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La chirurgia piezoelettrica del seno mascellare: indicazioni cliniche e descrizione di un case series

Giacomo Tarquini

Giacomo Tarquini

lun. 27 settembre 2010

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Il rialzo del seno mascellare (Boyne 1980, Tatum 1986) è attualmente considerato una tecnica altamente predicibile e sicura per consentire l’inserimento di impianti osteointegrati nel mascellare posteriore atrofico (Jensen 1998).

In letteratura sono state tuttavia descritte diverse complicanze ascrivibili a questo intervento: infettive, ORL, vascolari e neurologiche (Pjetursson 2008).
La complicanza in assoluto più frequente è la lacerazione, parziale o totale, della membrana di Schneider durante le manovre di antrostomia o di scollamento della stessa (Cho 2001, Schwarz-Arad 2004, Proussaefs 2004, Wallace 2007).
Questa complicanza è degna di nota, in quanto può portare ad abortire la procedura (Aimetti 2001, Schwarz-Arad 2004) o a dover mettere in atto tecniche per riparare la membrana perforata (Pikos 1999, Proussaefs 2003-2004, Testori 2008, Wallace 2007).
Le cause vanno dallo spessore esiguo della membrana, alla presenza di cisti da ritenzione, setti di Underwood e aderenze (Becker 2008).
Anche variabili anatomiche, come l’ampiezza trasversale del seno mascellare, sono correlate alla probabilità di perforazione della membrana (Cho 2001).
Considerando la tecnica tradizionale di rialzo del seno mascellare per via laterale (Smiler 1997, Van den Bergh 2000), la lacerazione della membrana di Schneider ha una prevalenza variabile dal 12 al 44% con una media che si attesta intorno al 20-30% per la maggior parte degli Autori (Becker 2008, Barone 2008).
Va osservato che tutti questi lavori si riferiscono all’impiego di strumentazione rotante tradizionale, come frese al carburo di tungsteno e/o diamantate.
Questi dati sono comunque destinati ad essere considerati inaccettabili; esemplificando, un intervento su cinque va incontro a complicanze.
Si è quindi reso necessario lo sviluppo di una tecnologia che fosse in grado di ridurre significativamente il rischio di complicanze nelle procedure di rialzo del seno mascellare.
Il primo lavoro sulle applicazioni della tecnologia piezoelettrica nella chirurgia del seno mascellare è da attribuirsi a Torrella (Torrella 1998).
Successivamente, viene dimostrato (Wallace 2007) come l’impiego di un dispositivo piezoelettrico possa portare alla riduzione della frequenza di perforazioni dal 30 al 7%, alla minor frequenza di lesioni all’ A. alveolo-antrale e a una riduzione del trauma chirurgico.
In un recente studio (Toscano 2010), l’Autore dimostra come tale prevalenza possa essere ulteriormente ridotta a 3,6% per quanto riguarda le lacerazioni della membrana di Schneider e a 0% quelle dell’ A. alveolo-antrale.
Scopo del presente lavoro è di descrivere l’ impiego di un dispositivo piezoelettrico nella chirurgia del seno mascellare e presentare i risultati un case series su 63 procedure chirurgiche effettuate.

Materiali e Metodi
Il dispositivo piezoelettrico utilizzato nel presente lavoro è Esacrom Moto (Esacrom Srl, Via Serraglio, 19 Imola - Bo) che comprende sia un manipolo piezoelettrico che un manipolo contrangolo per l’inserimento di impianti.
L’unità piezoelettrica fornisce una potenza fino a 70W con frequenze che vanno dai 24 ai 32 kHz.
L’ampiezza dell’oscillazione arriva a 350 micron (Fig. 1).

Descrizione della tecnica chirurgica
La tecnica chirurgica del rialzo di seno per via laterale con un dispositivo piezoelettrico (Vercellotti 2001-2004, Testori 2005) può essere suddivisa in 4 tempi operatori:
- antrostomia di accesso;
- separazione della membrana di Schneider;
- scollamento ed elevazione della membrana di Schneider;
- prelievo e innesto osseo.

L’antrostomia di accesso può essere eseguita tramite osteotomia piezoelettrica (indicata per pareti sottili) o tramite osteoplastica piezoelettrica (indicata per pareti spesse).
Per questo motivo, dopo aver valutato a un esame TC lo spessore della parete ossea, è possibile decidere in anticipo il tipo di accesso da effettuare, se tramite osteotomia o tramite osteoplastica (Tab. 1).

Non c’è consenso su quale sia il valore minimo per considerare una parete come spessa; convenzionalmente si considerano valori compresi tra 1 e 2 mm (Vercellotti 2001, Testori 2005).
È opinione dell’Autore che uno spessore di 2 mm sia un valido riferimento per poter decidere verso l’una o l’altra procedura.

Antrostomia tramite osteotomia
Per eseguire l’osteotomia vengono inizialmente impiegati inserti più rapidi e aggressivi a sega ES007 (Fig. 2) seguiti da inserti a scalpello diamantati ES002 (Fig. 3).

Antrostomia tramite osteoplastica
Per eseguire invece un accesso tramite osteoplastica, si utilizzano gli inserti ES001 ed ES015 (Fig. 4).

La rimozione del tessuto osseo viene inizialmente eseguita con l’inserto ES001 (Fig. 5a).

Quando la parete è ormai quasi totalmente consumata, è consigliabile terminarne l’erosione con l’inserto a palla diamantato ES015 o con l’inserto a oliva diamantato ES008 (Figg. 5b-c).

In caso di accesso per osteotomia, la botola ossea può essere riposizionata sull’antrostomia, riflessa all’interno del seno mascellare o semplicemente rimossa (Van den Bergh 2000).
Nell’esperienza dell’Autore, la rimozione della botola ossea con gli inserti ES003A ed ES003B (Fig. 6) aumenta notevolmente la visibilità e non porta ad alcun rischio di perforare la membrana; di contro, la rimozione della botola ossea con strumenti a mano può incrementare fortemente la probabilità di lacerazioni.

Una variante anatomica della quale tener conto è la presenza dell’A. alveolo-antrale; il decorso di tale arteria ha un’altezza variabile tra i 16 e i 19 mm dalla cresta ossea (Solar 1999, Elian 2005).
Una sua accidentale lacerazione durante l’antrostomia può spesso rappresentare una complicanza (Traxler 1999, Solar 1999, Elian 2005, Ella 2008), anche se raramente si tratta di emorragie potenzialmente pericolose.
Se il vaso ha un decorso intraosseo ed è di piccolo calibro, è consigliabile reciderlo (Testori 2005) e trattare l’emorragia con cera da osso.
Se il vaso ha decorso extraosseo, ma intrasinusale, esso decorre strettamente adeso alla membrana di Schneider; con uno strumento piezoelettrico può essere facilmente elevato insieme alla membrana stessa senza alcun rischio di lesionarlo.

Separazione della membrana
La separazione della membrana dai margini dell’antrostomia viene effettuata con l’inserto a forma di cono rovesciato ES004 (Fig. 7) che facilita notevolmente il reperimento del piano di clivaggio.

Scollamento ed elevazione della membrana
Lo scollamento della membrana di Schneider viene iniziato con gli inserti dedicati ES003A ed ES003B per poi proseguire con strumenti manuali (Figg. 8a-b).
È di fondamentale importanza proseguire lo scollamento fino alla parete mediale del seno mascellare per aumentare il potenziale osteogenetico nella zona di innesto e per poter inserire gli impianti in una posizione protesicamente corretta (Testori 2005).

Prelievo e innesto osseo
L’innesto da posizionare all’interno del seno mascellare può essere costituito da osso autologo, da un sostituto osso o da una miscela dei due (Pjetursson 2008).
Data l’ingente quantità di materiale necessario, limitandosi ai siti donatori in cavità orale quasi mai si riesce a reperire osso autologo in quantità sufficienti per un innesto completo.
Per questo motivo generalmente ci si rivolge a sostituti ossei di origine eterologa, omologa o alloplastica (Valentini 2003, Del Fabbro 2004).
Qualora si decidesse di voler miscelare il materiale da innesto con osso autologo, per mezzo degli inserti per osteoplastica ES001 ed ES003 (Fig. 9), è possibile raccoglierne considerevoli quantità con morbilità pari a zero.

La sede di prelievo elettiva è rappresentata dal processo zigomatico dell’osso mascellare per l’evidente contiguità con la zona da trattare (Vercellotti 2001-2004).
L’innesto viene quindi inserito all’interno del seno mascellare e compattato (Figg. 10a-b).

L’antrostomia viene poi ricoperta con una membrana in collagene allo scopo di aumentare le probabilità di una completa formazione ossea all’interno della cavità innestata (Fig. 11) (Del Fabbro 2004, Wallace 2005).

 

Una caratteristica anatomica che spesso si incontra è costituita dai setti di Underwood; secondo una recente studio retrospettivo la loro prevalenza media in seguito a indagini TC è del 69% (Van Zyl 2009).
La presenza di tali setti (Figg. 12a-b) all’interno del seno mascellare può complicare notevolmente la procedura chirurgica, soprattutto in fase di antrostomia e scollamento della membrana sinusale (Van den Bergh 2000, Cho 2001, Toscano 2010).
 

Con la metodica tradizionale le uniche possibilità sono di disegnare il margine caudale dell’osteotomia in modo da aggirare la base del setto (“W-shape”) o disegnare due botole separate (Van den Bergh 2000) aumentando così i tempi operatori e il rischio di lacerare la membrana.
Con l’impiego di un dispositivo piezoelettrico, invece, il setto può essere resecato in maniera totale o subtotale (Fig. 12c) e permettere di continuare agevolmente lo scollamento e l’elevazione della membrana (Fig. 12d).

Risultati
Sono stati eseguiti 63 casi di rialzo del seno per via laterale su 50 pazienti.
Tutti pazienti sono stati inquadrati nosologicamente come ASA 1.
In tre soli casi c’è stata una rottura della membrana di Schneider (totale in un caso e subtotale negli altri due) tutte riparate con successo secondo le tecniche descritte in letteratura (Pikos 1999, Proussaefs 2003-2004, Testori 2008, Wallace 2008).
In due casi è stata rilevata all’esame TC la presenza dell’A. alveolo-antrale in sede intraossea.
Come da protocollo (Testori 2005) è stata recisa e sono state attuate manovre di emostasi locale (trattamento con cera da osso) per prevenire la formazione di ematomi o emoseni.
In tre casi è stato sufficiente spostare caudalmente l’antrostomia per evitare il vaso in questione (Solar 1999, Elian 2005).
Il tasso cumulativo di successo è stato del 4,76%.
Tale risultato è in accordo con quanto descritto in letteratura a proposito della procedura di rialzo del seno mascellare con approccio piezoelettrico (Cho 2001, Vercellotti 2001-2004, Toscano 2010).
Rispetto all’incidenza di perforazioni che in letteratura viene attribuita alle classiche procedure di rialzo del seno mascellare (20 - 30%), il presente lavoro dimostra che la tecnologia piezoelettrica consente una riduzione statisticamente significativa (4,76%).

Discussione
Indubbiamente, lo sviluppo della tecnologia piezoelettrica ha facilitato e reso più sicure tutte le procedure di chirurgia ossea (Vercellotti 2001-2004).
Le caratteristiche cliniche della chirurgia piezoelettrica possono essere brevemente riassunte in 5 punti (Tab. 2).

Il taglio micrometrico consente osteotomie di precisione estrema, impensabile con strumenti tradizionali.
Il taglio selettivo, dovuto alla frequenza ultrasonica dedicata (24 - 32 KHz), consente al dispositivo di essere attivo sui tessuti mineralizzati (osso, dente), ma non sugli altri (tessuti molli, vasi e strutture nervose) a tutto vantaggio di una elevata sicurezza intraoperatoria.
L’effetto di cavitazione che i dispositivi piezoelettrici producono si traduce in una visibilità totale del campo operatorio e contribuisce ad aumentare la sicurezza intraoperatoria.
Infine, l’assenza di macrovibrazioni tipiche degli strumenti rotanti e la pressione sul manipolo ridotta, rendono l’esecuzione di osteotomie e/o osteoplastiche altamente precise e sicure.
Queste caratteristiche rendono la chirurgia piezoelettrica più facile e predicibile rispetto a quella praticata con strumentazione tradizionale (Schwarz-Arad 2004, Wallace 2007).
Dal punto di vista del paziente, tutto questo si traduce in una minor morbilità e in una aumentata accettazione di procedure chirurgiche a volte anche piuttosto complesse.
È evidente che comunque l’esperienza e la manualità dell’operatore rimangono sempre i fattori principali per il buon esito della procedura chirurgica (Barone 2008).

Conclusioni
Rispetto alla chirurgia tradizionale, la chirurgia piezoelettrica del seno mascellare consente una significativa riduzione delle complicanze intraoperatorie, specie per quanto riguarda la perforazione della membrana di Schneider.
Nel presente lavoro, su 63 interventi eseguiti di grande rialzo il tasso di complicanze è stato del 4,76% contro il 20 - 30% che è l’incidenza di perforazioni comunemente descritta in letteratura quando si considera la tecnica tradizionale.
Tale risultato è in accordo con quanto descritto in letteratura a proposito della procedura di rialzo del seno mascellare con approccio piezoelettrico (Vercellotti 2001, Wallace 2007, Toscano 2010).
L’impiego di dispositivi piezoelettrici può essere di grande ausilio nell’approccio chirurgico al seno mascellare.

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