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L’educazione continua in medicina? Un dovere verso il paziente e verso se stessi

Dr. Almini, Prof. Renzo, Peter Asselmanna

ven. 6 novembre 2015

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Dental Tribune ha rivolto alcune domande a Stefano Almini, il nuovo rappresentante della categoria in seno alla Commissione ECM.

Che cosa vuole dire essere il nuovo rappresentante della categoria in seno alla Commissione ECM?
La Commissione ECM ha una sua strutturazione complessa, una sua storia, una sua modalità di sviluppo. Parafrasando Lavoisier, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Così è per il mondo dell’Educazione Continua in Medicina. Certamente essere stato nominato come nuovo rappresentante per la categoria odontoiatrica comporta tre considerazioni. La prima: la responsabilità di “inserirsi” come una figura credibile all’interno della Commissione, cercando cioè di acquisire prima di tutto uno spazio di ascolto. La seconda considerazione auspica di sapere trasformare l’attenzione della Commissione in sostegno e adesione alle eventuali nuove progettualità formative tarate specificatamente per l’universo odontoiatrico. La terza considerazione: rispondere alle alte aspettative della categoria che ad ogni nuovo cambio di persona (pur nello stesso ruolo) si attende dal rappresentante neo inserito.

L’ECM oggi è un vantaggio o un peso. Lei come lo vede?
Già la domanda ,così come è impostata,sembra suggerire la dicotomia implicita nella sigla ECM,riversando su ogni iscritto all’Ordine il dilemma (molto Shakespeariano) sul significato stesso del senso dell’ECM. Avere crediti (da inserire nella costruzione del credito personale) oppure essere obbligati a incasellare crediti con una raccolta punti triennale? La vita insegna che ogni situazione ha due facce, due prospettive, due angolazioni. L’ECM è nato nei paesi anglosassoni dove l’aggiornamento risponde prima di tutto ad un dovere etico scritto nel Dna dell’Essere medico e odontoiatra. In Italia invece il recepimento dell’ECM è stato inizialmente indirizzato verso gli operatori sanitari del SSN, come obbligo, scegliendo come “unità di misura” il tempo dedicato all’aggiornamento durante le ore di lavoro all’interno della strutture ospedaliere. In seguito al coinvolgimento della libera professione, era inevitabile che la pur corretta indicazione a favorire l’aggiornamento (nell’ambito del SSN) diventasse una zavorra per i liberi professionisti, già per conto loro abituati ad investire in formazione post-laurea, conoscendo le regole della competizione professionale che privilegia la competenza delle prestazioni efficaci, come frutto dell’aggiornamento al servizio effettivo della Professione. L’ECM nella sua essenza di “allert” contro la routine e le abitudini di ogni operatore sanitario può comportare stimoli nuovi alla sedentarietà intellettuale, ma nello stesso tempo… se l’ECM si abbina semplicemente ad una quantificazione temporale (svincolata dal suo valore etico tendente a migliorare i comportamenti professionali) è ovvio che si vivrà soltanto come obbligo, come imposizione sterile,come incombenza da risolvere come un cruciverba, incrociando contenuti verticali ed orizzontali per riempire le caselle dei crediti necessari. La ricetta perfetta non esiste. Scienza e Coscienza sono “sorelle” da sempre, ma è la più adulta (la coscienza) a dirigere la più giovane ed imprevedibile (la scienza). Il dilemma di questo ECM tutto italiano …esiste, anche perché abbiamo un’anima mediterranea, non anglosassone. Il nostro senso del dovere e di autoverifica è meno forte della nostra fantasiosa lista dei diritti… e l’ECM, cosi impostato, non convince perché la verifica dell’apprendimento suona come una stonatura all’interno di uno spartito che non appartiene alla categoria odontoiatrica. Dovremmo però sempre ricordarci che la coscienza “contiene” la scienza, non il contrario. Il codice deontologico, depositario delle regole comportamentali della Professione, è sempre impolverato sullo scaffale là in alto dello Studio, dimenticato dai gesti quotidiani della professione.

Ci indichi i valori presenti in questo aggiornamento forzato…
L’aggettivo “forzato” è tendenzioso e mi obbliga a difendere il povero “aggiornamento”… perché inevitabilmente qualsiasi situazione, evento, atteggiamento… ”forzato” potrà solo e sempre essere vissuto male. Una partenza forzata, un bacio forzato, un addio forzato, una scelta forzata contengono sempre malessere, rancore, disaffezione. Quindi se abbiniamo all’aggiornamento dell’ECM l’aggettivo forzato,avremo sempre un risultato negativo,tanto più che siamo latini e ci irrita enormemente tutte le volte che siamo obbligati a fare qualcosa. Per cercare di difendere e dare una possibilità di recupero di immagine all’aggiornamento forzato dell’ECM… devo fare appello ad una verità incontestabile. Anche l’operatore sanitario(medico o odontoiatra) poco convinto e disattento all’ECM, prima o poi, incontra nel percorso di ricerca dei crediti… un corso, una conferenza, una lettura, una FAD che gli trasmette un brivido, gli suggerisce una nuova visione procedurale, gli risolve un dubbio. Il valore della Cultura ha infatti una peculiarità che condivide con il valore del tempo: l’imprevedibilità. Può accadere che, anche se obbligati e forzati ai lavori intellettuali di un corso, ognuno di noi possa improvvisamente essere colpito da un raggio di luce capace di fare chiarezza intellettuale alle aree buie del sapere. Ognuno di noi ha zone culturali “deboli”, ovvero zone dove nebbia e confusione possono rendere indeciso il passo clinico e tremolante la mano chirurgica. Ecco il valore della Cultura (forzata e non): obbligarci ad approfondire le aree grigie dei nostri dubbi professionali. Parafrasando Erasmo da Rotterdam (che mi perdonerà), il valore del dubbio è sempre da elogiare perché indica il nostro fermarci, riflettere ed osservare, prima di agire. Il dubbio diagnostico deve accompagnare la decisione in medicina e chirurgia: grazie all’Aggiornamento, qualunque esso sia, potremo sempre imbatterci in attimi di luce, capaci di indicare la strada giusta tra le diagnosi differenziali e le alternative terapeutiche.

Quali correzioni vorrebbero fossero apportate alla normativa e quali migliorie?
Tutto si trasforma,anche il modo di proporre l’aggiornamento. Più che correggere una normativa(a che titolo potrei pensare di essere il correttore?), credo sia importante convergere. Convergere progettualità concentrando sull’odontoiatra le coordinate della Salute a 360 gradi del paziente. Il paziente, inserito nella rete informatica, chiede al “dott. Google” risposte ed informazioni, ritenendolo il depositario delle conoscenze universali. Questa presunzione del paziente di potere “aggiornarsi” su internet ha messo in discussione il rapporto tra il paziente stesso ed il suo curante, considerato come esecutore dell’arte medica – chirurgica, non più come portatore del suo valore intellettuale diagnostico, prima che terapeutico. Così come il paziente si è trasformato,anche l’aggiornamento deve trasformarsi interpretando i nuovi bisogni della odontoiatria, proponendo percorsi misti tra professionisti, nella ricerca di una visione complementare tra diverse aree della medicina ed odontoiatria. Dove potremmo migliorare? Nella progettazione di nuovi strumenti formativi e di nuove modalità di raggiungimento dei crediti ECM, sempre più a misura della realtà professionale di ogni giorno. Penso che si possa migliorare anche sul versante della progettazione delle domande nell’ambito delle verifica dell’apprendimento: piuttosto che puntare il dito su un’unica opportunità consentita di “sbagliare” una sola volta nella risposta al questionario, penso si dovrebbe attivare una maggiore responsabilità dei provider per quanto riguarda l’analisi di ciò che “manca” nel panorama intellettuale dell’odontoiatria, piuttosto di ciò che già si conosce e si continua a ripetere. Troppi eventi culturali sono cloni ripetuti di argomenti scontati,che si sovrappongono intasando l’offerta formativa. Credo invece che si possa percorrere e favorire processi formativi sui nuovi percorsi appropriati delle prescrizioni radiologiche, chirurgiche, cliniche, farmacologiche. Non credo si possa cambiare la normativa ad uso e consumo della odontoiatria. Si potrebbe invece analizzare i nuovi bisogni della professione ed aiutare gli odontoiatri a pianificare la propria formazione verso aree di competenza che a loro volta potranno generare “lavoro” sul campo. Sicuramente l’introduzione in futuro del Dossier Formativo (oggi in fase sperimentale) potrebbe essere un’altra occasione per trasformare un obbligo (vissuto come una nuova imposizione) in una opportunità per indagare seriamente la progettazione e pianificazione della Cultura, esattamente come architetto e ingegnere devono prevedere quando hanno l’obbiettivo di realizzare strutture che sfidino la forza di gravità. Anche la Professione sanitaria subisce la forza di gravità intellettuale e deve temere le cadute, le crepe, il crollo della propria Mission originale, secondo il giuramento di Ippocrate (altro dimenticato sullo scaffale dello Studio). L’ECM, nella sua provocazione di numeri (triennali) e tempo (un’ora uguale ad un credito), lascia spazio alla qualità dei contenuti: un miglioramento potrebbe essere indirizzato all’approccio trasversale della odontoiatria con le discipline mediche, allargando i campi di indagine a favore di una figura odontoiatria inserita in un contesto di medicina generale, attivamente propositore di stili di vita proattivi della salute, piuttosto che processi formativi concentrati solo sulla terapia. L’aggiornamento che lascia traccia nei comportamenti (successivi ad ogni evento culturale) si basa sulla sua capacità di rimettere in discussione una visione rigida della odontoiatria (ingabbiata in sequenze operative tecniche ripetitive e poco collaborante con altre figure cliniche trasversali professionali). Questa è una area di miglioramento che l’ECM di domani potrebbe individuare e sostenere. In definitiva, se la normativa della educazione continua in Medicina lo permetterà, si potrebbero ipotizzare nuovi percorsi di aggiornamento, collocando l’odontoiatra al centro di una visione umanistica della salute e della malattia, incrociando competenze e nuovi bisogni,del paziente e dell’odontoiatra ( …come la detrazione fiscale della fatturazione). Incentivazione dei crediti ECM con premialità? Ma quale premialità? E solo verso chi ha assolto tutti i crediti obbligatori? Come verificare la qualità dei risultati dell’aggiornamento? La compilazione di un questionario non potrà mai essere la “prova” dell’aggiornamento effettuato bene. Ma qui rientra in gioco la sorella Coscienza, la quale, nel suo silenzio strategico, ci lascia liberi di scegliere quando, come e perché vivere l’aggiornamento professionale come dovere etico oppure avvertirlo come un soffocante obbligo, che affatica il respiro. Una cosa è certa: diversamente da chi opera nel SSN, le ore dedicate all’aggiornamento della libera professione sono sottratte alle ore di lavoro, non sono pagate da nessuno e non sono riconosciute, a volte, dallo stesso paziente che ascolta l’odontoiatra e poi “controlla” su Google. Forse, dico forse, se i pazienti conoscessero le fatiche dell’aggiornamento ed il loro controvalore dei crediti (seriamente ottenuti), si potrebbe pensare in una realtà, come quella anglosassone, in cui la scelta del curanet avviene anche attraverso la valutazione pubblica dei crediti di aggiornamento, pubblicamente a disposizione dei cittadini. Ma questa è un’altra storia…

Ritiene che l’introduzione dell’ECM abbia contribuito a migliorare i livelli professionali dei medici?
L’ECM ,come obbligo, ha determinato un fatto: ha fatto parlare dell’aggiornamento. Possiamo essere contrari o favorevoli al sistema ECM, possiamo aderire al programma o disattenderlo completamente. Certamente sappiamo tutti che esiste il problema dell’aggiornamento, tutti noi sappiamo che “essere a posto” con i crediti è meglio che non esserlo: questo perché di fronte ad un giudice per una malaugurata causa legale non essere in regola con l’aggiornamento continuo obbligatorio è un punto debole, indipendentemente dalla qualità dei crediti ottenuti. l vero problema è che la verifica del miglioramento di una categoria, attraverso il suo grado di formazione ed apprendimento, è difficilissima, perché non esiste, che io sappia, una analisi sul territorio nazionale sulle modifiche del comportamento professionale successivo ad un percorso formativo. Il dossier formativo, così come ideato, avrebbe la funzione di stimolare la categoria a prevedere in anticipo dove orientare la propria ricerca di miglioramento,verificando l’anno successivo alla presentazione del Dossier… come e quanto si è riusciti a rispettare la propria previsione di aggiornamento. Ancora una volta, con umiltà, dobbiamo riconoscere che nell’anima mediterranea manca il senso di autoverifica come impegno etico rivolto ai pazienti (rispetto alla sterile raccolta dei crediti ECM). Il miglioramento della categoria sarà obbligato dai fatti,dalle circostanze in cui gli odontoiatri saranno inseriti: occorrerà in futuro avere competenze diverse, essere professionali, non professionisti. D’altro canto, se ci pensiamo,sono sempre i pazienti a scegliere. A noi il compito di essere pronti.

Guardando all’estero,cosa si potrebbe mutuare per rendere l’ECM più utile?
Analizzando il panorama europeo prendendo come parametro di riferimento la sanzionabilità dei diversi sistemi di aggiornamento ECM, tranne la Francia che severamente indica sanzioni amministrative e finanziarie, l’Italia, il Belgio, l’Austria, Il Regno Unito non prevedono sanzioni. Se un obbligo di legge non prevede sanzioni reali e certe significa che lo Stato si affida alla coscienza personale dei singoli. Domanda: per ottenere maggiore adesione all’obbligo, sarebbe più opportuno sanzionare chi non rispetta le regole o premiare chi le rispetta? In Norvegia e Belgio esistono incentivi finanziari per favorire la prassi dell’ECM. Un esempio da perseguire? Credo non sia possibile pensare a premialità economiche, in Italia. Dal Belgio, si potrebbe mutuare, tra le tipologie formative, la loro esperienza di gruppi specifici per attività di formazione pratica: questo aspetto è sicuramente intrigante per la libera professione. D’altro canto, interessante suggerimento della Francia è l’analisi della pratica professionale rispetto alle raccomandazioni cliniche elaborate dalle società scientifiche: anche in questo caso, la valutazione della percorribilità delle Raccomandazioni può diventare strumento di aggiornamento, basato sulla analisi dei comportamenti diagnostici e prescrittivi. In Italia ,a differenza di tutti, è stato impostato il Dossier Formativo, a cui affidare la pianificazione a medio e lungo termine. Altra peculiarità italiana la combinazione di diverse tipologie formative, unendo in unico mix i vantaggi degli eventi residenziali, a distanza e legati alla formazione sul campo. I gruppi di miglioramento potrebbero essere potenziati e proposti sul territorio, generando una aumento della cultura tra i partecipanti,nella ricerca di una maggiore omogeneità dello spessore scientifico dell’aggiornamento. Le recenti disposizioni di legge sulla Appropriatezza suggeriscono come la Professione deve e dovrà tutelare la propria indipendenza intellettuale e recuperare il valore della Diagnosi come elemento imprescindibile ad ogni atto terapeutico. Se la Salute dei pazienti è il focus di partenza di ogni obbiettivo dell’area sanitaria in senso lato, l’aggiornamento sarà sempre la “benzina” necessaria a muovere correttamente ogni gesto professionale, senza dimenticare ancora una volta che al volante della nostra volontà decisionale …si trova la coscienza professionale,patentata dal primo nostro giorno di lavoro.

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