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La figura dell’ortodontista nei pazienti con labiopalatoschisi

Particolare Fig.4 Trattamento paziente con labiopalatoschisi.
L. Isaia, G. Gualandi, N. Cenzato, L. Esposito, G. Farronato

L. Isaia, G. Gualandi, N. Cenzato, L. Esposito, G. Farronato

mar. 5 marzo 2013

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Introduzione La cheilognatopalatoschisi, o più comunemente detta labiopalatoschisi, è uno dei più diffusi disturbi di sviluppo delle strutture oro-facciali1-3 caratterizzato dalla presenza di una schisi, cioè di una fessura che si realizza per una mancata fusione di strutture simmetriche della faccia (in particolare di labbro, mascella e palato) durante il quarto stadio di sviluppo embrionale; la sede esatta della schisi dipende dalla sede in cui non si realizza la fusione dei processi facciali.

La schisi determina una separazione di strutture del volto che non si sono unite durante l’embriogenesi, ma che comunque sono presenti nel paziente affetto da tale deformità. A causa dell’anomala conformazione del rinofaringe e del palato e dei problemi di salute orale conseguenti, nella cura di questi bambini è solitamente coinvolto un team di medici e altri specialisti.
Lo scopo di questo lavoro è quello di presentare una revisione sistematica della letteratura internazionale, per fornire una panoramica generale su tale disturbo e comprendere l’importanza della figura dell’ortodontista nella risoluzione di tale problematica.

Materiali e metodi
È stata eseguita una ricerca tramite la banca dati Medline (www.pubmed.com) per identificare gli studi più rilevanti che trattassero tale malformazione; sono state ricercate le parole chiave “cleft lip”, “cleft palte”, “orthognatic surgery in cleft patients”, “orthodontic treatment in cleft patients”.
L’apparato bibliografico è quindi stato integrato con alcuni articoli provenienti da riviste non indicizzate su Medline.

Risultati
Classificazione
Il gran numero delle diverse anomalie riscontrabili nell’ambito delle schisi facciali ha reso sempre particolarmente difficile creare un sistema di classificazione completo.
Una prima classificazione è stata proposta da Davis, Ritchie e collaboratori, i quali, seguendo criteri puramente anatomici, hanno riunito le malformazioni in schisi del labbro e del palato, unilaterali o bilaterali, complete o incomplete, e palatoschisi isolata.
Nel 1958 Kernahan e Stark proposero una nuova classificazione, basata sul concetto importante di distinzione tra palato primario e secondario, considerando queste strutture embriologicamente distinte.
Il palato primario dà origine al labbro, all’alveolo dentale anteriore e al palato anteriore, fino al forame incisivo; il palato secondario, invece, contribuisce alla formazione dei restanti palati duro e molle4. Tale classificazione suddivide le patologie in tre gruppi: schisi del palato primario, schisi del palato secondario, schisi del palato primario e secondario.
Nel 1971 è stata proposta una classificazione clinica, il diagramma a “Y”, che rappresenta simbolicamente la suddivisione dei vari tipi di schisi, permettendo così al clinico un riscontro visuale semplice del singolo caso che gli si presenta all’attenzione, in modo da delineare rapidamente il grado e la gravità della schisi con una immediata valutazione della localizzazione topografica.

Incidenza
La frequenza di tali malformazioni varia in rapporto alle origini etno-geografiche5; essa varia dallo 0,19 al 2,69 per 1.000 nati in diverse parti del mondo6.
La popolazione con la maggiore incidenza è quella asiatica, seguita da quella caucasica e, all’ultimo posto, con il tasso di incidenza più basso, quella africana7. La labiopalatoschisi è più frequente nei maschi, mentre la sola schisi del palato si riscontra più frequentemente nelle femmine8.

Eziopatogenesi
Nell’analisi dei fattori implicati nell’eziologia delle labiopalatoschisi è più che mai da tenere in considerazione il concetto dell’eterogenicità eziologica, ovvero dell’esistenza di molteplici cause per un unico fenomeno. La formazione del distretto cranio-facciale è un processo nel quale intervengono e interagiscono sia fattori ambientali sia genetici. Tali fattori possono interferire con il normale sviluppo di quest’area, determinando l’ampia varietà di difetti nell’ambito delle schisi labiopalatine.
- Fattori genetici:
Studi recenti e revisioni sistematiche della letteratura9-12 hanno focalizzato la loro attenzione sull’identificazione dei geni che possono svolgere un ruolo importante nell’eziologia della labioschisi e/o palatoschisi, direttamente o tramite la modifica per effetto di agenti ambientali.
I geni identificati come i principali responsabili nello sviluppo della schisi sono il gene TFGA (transforming growth factor alfa), il TFGB3 (transforming growth factor beta 3), l’MSX1 (msh homebox 1) e l’AP2 (activating protein 2). Il processo con cui ogni specifico gene candidato interrompe lo sviluppo facciale è vario, tuttavia tali geni sono coinvolti, dato che colpiscono il processo di fusione delle prominenze ed alterano lo spettro delle molecole di segnalazione dei fattori di trascrizione e dell’ormone della crescita13.
Le schisi possono anche essere associate a difetti cromosomici come la sindrome di Down o la Trisomia 13, oppure a sindromi a eziologia sconosciuta come la sequenza di Pierre Robin, caratterizzata da micrognatia, glosso ptosi e schisi del palato molle.
- Fattori ambientali:
A differenza dei fattori genetici, quelli ambientali possono essere potenzialmente modificati al fine di ridurre il rischio di insorgenza dell’anomalia.
Alcune condizioni e malattie materne (croniche o infettive, durante o prima della gravidanza) sono considerate fattori di rischio per la labiopalatoschisi; alcuni di questi sono l’influenza, il raffreddore14, l’herpes oro-facciale, la sinusite, la bronchite, l’epilessia15, l’angina16, il diabete17 e l’obesità18.
Ci sono alcune sostanze teratogene - tra cui ricordiamo alcuni farmaci antiepilettici (acido valproico e phenintoina)19,20, talidomide (ormai fortunatamente eliminata dal mercato), diossina, acido retinoico, assunzione di alcool in gravidanza21,22, fumo attivo23,24 - che causano, ciascuna in modo diverso ma con lo stesso risultato, malformazioni fetali tra cui anche la labiopalatoschisi. È stato dimostrato, ad esempio, che l’acido retinoico e la diossina alterano il gene TGFB3.
Anche l’alcool gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della schisi labiopalatina, in quanto interrompe i fenomeni di migrazione e differenziazione delle cellule della cresta neurale25. Così come l’alcol, anche il fumo influisce negativamente sullo sviluppo delle strutture fetali aumentando l’incidenza delle schisi del labbro e del palato26; il rischio di sviluppare questa anomalia è il risultato dell’esposizione dell’embrione al fumo ed è strettamente correlato al livello di esposizione, ovvero alla quantità di sigarette fumate quotidianamente dalla madre.
Non è ancora ben chiaro il modo in cui il fumo diretto interagisca con lo sviluppo fetale, sembra però che sia strettamente correlabile all’ipossia generata nel feto dal fumo stesso, che ostacolerebbe la prima fase importante nella formazione del palato primario, ovvero il movimento in avanti del processo nasale laterale fino a quando questo non entra in contatto con il processo nasale mediano27.
Anche le abitudini alimentari della madre influenzano lo sviluppo fetale, con il conseguente incremento del rischio di sviluppare schisi del labbro e del palato. Più in particolare, la non assunzione di acido folico e di vitamina B28 in quantità sufficiente durante la gravidanza altera lo sviluppo delle strutture del volto nel nascituro e quindi può determinare la schisi. Il gene TGFA alterato associato a una carenza di acido folico aumenta il rischio per il nascituro di manifestare l’anomalia29,30.
Tra gli interventi di prevenzione primaria delle malformazioni congenite31, è di fondamentale importanza l’assunzione con la dieta di acido folico nel periodo periconcezionale, in quanto esso è coinvolto sia nella biosintesi delle purine e pirimidine32, sia nella regolazione dell’espressione di alcuni geni essenziali per la moltiplicazione e la differenziazione cellulare durante l’embriogenesi, soprattutto quelli coinvolti nella formazione del palato e del labbro.

Diagnosi
La diagnosi prenatale di labiopalatoschisi è molto difficile; essa consiste nella dimostrazione diretta della fessurazione del labbro. Dopo la diagnosi di labioschisi e la sua definizione si deve tentare di visualizzare il palato per verificare l’eventuale associazione con la palatoschisi.
La diagnosi prenatale di palatoschisi non è agevole e, nei casi in cui non è associata alla labioschisi, spesso sfugge alla diagnosi prenatale. Se la palatoschisi non è stata rilevata con l’ecografia prima della nascita del bambino, un esame fisico di bocca, naso e palato dopo la nascita conferma la presenza di tali malformazioni. A volte i test diagnostici possono essere condotti per determinare o escludere la presenza di altre anomalie, in quanto nel 20% dei casi la labiopalatoschisi fa parte di sindromi polimalformative o è presente in feti affetti da patologie genetiche (sia geniche che cromosomiche), soprattutto alla Trisomia 18 (Sindrome di Edwards) e alla Trisomia 13 (Sindrome di Patau).
È pertanto estremamente importante sia la ricerca di altre malformazioni sia lo studio del cariotipo nei casi diagnosticati precocemente.

Conseguenze
Studi di tutto il mondo hanno dimostrato che gli individui nati con labioschisi e/o palatoschisi possono affrontare diverse problematiche correlate a tale difetto; a causa dell’anomala conformazione del rinofaringe e del palato, il neonato con labiopalatoschisi può non essere in grado di respirare autonomamente e avere sporadiche crisi respiratorie. Può inoltre avere problemi nell’alimentazione a causa dell’alterata conformazione di labbro e palato, che può impedirgli di succhiare efficacemente e quindi di alimentarsi correttamente.
Si potranno poi riscontrare con la crescita altri problemi strettamente correlati alla labiopalatoschisi tra cui:
- difficoltà nel linguaggio: nei bambini fino a 4 anni di età il più diffuso problema dopo la riparazione della schisi palatina, con o senza schisi del labbro, è la difficoltà nel linguaggio. Lo sviluppo della capacità espressiva e l’articolazione delle parole sono spesso ritardati. Uno dei difetti più comuni è la presenza di una voce nasale dovuta a un’incompleta chiusura tra il palato molle e la parete faringea33. Sarà quindi necessaria una plastica ricostruttiva delle strutture unitamente a una serie di incontri con il logopedista;
- problemi uditivi: l’udito di un bambino affetto da palatoschisi o labiopalatoschisi può essere compromesso sin dall’infanzia, in quanto spesso tali malformazioni si associano a una patologia dell’orecchio medio causata da un anomalo funzionamento della tuba di Eustachio, un piccolo canale che collega la porzione posteriore del naso (rinofaringe) con l’orecchio medio ed ha la funzione di equilibrare la pressione dell’aria tra i due lati della membrana timpanica, condizione questa indispensabile per una normale capacità uditiva. Nei pazienti affetti da labiopalatoschisi questo meccanismo viene alterato per molteplici fattori, con il conseguente anomalo funzionamento dell’attività ventilatoria tubarica che provoca un accumulo di secrezione sieromucosa all’interno della cassa timpanica, condizione che blocca le vibrazioni della membrana timpanica stessa.
I bambini con palatoschisi sono ad aumentato rischio di infezioni dell’orecchio, in quanto più inclini ad accumulo di liquidi nell’orecchio medio. Se non trattate, le infezioni dell’orecchio possono causare la perdita dell’udito.
Per evitare che ciò accada, i bambini con palatoschisi di solito vengono sottoposti a un piccolo intervento chirurgico nel corso del quale viene posizionato un drenaggio transtimpanico che favorisce il bisogno di tubi speciali posti nei timpani per aiutare il drenaggio dei fluidi dall’orecchio;
- problemi dentali e ortodontici: in soggetti con labiopalatoschisi è stata riscontrata una maggiore prevalenza di anomalie, quali variazioni di numero, posizione e dimensione dei denti, localizzate principalmente nell’area della schisi34,35.
Lucas e collaboratori36 hanno riportato una più alta prevalenza di alterazioni nel colore dello smalto nei bambini con labiopalatoschisi rispetto ad un gruppo di controllo, e hanno attribuito questo difetto al trauma subito al momento della chirurgia. Ribeiro e collaboratori36,37 riscontrarono un’alta prevalenza di ipodonzia dell’incisivo laterale permanente sul lato della schisi (49,6%), così come un tardato sviluppo delle radici rispetto al dente controlaterale.
Studi precedenti hanno riportato che l’assenza congenita dell’incisivo laterale permanente a livello della schisi è il risultato più comune nei bambini con labioschisi, palatoschisi, o entrambi38,39. Dewinter et al.40 riscontrarono l’agenesia dell’incisivo laterale sul lato della schisi in più del 50% dei pazienti con tale malformazione, fuori dall’area della schisi nel 27,2% dei pazienti, mentre Brattstrom e McWilliams41 rilevarono una percentuale di agenesia del 27,8% fuori dell’area della schisi nei pazienti con labio-palatoschisi unilaterale, che era nettamente superiore a quella del gruppo controllo (no schisi) (3,6%). Nello studio di Akcam42 e collaboratori è stata riscontrata una più alta prevalenza di microdonzia (1,9-4,2%) sul lato della schisi rispetto alla popolazione generale. Un tasso superiore (22,2%) di denti permanenti soprannumerari nella zona della schisi è stata osservata in bambini con labioschisi unilaterale, palatoschisi o entrambe e che denti soprannumerari legati a labiopalatoschisi risultano dalla frammentazione della lamina dentale durante la formazione della schisi43. Inoltre, in pazienti con labiopalatoschisi, lo sviluppo della dimensione mascellare è significativamente diverso: spesso è presente un cross-bite posteriore;
- problemi psicosociali: è stato dimostrato che le schisi labiopalatine hanno un effetto psicologico avverso sui bambini che ne sono affetti, ma studi psicologici non sono stati in grado di dimostrare la presenza di un disturbo psicologico nei bambini affetti da queste patologie44.

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Terapia: un approccio multidisciplinare
Gli obiettivi del trattamento di un paziente affetto da labioschisi e palatoschisi sono quelli di migliorare le varie funzioni orali (masticazione, fonetica, deglutizione, mimica ecc.), di ridurre al minimo la deformazione del viso e le relative sequele psicologiche. Una équipe di medici e altri specialisti, quali chirurghi orali, ortodontisti, ortopedici, protesisti, psicologi, pediatri e logopedisti, è solitamente coinvolta nella cura di questi bambini.
Il team sanitario deve lavorare insieme per sviluppare un piano di cura capace di soddisfare le esigenze individuali di ogni paziente. Il trattamento di solito inizia nella prima infanzia e continua spesso con la prima età adulta.
Il compito dell’ortodontista è di trattare il bambino affetto da palatoschisi nella dentizione decidua, mista e permanente e controllarlo per un periodo protratto di contenzione.
Pianificazione del trattamento per pazienti con labiopalatoschisi
I pazienti con labiopalatoschisi richiedono generalmente un trattamento ortodontico intensivo e prolungato che può essere necessario in uno o in tutti e quattro i seguenti stadi:
- durante l’infanzia prima dell’iniziale correzione chirurgica del labbro;
- in fase di dentizione decidua avanzata e dentizione mista iniziale;
- in fase di dentizione mista avanzata e dentizione permanente iniziale;
- alla fine dell’adolescenza, dopo che si è completata la crescita facciale, in associazione con la chirurgia ortognatica.

Ortopedia infantile
Un neonato con labiopalatoschisi quasi sempre presenta alla nascita un’arcata maxillare deformata. In pazienti con una schisi bilaterale, il segmento premaxillare è spesso dislocato anteriormente mentre i segmenti posteriori sono collassati lingualmente.
Se l’alterazione della forma dell’arcata è estremamente severa, la chiusura chirurgica del labbro, che viene normalmente eseguita nelle prime settimane di vita, può essere estremamente difficoltosa. Talvolta è necessario un intervento ortodontico per riposizionare i segmenti e per arretrare il segmento premaxillare protruso, al fine di ottenere una riparazione chirurgica soddisfacente del labbro. In un bambino con una schisi bilaterale possono essere necessari due tipi di movimento dei segmenti maxillari. In primo luogo, i segmenti maxillari posteriori collassati devono essere espansi lateralmente; quindi è necessario applicare una pressione contro la premaxilla per riposizionarla posteriormente nella sua corretta posizione nell’arcata.
Nei neonati i segmenti possono essere riposizionati in modo veloce e facile, così che il periodo di trattamento attivo duri poche settimane al massimo. I benefici a breve scadenza sono più evidenti di quelli a lungo termine. Per questa ragione il metodo è attualmente meno usato rispetto ai tempi in cui l’entusiasmo per tali procedure era massimo. L’ortopedia prechirurgica infantile rimane utile nei pochi neonati con segmenti estremamente malposizionati, vale a dire quasi esclusivamente in quelli affetti da labiopalatoschisi bilaterale. Subito dopo il trattamento di ortopedia prechirurgica, necessario sia per ragioni estetiche che funzionali, i neonati hanno un aspetto molto migliore rispetto a quelli che non l’hanno avuto.
Per alcuni mesi, dopo la chiusura del labbro, viene utilizzata una placca passiva, simile a un retainer ortodontico45. Tale placca in resina ha molteplici funzioni: innanzitutto, creando una chiusura della schisi del palato, permette al bambino di alimentarsi in maniera pressoché normale; una seconda importante funzione è quella di mantenere la lingua in una posizione corretta, favorendo quindi l’instaurarsi di normali meccanismi di deglutizione; mediante l’utilizzo di tale apparecchiatura è inoltre possibile controllare e guidare la crescita delle ossa mascellari in modo tale da agevolare lo sviluppo armonico del viso.
La placca va adattata periodicamente e sostituita per adeguarla alla crescita delle ossa mascellari46.

Trattamento in fase di dentizione decidua avanzata e dentizione mista iniziale
Nel periodo di dentizione decidua avanzata e dentizione mista iniziale, i bambini con schisi palatale presentano molti problemi ortodontici che risultano non dalla schisi stessa, ma dagli effetti della correzione chirurgica. I pazienti con schisi palatale trattati chirurgicamente hanno la tendenza a sviluppare un crossbite sia anteriore che laterale.
Il trattamento ortodontico deve essere considerato una parte necessaria della correzione dei problemi di tali pazienti.
Non appena i denti permanenti iniziano a erompere, si osserva una forte tendenza degli incisivi superiori a fuoriuscire severamente ruotati e in crossbite. Il principale obiettivo è quello di correggere la posizione degli incisivi e di preparare il paziente all’innesto dell’osso alveolare.
Il periodo migliore per posizionare innesti ossei coincide con la fase di inizio della dentizione mista (tra i 7 e i 10 anni). Sebbene gli innesti ossei alveolari sembrino controindicati in età infantile, il posizionamento di un innesto nell’area di schisi alveolare prima dell’eruzione dell’incisivo laterale permanente (se presente) o del canino permanente è vantaggioso. Questo intervento stabilizza l’area di schisi e crea un ambiente sano per lo sviluppo dei denti permanenti47. Ogni eventuale allineamento degli incisivi o espansione dei segmenti posteriori dovrebbe essere completato prima dell’innesto alveolare.

Trattamento in fase di dentizione permanente iniziale
Non appena il canino e i premolari erompono, si evidenzia una tendenza del crossbite posteriore a creare problemi; ciò avviene particolarmente dal lato della schisi in una situazione monolaterale; in questo periodo è sempre necessario un trattamento con apparecchiatura fissa.
Con le procedure attuali di trattamento, che includono innesto osseo a livello delle schisi alveolari, è possibile chiudere gli spazi dovuti ai denti mancanti; se la chiusura dello spazio non è possibile, può essere necessario un movimento ortodontico per posizionare i denti come pilastri per eventuali protesi fisse.
In tale circostanza può essere particolarmente utile un ponte incollato, al fine di provvedere a una sostituzione semipermanente dei denti mancanti (Figg. 1-6).
Il trattamento ortodontico viene spesso completato a 14 anni, ma in molti casi un ponte permanente non può essere realizzato prima dei 17-18 anni. Un ponte fisso semipermanente è preferibile all’uso prolungato di un retainer rimovibile provvisto di una coroncina in resina. Gli impianti dentali non sono indicati nelle aree di schisi45.

Chirurgia ortognatica per pazienti con labiopalatoschisi
In alcuni pazienti con labiopalatoschisi, dopo il completamento del trattamento ortodontico la continuazione di una crescita attiva mandibolare determina nuovamente condizioni di crossbite anteriore e laterale. Questa situazione risulta non tanto da un’eccessiva crescita mandibolare, quanto da una carenza di crescita maxillare, sia in senso anteroposteriore che verticale. La chirurgia ortognatica per riposizionare una maxilla deficitaria in basso e in avanti può rappresentare un ultimo necessario stadio del trattamento di un paziente con labiopalatoschisi, che generalmente coincide con un’età di circa 18 anni48.
Occasionalmente, può essere necessario anche l’arretramento chirurgico mandibolare. Dopo questi interventi si può procedere al lavoro di ricostruzione protesica definitiva dei denti mancanti45.

Conclusioni
Il piano di cura dei bambini affetti da labioschisi ha subito nel corso del tempo molte modifiche; si è arrivati ad integrare gli interventi chirurgici in un programma riabilitativo più completo, che prevede l’utilizzo di presidi ortopedici ortodontici, intervento logopedico, eventuale assistenza da parte dello psicologo.
Vi deve dunque essere un team completo capace di occuparsi della cura dei pazienti con cheilognatopalatoschisi o, più in generale, con malformazioni facciali o craniofacciali.
L’obiettivo è quello di ottenere un risultato soddisfacente sotto tutti i profili: estetico, fonetico e di sviluppo facciale, in modo da ottenere una completa riabilitazione del paziente e un suo attivo inserimento nella vita sociale.
Tutto ciò è ottenibile se vi è una stretta collaborazione tra i vari medici specialisti e i genitori del bambino.

 

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L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Ortho Tribune Italy 2013

 

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