incontro anche elementi dentari ben trattati, a causa degli spazi irregolari e talora imprevedibili che caratterizzano i canali radicolari.
Alla luce di quanto detto, una delle sfide più entusiasmanti dell’endodonzia moderna è rappresentata dalla detersione biochimica dell’endodonto (sondabile e non); questo, una volta deterso lege artis, potrà in egual modo essere riempito e sigillato da cemento e guttaperca al momento dell’otturazione.
L’irrigazione dunque riveste un ruolo cruciale nel determinare l’esito della terapia canalare.

Quali irriganti adoperare? Una scelta basata sull’evidenza scientifica
Ricordo che ai tempi dell’università, accompagnai mio padre dal suo dentista, dato che si doveva sottoporre a una terapia canalare. Mi colpì particolarmente il fatto che freneticamente alternasse lavaggi di amuchina a lavaggi di acqua ossigenata, e gli chiesi il perché di questa procedura.
Mi rispose che così gli era stato insegnato, senza motivare in maniera critica la sua scelta.
In ogni campo della medicina l’operato del clinico deve seguire la logica e deve essere supportato dalla letteratura.
Dunque, per operare una scelta razionale degli irriganti bisogna prima rispondere a questa domanda: “che cosa vogliamo rimuovere dai canali?”
La risposta è semplice, vogliamo sbarazzarci di tessuto organico (polpa), batteri e tossine, e inoltre dei detriti organici e di quelli inorganici che inevitabilmente i nostri strumenti, manuali e rotanti producono.
A questo punto la scelta sarà facile e naturale.
La letteratura ha ormai evidenziato come l’irrigante canalare di elezione sia l’ipoclorito di sodio alla concentrazione consigliata del 5.25% in quanto in grado di dissolvere la sostanza organica ed eliminare la carica batterica e il biofilm all’interno dei canali.
La completa detersione viene realizzata associando una sostanza in grado di eliminare la componente inorganica creatasi dopo la strumentazione, pertanto è necessario utilizzare una sostanza chelante del calcio quale l’Edta al 17% o l’Acido citrico al 10%.1
La clorexidina in soluzione acquosa al 2% è stata suggerita per l’azione irrigante del sistema dei canali radicolari. Essa offre un potere antibatterico, ma è sprovvista di azione solvente del materiale organico e inorganico.15, 16
Inoltre mescolare ipoclorito di sodio e clorexidina genera un composto tossico e cancerogeno definito paracloroanilina: il suo utilizzo come irrigante canalare pertanto non è raccomandabile.17

Come irrigare?
Purtroppo ancora oggi la detersione biochimica è la parte della terapia canalare la cui importanza è meno riconosciuta e sotto-stimata dalla maggior parte dei clinici, e prova ne è il fatto che molti colleghi, per la maggior parte dentisti generici, sono soliti irrigare con comuni siringhe e aghi da iniezione intra-muscolare (Fig. 1).
Data la grossa taglia degli aghi, questi si affacciano al massimo all’imbocco canalare e dunque l’irrigazione si riduce a un semplice ricambio di irriganti in camera pulpare.
Al contrario le soluzioni irriganti dovrebbero bagnare per intero il sistema dei canali radicolari ed è auspicabile che detergano quelle aree che i nostri strumenti non sono in grado di raggiungere.
Così facendo, nella fase di otturazione, la guttaperca resa plastica dal calore può riempire quegli spazi resi pervi dagli irriganti.
Come un chirurgo asporta per intero un’area infetta e infiammata, così noi dovremmo trattare per intero il sistema dei canali radicolari e gli irriganti dunque sono il prolungamento delle nostre mani e dei nostri strumenti.
Se ammettiamo dunque l’importanza della irrigazione, dobbiamo ammettere che essa non può essere improvvisata e necessita di strumenti dedicati e tecnologicamente avanzati.
Esistono essenzialmente due filosofie.
La prima si basa su sistemi tradizionali a pressione positiva, che spingono gli irriganti nei canali a mezzo di siringhe e aghi dedicati dai design più svariati.
La seconda, al contrario, impiega i nuovi sistemi a pressione negativa in cui l’irrigante rilasciato in camera pulpare viene richiamato all’interno del canale per aspirazione grazie a una microcannula aspirante.
Qualsiasi sia la tecnica adoperata, tanto più prossimo al forame apicale è il rilascio degli irriganti tanto maggiore sarà la qualità della detersione.

Per quanto tempo irrigare?
Con l’avvento del NI-TI in endodonzia è ormai possibile sagomare un canale in pochi minuti ma questo non significa che i canali siano già pronti per essere otturati e sbagliano tutti coloro che frettolosamente otturano al termine della sagomatura, by-passando la fase di irrigazione canalare o praticandola senza dedicarvi tempo a sufficienza.
Numerosi fallimenti attualmente sono dovuti paradossalmente alla velocità della sagomatura, al termine della quale non segue un tempo adeguato di irrigazione.
Al contrario è ragionevole e proficuo investire il tempo risparmiato grazie alle veloci sagomature eseguite con strumenti in nickel-titanio, in manovre di detersione biochimica che innalzeranno la qualità del trattamento canalare.
Probabilmente in virtù delle molteplici variabili legate all’operatore, all’anatomia canalare e alle proprietà fisico-chimiche dell’irrigante in letteratura non abbiamo indicazioni precise sui tempi da dedicare all’irrigazione.
Piuttosto a guidarci sono i pareri dei clinici più illuminati.
Il dott. Buchanan ci ricorda che: “Perchè l’ipoclorito di sodio sia efficace è richiesto un contatto diretto dello stesso con le pareti canalari al termine della sagomatura di circa 20-40 minuti al fine di disinfettare e dissolvere il tessuto organico ancora presente”.
Mi piace in conclusione ripetere questo concetto: anche se è venerdì pomeriggio, stai trattando l’ultimo paziente, hai la mente rivolta al week-end e la sagomatura è stata particolarmente facile e veloce, resisti alla tentazione di otturare immediatamente i canali se prima non li hai irrigati a sufficienza.
Perciò passeggia per lo studio, fai un po’ di stretching, gusta un buon espresso, oppure perché no, telefona a colleghi e amici, rispondi alle mail….e stai sereno che gli irriganti stanno lavorando per te all’interno dei canali!

Dai fallimenti si impara!
Dieci anni fa uno fra i miei amici più cari accusò un forte dolore localizzato all’incisivo laterale superiore sinistro, così lo ricevetti in studio in urgenza.
Si trattava di una periodontite apicale acuta e l’esame radiografico evidenziò un precedente trattamento canalare incongruo che raggiungeva a stento la metà della radice e una piccola radiotrasparenza periapicale.
Decidemmo di programmare il ritrattamento per il giorno successivo.
Fin dall’inizio mi resi conto che Il canale era molto largo e fortunatamente pervio sotto la vecchia otturazione perciò determinare la corretta lunghezza di lavoro e sagomare per intero il canale risultò essere molto semplice e veloce.
Si trattava probabilmente di uno dei casi più facili mai capitatimi fino ad allora, così irrigai frettolosamente con ipoclorito di sodio nella convinzione, errata, che l’irrigante in un canale così ampio potesse esplicare la sua azione di disinfettante con altrettanta rapidità.
Dopodiché, otturai verticalmente a caldo con guttaperca e cemento.
Sei anni dopo il mio amico si presentò un mattino in studio con viso gonfio e dolorante a causa di un ascesso a carico dello stesso incisivo, il quale all’esame rx mostrava una radiotrasparenza 5 volte più grande rispetto a quella presente prima del mio trattamento (Fig. 2).
Nonostante la mia otturazione canalare sembrasse perfettamente in apice, il caso era miseramente fallito e allora, cosa poteva essere accaduto? Poco il tempo dedicato all’irrigazione? Deficitaria la penetrazione degli irriganti nel terzo apicale?
Enormemente deluso e dispiaciuto gli prescrissi antibiotici e una settimana dopo ritrattai nuovamente il dente.
Una volta rimossa la guttaperca vidi che i miei strumenti rotanti rimuovevano dalle pareti canalari detriti di colore grigio scuro a dimostrazione della inadeguata precedente detersione. (Fig. 3). Questi detriti probabilmente impedivano a guttaperca e cemento di sigillare tridimensionalmente il canale.
Data la precedente esperienza questa volta dedicai alla detersione biochimica gran parte del tempo del ritrattamento ma soprattutto veicolai e rinnovai gli irriganti fino al forame grazie a una microcannula aspirante posizionata alla piena lunghezza di lavoro e dunque praticando una tecnica di irrigazione a pressione negativa (Fig. 4).
In questo tipo di tecnica l’irrigante depositato in camera pulpare viene richiamato dalla microcannula all’interno del canale e fino alla punta della stessa microcannula.
Il caso fu poi concluso con otturazione verticale a caldo.
Il controllo rx effettuato a un anno mostrò un netto miglioramento e il controllo a tre anni la guarigione (Figg. 5-7).
Questo caso dimostra come sia una strategia intelligente investire un tempo adeguato nell’irrigazione e inoltre sia importante arricchire l’armamentario endodontico con le nuove tecnologie dedicate all’irrigazione.
Mi piace definire l’irrigazione endodontica “tempo e tecnologia-dipendente”!

Come potenziare l’irrigazione? Alla ricerca dello strumento ideale…
La letteratura dimostra che se l’ipoclorito al 6% è posto a diretto contatto per un tempo adeguato e in adeguati volumi con la polpa è in grado di digerirla completamente e lo stesso può fare nei confronti di batteri (anche sotto forma di biofilm), virus e spore, distruggendoli.
Analogamente un chelante del Calcio come l’Edta al 17% è dimostrato essere perfettamente in grado di rimuovere la componente inorganica dai canali.
Allora perché potenziare gli irriganti?
Le tecniche di potenziamento come ultrasuoni o subsuoni, vengono spesso proposte da alcuni clinici e ricercatori per permettere in primis di accelerare e migliorare le reazioni biochimiche fra irrigante e substrato e in secondo luogo per mobilizzarli dato il timore che l’irrigante non raggiunga l’intera superficie canalare compreso l’endodonto non sondabile.
Allo stato attuale esistono apparecchiature dedicate alla detersione come aghi sottili e flessibili o microcannule aspiranti, dunque la distribuzione delle soluzioni irriganti per l’intera lunghezza canalare non può essere considerato un problema; la questione da risolvere è un’altra.
L’intimo contatto fra pareti canalari e irriganti è impedito da quel film di detriti che si depone sulle pareti dopo la sagomatura per effetto dei nostri strumenti.
Gli irriganti prima di arrivare a diretto contatto con le pareti canalari devono “lavorare parecchio” per sciogliere questo strato di detriti; e allora se vi fosse uno strumento che velocemente lo distaccasse consentiremmo immediatamente ai nostri irriganti di agire a livello della superficie canalare ormai “nuda”.
Questo strumento dovrebbe fra l’altro agire a livello delle pareti canalari senza produrre altri detriti…
Faccio ora una rapida digressione.
Un esempio lampante di ergonomia sono le casalinghe: devono svolgere numerose mansioni, lo devono fare bene e nel minor tempo possibile. Fra le varie cose da fare, devono lavare i piatti e tegami sporchi rimuovendovi il grasso presente sulle superfici: dunque non si limitano a depositarvi un detersivo aspettando che agisca, ma grattano con spugne e spazzole sulle superfici per permettere al prodotto di agire con efficacia.
Analogamente noi endodontisti non dovremmo semplicemente depositare l’ipoclorito nei canali aspettando che miracolosamente rimuova la patina di detriti dalle pareti, le disinfetti e penetri infine nei canali laterali, nei delta apicali e nei tubuli dentinali!
Ecco perché nella mia pratica quotidiana ho sentito il bisogno di introdurre delle spazzole canalari che costruisco da me, utilizzando aghi da irrigazione (Fig. 8) dotati di setole che monto appositamente su comodi manici in silicone identici a quelli dei k-file al fine di averne un migliore controllo (Figg. 9-11).
Al termine della sagomatura, sia durante i lavaggi con ipoclorito sia con Edta, muovo questi spazzolini “artigianali” in su e giù e con movimento di spazzolamento, per mettere in sospensione ciò che è spalmato sulle pareti canalari.
Da un punto di vista clinico il tutto mi dà grande soddisfazione, perchè ho notato che le soluzioni irriganti si intorpidiscono dopo questo brushing, a dimostrazione della mobilizzazione dei detriti e dunque della bontà della metodica.

Limitanti anatomiche
Le difficoltà in endodonzia sono in genere negli ultimi millimetri del canale e cioè nel terzo apicale dove, giova ricordarlo, sono localizzate più del 90% delle porte di uscita.
Il terzo apicale è di per se stesso stretto e profondo, dunque deve essere adeguatamente raggiunto dalle soluzioni irriganti. Ma non è tutto.
Uno degli imperativi dell’irrigazione endodontica è il rinnovamento degli irriganti in profondità, nel terzo apicale.
Infatti a causa del noto potere tampone della dentina, l’irrigante col passare del tempo perde la propria efficacia e dunque risulta indispensabile rinnovarlo.
Acclarate dunque la necessità non solo di portare ma anche di rinnovare le soluzioni irriganti nel terzo apicale a complicare le cose arriva l’anatomia.
L’anatomia detta limitazioni a ogni parte del trattamento canalare, irrigazione compresa.
Le difficoltà infatti aumentano se il terzo apicale si trova in cima a un canale lungo oppure stretto o peggio ancora dopo una curva.
In altre parole in queste anatomie così come risultano più difficoltose la sagomatura e l’otturazione allo stesso modo risulta più difficoltosa l’irrigazione.
Il successo del trattamento in questi casi dipende proprio dall’abilità dell’operatore di sagomare, detergere e otturare per intero il canale radicolare nonostante questo possa essere stretto, curvo o lungo (Figg. 12-19).
Analogamente agli strumenti canalari, possono essere precurvati gli aghi da irrigazione al fine di seguire le curve e depositare gli irriganti anche in queste anatomie complesse.
In questo caso è stata pre-curvata una microcannula aspirante al fine di alloggiarla al forame;
questa, lavorando per pressione negativa richiamerà gli irriganti attraverso la curva e fino in apice senza rischi di estrusione pericolosa degli stessi nei tessuti periapicali.

Protocollo predicibile di irrigazione

  • Prima di introdurre qualsiasi strumento nei canali e dunque dopo l’apertura di camera pulpare bisogna lavare con ipoclorito di sodio al 5,25%.
  • Asciugare poi gli eccessi di ipoclorito in camera pulpare e introdurre gel di Edta che ha funzione di lubrificante e agevola la strumentazione manuale.
  • Altra sua importante funzione è prevenire che il tessuto pulpare tappi il canale, compattandosi su se stesso una volta spinto dagli strumenti.
  • Irrigare copiosamente con ipoclorito di sodio dopo ogni strumento rotante.
  • Al termine della sagomatura asciugare e procedere a un lavaggio con Edta 17% Liquido per 5 minuti (lo rinnovo ogni due minuti).
  • Asciugare e fare abbondanti lavaggi finali con ipoclorito; rinnovarlo frequentemente e in profondità.
  • Attenzione a segni clinici che farebbero propendere per un aumento dei tempi di irrigazione. Lo sviluppo di bollicine all’interno della soluzione di ipoclorito potrebbe indicare un’attività di “digestione” dei residui organici ancora in corso e richiedere un aumento del tempo di permanenza dello stesso irrigante nel canale.
  • Analogamente se in fase di asciugatura notassimo sui coni di carta piccole macchie rosse indice di sanguinamento “laterale” dovuto a polpa ancora presente nell’endodonto non sondabile, sarebbe utile prolungare l’irrigazione (Figg. 20-25).
  • Prima di asciugare i canali pratico una tecnica di riscaldamento intracanalare con la finalità di accelerare la digestione di residui organici eventualmente presenti.
  • Con le punte più sottili del System-B, cercando di evitare il più possibile il contatto con le pareti canalari riscaldo l’ipoclorito a 200 per 3 secondi e lo faccio per 4-5 volte, mentre la mia assistente ne aspira i vapori.
  • Ritengo particolarmente utile tale tecnica per digerire quei detriti organici che possono residuare fino al termine del trattamento canalare per esempio a livello delle confluenze canalari e nelle irregolarità delle complesse anatomie c-shaped.24
  • Disidratare con un lavaggio di alcool assoluto e asciugare con coni di carta.

Conclusioni
Dedicarsi con pazienza e scrupolo alle manovre di detersione innalza la qualità dell’intero trattamento e pone solide basi per il successo finale dello stesso.
La detersione biochimica di grosse aree non raggiungibili dagli strumenti come le anastomosi è la prova dell’efficacia del protocollo proposto; infatti queste ampie aree di congiunzione fra i canali, prima del trattamento, sono piene di residui organici e batteri; grazie agli irriganti avviene il completo svuotamento delle stesse e nella successiva fase di otturazione verticale a caldo si ha il riempimento tridimensionale con guttaperca e cemento (Fig. 26-29).

È possibile visualizzare le immagini relative a questo articolo sul sito www.zerodonto.com 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 06 di Dental Tribune Italy (speciale Endo Tribune) 2012.
 

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