Un mio maestro e grande primario di chirurgia generale mi insegnò che “il meglio è nemico del bene”: era relativo a quando ad esempio noi giovani e intraprendenti chirurghi, per cercare di far diventare perfetta una sutura aggiungevamo l’ultimo punto, seppure non indispensabile, che magari prendeva un vaso costringendoci a riaprire il paziente!
Un bell’articolo letto da poco (“Denti entro un’ora” − G. Urde − Implant Tribune Novembre 2017) mi induce a parafrasare l’aforisma del mio maestro come faccio nel titolo, e ad avere riconferma di quanto da molto tempo vado affermando ovunque nel mondo, e cioè che ultimamente si sta assistendo ad una progressiva e spesso immotivata tendenza ad avere tutto e subito, anche la guarigione. Come dice Deepak Chopra, medico e biologo contemporaneo «Noi siamo le sole creature sulla terra che possono cambiare la propria biologia col modo in cui pensiamo e sentiamo».
Ed ecco allora che in un’epoca in cui internet e smartphone annullano i tempi di attesa e in cui dottor Google ha la soluzione a tutti i problemi, i nostri pazienti si aspettano che anche la biologia si adeguia questa tendenza, adattando i tempi di guarigione alle loro mutate aspettative. In questo quadro si inserisce la richiesta di avere allora anche i denti subito: in qualche ora o in pochi minuti. Non importa se questi denti magari mancavano da anni, o se la bocca che li ha persi ha nel tempo perso anche una condizione di accettabile igiene orale.
E in questa folle corsa verso chi è più veloce nel mettere impianti e denti, che ci porterà presto (purtroppo facile vaticinio che non mi vede più come cantore isolato) ad una drammatica ricaduta in termini di insuccessi, fallimenti, problemi assicurativi, e rinnovata sfiducia verso la nostra già bistrattata categoria, molti sono i responsabili.
Le aziende, che facendo il loro lavoro cercano di convincerci ad adottare nuove tecniche e nuovi protocolli, sempre meno validati nel tempo e dai numeri. Una cosa che chi mi segue mi ha spesso sentito dire è che la chirurgia deve essere mentalmente guidata: nessun software potrà mai realmente sostituire totalmente la mia esperienza e manualità, ma potrà al massimo essere un importante supporto.
E poi noi stessi, come operatori, troppo spesso proni alle pressioni esterne: le aziende come detto da una parte, ed i pazienti dall’altra. «Ma come, dottore, mi fa aspettare cosi tanto? Allora vado dal dentista di mia cugina che è più bravo di lei e che ha messo impianto e dente nella stessa seduta!». Ed ecco allora che invece di rivendicare la nostra autonomia decisionale pur di non perdere il caso da trattare facciamo non quello che la nostra scienza e coscienza ci suggerirebbe ma quanto il mondo esterno ci impone, per pagarne poi spesso in prima persona le conseguenze.
Ed allora vorrei concludere citando George Bernard Shaw: «La scienza è sempre imperfetta. Ogni volta che risolve un problema, ne crea almeno dieci nuovi». Torniamo ad agire solo dopo una seria e attenta valutazione del caso e con protocolli validati e che ben padroneggiamo: guadagnare pochi mesi per perdere poi anni e millimetri di osso non è sempre la scelta eticamente migliore.
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completamente in accordo con le considerazioni del dott.la banca
Giustissimo!Cosa aspettano le societa’ scientifiche,gli ordini a farsi sentire a riguardo con quelli che vengono chiamati ‘imprenditori del dentale’?!
Bravo e complimenti per l’articolo! Lo condivido al 100% e mi viene da pensare che bisognerebbe, a questo proposito, fondare una associazione di dentisti obiettori di coscienza. Io sarei il primo iscritto.