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Le tecnologie digitali a supporto della mini invasività in implantologia

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Riccardo Scaringi
Patrizia Biancucci

Patrizia Biancucci

lun. 23 dicembre 2019

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Lo sviluppo di tecniche evolute in ambito chirurgico e protesico consente di soddisfare le molteplici esigenze cliniche. Seguendo i protocolli minimamente invasivi è possibile posizionare gli impianti anche in situazioni critiche a causa di scarsa disponibilità di volumi ossei o per difficoltà intrinseche, è la chirurgia computer assistita, definitivamente entrata nell’armamentario dell’implantologo, a rispondere efficacemente a queste necessità.

La pianificazione prechirurgica, realizzata attraverso mascherine diagnostiche, sistemi di imaging digitali e software dedicati al planning chirurgico, sono un momento fondamentale per la corretta realizzazione delle riabilitazioni implanto-protesiche. I software per la chirurgia computer assistita permettono finalmente l’utilizzo minuzioso dei dati radiologici in modo autonomo, dinamico e tridimensionale, così da ridurre e controllare i tempi chirurgici, le incognite diagnostiche e lo stress operativo dell’operatore e del paziente nella fase chirurgica. A farci muovere in questo terreno a volte accidentato, la relazione del dr. Riccardo Scaringi dal titolo “Procedure minimamente invasive in implantologia” al 7° Congresso dell’Istituto Stomatologico Toscano “La riduzione dell’invasività nelle procedure odontoiatriche”, Viareggio 24-25 gennaio 2020. Laureato in Medicina e Chirurgia, Docente a corsi di perfezionamento in implantoprotesi orale presso diverse Università italiane e relatore a congressi nazionali e internazionali, è a lui che rivolgiamo qualche domanda inerente in suo intervento.

Dr. Riccardo Scaringi, cosa si intende per implantologia minimamente invasiva?
La domanda che spesso il paziente ci pone prima di ogni intervento è la seguente: quanto sarà invasiva la procedura che attuiamo? La risposta, oltre a fornire una rassicurazione morale, sta nel fare quanto promesso. Infatti non si misura la minor invasività di un intervento chirurgico solo nella durata esecutiva, ma anche e soprattutto nell’entità del danno vascolare che si può procurare e nel conseguente processo di guarigione alterato. Dobbiamo pertanto sfruttare tutte le potenzialità tenendo conto del rispetto biologico dei tessuti duri e molli.

Quali sono le situazioni critiche e come possiamo risolverle con l’implantologia minimamente invasiva?
Bisogna necessariamente fare un distinguo tra le criticità estetiche e quelle funzionali. Per il paziente le prime riguardano il ruolo comunicativo e talvolta soggettivo, mettendo in grande difficoltà l’operatore che deve riabilitare una zona a così alta attenzione, dovendo prevedere quali debbano essere gli interventi e i materiali da usare e talvolta coinvolgendo anche elementi limitrofi sani pur di raggiungere l’ambito obiettivo. Mentre le criticità funzionali sono dovute in larga misura al riassorbimento osseo che spinge l’operatore alla ricostruzione ossea o all’impiego di impianti a volume ridotto in lunghezza o in larghezza; in tale ambito sicuramente troviamo una minor invasività chirurgica un ridotto tempo di trattamento ma sicuramente una maggior consapevolezza chirurgica che, se fatta su pianificazione digitale, consente anche una mininvasività ed una predicibilità del risultato clinico. Si tratta di impianti short molto piccoli, che possono essere collocati anche nelle condizioni anatomiche meno favorevoli e che consentono di risolvere quasi tutti i problemi legati alla carenza di tessuto osseo. Vengono inoltre ridotti e controllati i tempi chirurgici, le incognite diagnostiche e lo stress operativo dell’operatore e del paziente nella fase chirurgica.

Possiamo quindi dire vantaggi per l’operatore e vantaggi per il paziente? In che termini?
I vantaggi nell’utilizzo di tecniche mini invasive sono molteplici sia per l’operatore che per il paziente. L’impiego di tecnologie digitali consente un flusso di lavoro e di pensiero che permette di definire con minor approssimazione quale sarà il risultato finale. La possibilità per il dentista di previsualizzare la struttura ossea e dentale del paziente consente di far interagire le diverse immagini e i dati diagnostici, identificando le problematiche da risolvere con la metodica più idonea, permette di valutare in anteprima la tecnica chirurgica, la componentistica implantare e quella protesica, a favore dell’intero flusso operativo. Per il paziente tutto ciò si traduce in una piena consapevolezza del programma chirurgico-protesico, potendo meglio comprendere quali siano i passaggi nel ciclo di cure che lo porteranno a risolvere il proprio problema. Inoltre la tecnica spesso evidenzia una minor invasività e una più rapida soluzione. Infine uno dei vantaggi indiscutibili della chirurgia implantare guidata è la mininvasività, anche per ridurre i lembi o addirittura evitarli, permettendo la massima conservazione delle papille peri-implantari e la riduzione delle recessioni delle mucose. La procedura guidata offre una migliore pianificazione e semplicità di procedura, ma i costi di questa metodica guidata sono ovviamente maggiori e di ciò va informato il paziente preventivamente, valutando insieme a lui costi e benefici.

Dr. Riccardo Scaringi, anche l’implantologia computer-guidata può avere delle complicanze: ci vuole dire quali?
La più grande complicanza è la presunzione di non fare errori e questo porta il clinico inesperto a saltare dei passaggi decisivi nel percorso di diagnosi riducendo la precisione dell’intero progetto, che viene eseguito tramite un software con evidenza in anteprima delle criticità e riduzione degli errori; ma se i dati inseriti non sono stati raccolti con minuziosa precisione, l’errore si può amplificare al punto da posizionare gli impianti al di fuori della sede voluta con la possibilità di danni biologici gravi fino alla perdita dell’impianto stesso. Le porzioni anatomiche in discussione possono passare dall’apice radicolare adiacente alla porzione anatomica, ad una zona delicata come il pavimento del seno mascellare o, ancor più grave, alle porzioni anatomiche inviolabili come i siti vascolari e/o nervosi. Tra le complicanze troviamo anche la frattura della dima, il posizionamento non corretto dell’impianto, il cambiamento del piano di trattamento, la mancanza di stabilità primaria o la realizzazione di protesi non adeguate.

Implantologia guidata vs implantologia tradizionale: qualche sua considerazione?
Mi occupo da oltre 12 anni di chirurgia computer assistita utilizzando diversi software che nel tempo hanno migliorato le loro caratteristiche offrendo prestazioni sempre più all’avanguardia e migliorando il risultato finale. Considero di fondamentale importanza, soprattutto per i colleghi meno esperti, l’uso di questi software per realizzare una corretta diagnosi prechirurgica, mentre reputo che in una curva di apprendimento avanzata il loro utilizzo possa essere implementato con l’uso di apposite dime che consentano l’ottimizzazione di tale flusso digitale. A coronamento di quanto affermato mi sono trovato a raccogliere con altri colleghi, con cui condivido la passione e l’entusiasmo digitale, un Manuale di Chirurgia Computer Assistita in cui si è realizzato il percorso che porta dalla corretta diagnosi alla chirurgia protesicamente guidata con tecnica minimamente invasiva. Inoltre abbiamo costituito un’Academy che vede numerosi colleghi confrontarsi sui flussi, sui metodi e sulle tecnologie emergenti in uso odontoiatrico.

Ritiene che i giovani odontoiatri possano cadere nella “trappola” di un sistema apparentemente più facile? E comunque, cosa consiglia per limitare al massimo i più probabili errori?
Nelle pratiche mediche è determinante associare la conoscenza scientifica con un’adeguata curva d’apprendimento per poter espandere i propri limiti. Sicuramente i neolaureati hanno una natività digitale che li agevola nel linguaggio idiomatico e nell’uso di software dedicati alla realizzazione di manufatti CAD/CAM, ma non bisogna assolutamente cadere nel tranello del “tutto semplice e immediato”. La chirurgia computer guidata consente anche di fare della chirurgia flapless stabilendo a priori un eventuale carico immediato, ma non è solo questo e soprattutto è importantissimo avere la capacità clinica e l’esperienza nella gestione della pratica chirurgica e protesica.

Su gentile concessione di managementodontoiatrico.it 

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