DT News - Italy - Igieniste dentali (e libere professioniste) e maternità: una storia d’ordinaria diversità

Search Dental Tribune

Igieniste dentali (e libere professioniste) e maternità: una storia d’ordinaria diversità

Foto: (stock.xchng).
Elena Maria Manazza

Elena Maria Manazza

mar. 4 giugno 2013

salvare

Quest’articolo fotografa una realtà problematica e nasce a tutela delle donne professioniste (in questo caso specifico, le igieniste dentali). Come tutte le libere professioniste, anche Elena Maria Manazza, laureata in igiene dentale, viene messa in un delicatissimo momento della sua vita in grave difficoltà, a causa dell’eccesso di burocrazia e dell’assenza di tutela. Qui il racconto della sua esperienza.

La maternità è un’esperienza bellissima che ogni donna merita di vivere serenamente, fisicamente e sul fronte lavorativo. A ottobre 2011 scopro di essere incinta. Notizia bellissima che apre tuttavia un mondo di dubbi e potenziali problemi in ambito lavorativo. Come la prenderanno negli studi in cui esercito? Perderò il posto? Come mi manterrò nei mesi in cui non potrò lavorare?
Per quanto riguarda il lavoro, fortunatamente la gravidanza ha avuto un decorso fisiologico, consentendomi di lavorare sino alla fine dell’ottavo mese. Inoltre, i dottori con cui lavoro sono stati comprensivi e corretti nei miei confronti rassicurandomi sul fatto di poter riprendere in ogni momento la professione.
La vera sorpresa è stato l’assegno di maternità. O, meglio, il “non assegno” di maternità! Mi spiego: tre mesi prima di partorire mi reco all’Inps per sapere come fare per ottenere l’assegno di maternità dove mi dicono di recarmi presso un patronato per presentare la domanda online.
Presso il patronato presento la domanda come lavoratore non dipendente allegando Modello UNICO, iscrizione alla Gestione separata, certificato del mio ginecologo e documento di identità. Dopo circa un mese, dall’Inps mi comunicano che la mia domanda è stata rifiutata. Presa dallo sconcerto, dal momento che noi igienisti non abbiamo una Cassa e versiamo i nostri contributi all’Inps, chiamo il mio commercialista chiedendogli di fare luce sulla questione. Non mi sembrava vero che non mi spettasse nulla. Mi viene confermato che, malgrado la contribuzione, ciò che mi spetta per i 5 mesi di maternità obbligatoria è pari a zero. Il mio caso è un po’ particolare poiché avendo anche un lavoro come lavoratore dipendente, la maternità mi è stata comunque pagata dal datore di lavoro, anche se la mia principale fonte di reddito deriva comunque dall’attività di igienista.
Non avessi avuto questa ulteriore possibilità l’alternativa sarebbe stata chiedere l’assegno che una madre non lavoratrice può chiedere al Comune di residenza per la nascita del figlio o per l’adozione o l’affidamento preadottivo di un minore di età non superiore ai 6 anni (o ai 18, in caso di adozioni o affidamenti internazionali). La madre lavoratrice può chiederlo se non ha diritto all’indennità di maternità dell’Inps o alla retribuzione per il periodo di maternità. Se l’importo dell’indennità o della retribuzione è inferiore all’importo dell’assegno, la madre lavoratrice può chiederlo in misura ridotta al Comune. Riporto qui di seguito quanto descritto dal sito http://www.inps.it

A chi spetta?
- Cittadine italiane o comunitarie residenti in Italia al momento del parto o ingresso in famiglia del minore adottato/affidato;
- cittadine non comunitarie residenti in Italia al momento del parto o ingresso in famiglia del minore adottato/affidato in possesso di uno dei seguenti titoli:
- carta di soggiorno;
- permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Il figlio di cittadina non comunitaria nato all’estero deve essere in possesso dello stesso titolo di soggiorno della madre.
In alcuni casi particolari, se la madre non può richiedere l’assegno, il beneficio può essere richiesto, a seconda dei casi, dal padre del bambino, dal genitore della madre, dall’adottante, dall’affidatario preadottivo o dall’affidatario non preadottivo.

Requisiti
L’assegno di maternità spetta a condizione che i redditi ed i patrimoni posseduti dal nucleo familiare della madre, alla data della domanda di assegno, non superino il valore dell’Indicatore della Situazione Economica (ISE) applicabile alla data di nascita del figlio (ovvero di ingresso del minore nella famiglia adottiva o affidataria). Ai fini dell’ISE è comunque possibile ricevere assistenza dai CAF convenzionati con il Comune di residenza.

Cosa spetta
Assegno di importo complessivo pari ad euro 1.545,55 in caso di madre non lavoratrice. Alla madre lavoratrice, l’assegno viene pagato per intero se durante la maternità non le spetta l’indennità di maternità dell’Inps oppure la retribuzione; se l’indennità (o la retribuzione) sono di importo superiore all’importo dell’assegno, esso viene pagato per la differenza (c.d. quota differenziale). L’assegno spetta per ogni figlio; quindi, in caso di parto gemellare oppure di adozione o affidamento di più minori, l’importo è moltiplicato per il numero dei nati o adottati/affidati.

La domanda
La domanda deve essere presentata al proprio Comune di residenza necessariamente entro sei mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso in famiglia del minore adottato/affidato.
In genere, gli uffici dei Comuni rendono disponibili i modelli di domanda da utilizzare per la richiesta dell’assegno.

Documentazione
- La dichiarazione sostitutiva unica, oppure l’attestazione della dichiarazione sostitutiva ancora valida con i redditi percepiti dal nucleo familiare di appartenenza nell’anno precedente a quello di presentazione della domanda di assegno.
- Un’autocertificazione nella quale il richiedente è tenuto a dichiarare sotto la propria responsabilità:
- i requisiti richiesti dalla legge per la concessione dell’assegno (residenza, cittadinanza e così via);
- di non avere diritto per il periodo di maternità all’indennità di maternità dell’Inps ovvero alla retribuzione;
- diversamente, deve essere indicato l’importo di tali trattamenti economici per il calcolo della eventuale differenza;
- di non avere presentato, per il medesimo figlio, domanda per l’assegno di maternità a carico dello Stato di cui all’art. 75 del D.Lgs. 151/2001 (assegno, questo, istituito dall’art. 49 della legge n. 488/1999).

Le cittadine non comunitarie devono presentare agli uffici del Comune la carta di soggiorno o il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo. L’assegno è pagato dall’Inps dopo che il Comune ha trasmesso i dati della madre necessari per il pagamento.
Il 6 giugno 2012 è nato Leonardo, bimbo di 4 chili circa, in ottima salute, orgoglio di mamma e papà che ripaga di tutte le fatiche e rinfranca dalle delusioni.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 5 di Dental Tribune Italy 2013 (maggio).

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement