Il rapporto tra parodontologia e salute orale è il tema che ha ispirato la XVIII edizione del Congresso internazionale di parodontologia svoltosi dal 16 al 18 marzo nella consueta sede del Palacongressi di Rimini, in un auditorium affollato e in un clima «amichevole e coeso», come ha rilevato Maurizio Tonetti, past president della società e figura autorevole più che attiva nella conduzione del congresso, insieme all’attuale presidente Claudio Gatti.
Su tale rapporto si sono dilungati gli interventi, profondendo cifre e diagrammi sulla diffusione della patologia. Secondo un recente studio dell’Università degli studi di Torino – precisa un comunicato ufficiale – circa il 50% della popolazione ha una forma più o meno grave di parodontite, ma solo 5 milioni di italiani vengono sottoposti a terapie specifiche mentre altri 20 milioni non vi accedono. Situazione che dovrebbe essere in via di miglioramento grazie alla robusta campagna di sensibilizzazione avviata da SIdP per far conoscere una malattia definita subdola al punto da essere inquadrata tra le NCDS (non communicable diseases).
Oltre agli aspetti sanitari, uno degli relatori di prestigio, Jepsen Soeren, si è soffermato invece anche sulle conseguenze economiche dell’affezione: sesta malattia più diffusa al mondo, che affligge circa il 12% della popolazione mondiale (circa 800 milioni di individui), è responsabile di 3 milioni e mezzo di anni vissuti “with disabiliy”, in modo invalidante, con un costo economico siderale di 54 miliardi di dollari all’anno per mancata produttività.
Gli aspetti socio economici della malattia emergono anche se si guarda al modo di curarla. Stando a un’indagine compiuta da KeyStone tra 1500 dentisti di sei Paesi europei tra cui l’Italia, è emersa una doppia attitudine: accanto a un Nord Europa virtuoso, in cui si evita il più possibile di ricorrere all’antibiotico (9% di prescrizioni in Svezia, 18% in UK, 20% in Germania), si arriva al 40% in Italia e in Francia. Differenze spiegate con le diverse linee guida in vigore nei vari Paesi, la diversa copertura odontoiatria prestata dal SSN e la attitudini culturali che per la malattia hanno sia i medici sia i pazienti.
Con l’avanzare dell’età la parodontite diventa la causa principale della perdita dei denti (2 su 3 oltre i 65 anni). Poiché la prevenzione è possibile si è parlato al Congresso di dental coach, ossia dell’igienista dentale che affianca l’odontoiatra quale figura di riferimento capace di sfatare concretamente il mito dell’edentualia come ineluttabilità legata al procedere dell’età, e non invece, come si verifica normalmente, alla scarsa igiene orale (solo 1 su dieci oggi si lava i denti dopo mangiato, solo il 13% usa lo spazzolino elettrico per una cura più efficace e approfondita). Parlando di cifre «sono otto milioni gli anziani che sfuggono ai controlli di routine del dentista – dice il presidente Gatti –. Ovviamente non solo per una forma di pigrizia o senso di ineluttabilità, ma chiaramente e soprattutto per questioni economiche.
Non solo anziani, tuttavia. Come ormai consuetudine ai Congressi SIdP anche i giovani hanno avuto un ruolo. Lo testimonia il pubblico riconoscimento fatto in apertura di Congresso da Gatti al tutoring svolto da Luigi Minenna e Diego Capri, che da qualche anno, lavorando su un’idea di Tonetti, coinvolgono i neo professionisti in un esame condiviso di casi clinici. Quest’anno a Rimini erano 180 i giovani parodontologi affidati in workshop ai tutor secondo una didattica “rovesciata”, come la definisce Minenna, basata cioè sull’interazione e aggregazione, condividendo casi ed esperienze. «Perché la parodontologia si fonda sull’evidenza – commenta Minenna – ma c’è sempre una parte di personalizzazione da cui scaturisce come momento fondamentale il confronto».
In un’intervista al presidente SIdP Claudio Gatti un approfondimento sul Congresso.
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