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Nel corso indetto dall’ANTHEC (Accademia degli emocomponenti non trasfusionali) svoltosi all’Ordine dei Medici di Torino, Villa Raby, durante la giornata di sabato 25 è stato certamente il titolo (“Medicina rigenerativa multidisciplinare: focus on growth factors”) a richiamare una vasta affluenza di pubblico e specialisti di varie discipline. Non solo il titolo, ovviamente, ma soprattutto il carattere della multidisciplinarietà degli emocomponenti non trasfusionali (“growth factors”) che dall’originaria Odontoiatria dove da tempo vengono studiati ed utilizzati, stanno dilagando in tanti altri campi del sapere e della pratica medica, come appare evidente dalla scaletta degli interventi.
Raggruppato in ben quattro sessioni, il corso ha presentato, infatti, una rassegna di utilizzi, descritti in dettaglio in una ventina di relazioni. Si è passati dall’uso degli hemogrowth factors in ortopedia e traumatologia, a quello nelle patologie oculari, dal trattamento delle “ulcere difficili”, alla generale rigenerazione di organi e tessuti, fino al ringiovanimento del volto e del collo, all’aumento volumetrico dei mascellari e all’utilizzo nei bambini “a farfalla” con epidermolisi bollosa.
«Più che fondata speranza quindi, dal punto di vista scientifico pratico per il futuro della Medicina rigenerativa, gli emogrowth factors possono costituire “una via di uscita” in un’epoca in cui la Sanità sta più attenta ai soldi che alle cure». Lo ha sottolineato in apertura Carmen Mortellaro “esuberante” organizzatrice del corso, coadiuvata da Patrizia Biancucci.
La natura squisitamente “medica” della materia emocomponentistica e la sua origine odontoiatrica hanno indotto Stefano Carossa, Direttore della Dental School di Torino, a richiamare i tempi, neanche troppo lontani, in cui l’Odontoiatria veniva considerata “ancella” della Medicina. Anche Gianluigi D’Agostino, presidente CAO, intervenuto in veste istituzionale al convegno, ha sottolineato tale nuova dignità, puntualizzando tuttavia il diritto dovere dell’Ordine di vigilare sulle nuove vie, come questa, verso una Medicina comunemente definita “rigenerativa”.
Il termine ha spinto uno dei relatori di interrogarsi su che cosa il paziente intenda per rigenerazione: spesso un’aspettativa di riabilitazione o guarigione, ma anche di un organo “rigenerato”, praticamente nuovo, senza ricorrere a trapianti. L’impiego ancora per certi versi pioneristico e comunque ancora non ben conosciuto, la varietà di utilizzo e la multidisciplinarietà, la lacunosa o inesistente normativa relativa agli emocomponenti, hanno indotto gli organizzatori del corso a riservare a. Stefano Fiorentino, avvocato specialista in materia, un ampio spazio in tarda mattinata, per far intravvedere le trappole e i trabocchetti di un iter legislativo/burocratico, dove è facile perdersi con conseguenti (e pesanti) sanzioni.
Con slide più che eloquenti, un conto ha ammonito infatti Fiorentino se si maneggia un tessuto autologo oppure eterologo, se lo si utilizza con manipolazione minima o estensiva, se sia omofunzionale oppure no, addentrandosi tra varie accezioni del termine “tessuto adiposo” e indicando tre buoni motivi per non parlare di “staminali da grasso” parola divenuta quasi tabù dopo il noto scandalo. L’avvocato ha spinto i suoi ammonimenti al punto di consegnare ai convegnisti, al termine dell’incontro, una copia del nuovo Decreto sull’utilizzo degli emocomponenti nel pubblico e nello studio privato, con le relative modalità di accreditamento del libero professionista e dell’operatore ospedaliero.
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