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Il sorriso del dentista

A. Libero

A. Libero

mer. 21 dicembre 2016

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Per dedicarsi al sorriso del paziente occorre che il dentista abbia una buona preparazione e cultura, ma anche che egli stesso sorrida. Tuttavia, per sorridere dobbiamo essere in una situazione psicologica che lo consenta e a tutt’oggi vi sono una serie di fattori che si frappongono alla condizione di essere sereni e attenti alle richieste dei pazienti.

Sono infatti molte le statistiche che indicano che il dentista è tra le professioni più soggette allo stress e ai danni che questo causa alla salute. Lavoriamo nella sfera dell’intimo di un paziente che ha grandi aspettative di risultato, in tempi sempre più ristretti, ma con capacità di spesa sempre minori. Alla gestione clinica dobbiamo sommare la gestione economico-organizzativa, e quindi il rapporto con il personale, i collaboratori, i fornitori, gli aspetti normativi e fiscali, il venir meno della prevedibilità di spesa dei pazienti, il passo sempre più rapido dell’innovazione tecnologica.
Tutto questo ci riporta al simbolo dell’attuale stile di vita, e cioè al concetto di flessibilità per cui, a fronte di rapidi cambiamenti sia organizzativi sia clinici, dobbiamo rispondere con un adeguamento del nostro essere, prima ancora che del nostro operare nella professione.
Possono essere principalmente due gli ambiti di nostro interesse:

  1. perdere il controllo delle fasi cliniche e organizzative. Ci sentiamo responsabili dei nostri successi o insuccessi, del benessere del paziente e del nostro personale di studio. Come spesso accade, la burocrazia può minare il nostro senso di controllo e portare allo stress lavoro correlato.
  2. Perdere la motivazione. Abbiamo bisogno di obiettivi e di piccole o grandi sfide da portare avanti ogni giorno per sentirci realizzati. Dobbiamo però essere consapevoli che avere obiettivi irrealistici e sfuggenti per la “legge dei rendimenti decrescenti” porta inevitabilmente allo stress da lavoro, come ad esempio la tendenza al perfezionismo è un’attitudine che può avere ripercussioni negative.

Impariamo dunque a riconoscere i segni del disagio come un semaforo che regolamenta la nostra vita:

  • a) verde: ho un grande team. I pazienti mi apprezzano e il lavoro procede regolarmente. La vita sociale e affettiva è appagante e il sole splende;
  • b) giallo: un assistente lascia il lavoro e questo genera mansioni extra per il resto del personale. Seduto accanto al paziente con il lembo aperto cerco di isolare il nervo alveolare inferiore per inserire un impianto, ma non sono concentrato. Mi sento come se mi mancasse il braccio destro. La sera, a casa, i bicchieri di vino che consumavo da uno diventano due e poi tre. Non riesco a riposare e sono facilmente irritabile. I rapporti nel team si fanno più spigolosi, così come quelli affettivi. Non riesco a controllare tutto, insorge un contenzioso con un paziente;
  • c) rosso: la sindrome da burnout è una possibile conseguenza. Si manifesta con una progressiva perdita di entusiasmo verso il lavoro, ritardi decisionali, irritabilità, spossatezza fisica e mentale, senso di depressione, sino a giungere una sorta di “spersonalizzazione”. Una nota positiva: i segni del burnout possono essere utilizzati come catalizzatori di un cambiamento che può portare a una migliore qualità di vita.

Il cambiamento si fonda su due pilastri:
1° ammettere che c’è un problema e farsi aiutare dal team per individuarlo, prendersi la responsabilità di risolverlo. Cerca la nuova assistente, crea un protocollo di prevenzione del contenzioso.
2° Ritaglia il tempo per una fisiologica “decompressione” dal lavoro. Separa la vita professionale da quella sociale, affettiva e privata. Prediligi la compagnia di chi sa ascoltare senza dare giudizi.
Sei azioni concrete da mettere in atto nel “tempo di vita” che hai riconquistato.

  1. Programma una pausa dal lavoro, uno spuntino fuori dall’ufficio, una breve passeggiata o un brano musicale da ascoltare.
  2. Esegui con regolarità un’attività sportiva, i benefici li conosciamo tutti; ricorda soltanto che l’eccesso di adrenalina prodotto dallo stresso viene in parte bruciato con l’esercizio fisico.
  3. Tra le tecniche di rilassamento lo yoga è particolarmente adatto al personale di studio poiché unisce agli indubbi benefici psicologici e mentali a un’azione benefica sull’elasticità muscolare e articolare, che aiuta a tollerare le impegnative posture di lavoro.
  4. Controlla l’alimentazione; una colazione ricca, molta acqua e frutta durante la giornata; attenzione agli eccessi a cena.
  5. Programma l’agenda in modo da avere spazio per le urgenze e per la gestione manageriale dello studio, che è un’attività produttiva come quella clinica.
  6. Investire tempo nella formazione del personale e dei collaboratori ha sempre un ottimo ritorno di investimento. Il personale competente, atto a recepire la delega, riduce lo stress.
     
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