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ANDI Lazio: accolto il ricorso contro la regione per non avere registrato uno studio dentistico

Sabrina Santaniello (Presidente Andi Roma)

Sabrina Santaniello (Presidente Andi Roma)

mar. 1 luglio 2014

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In tema delle autorizzazioni all’esercizio per le strutture sanitarie, una clamorosa sentenza del Tar (n. 06679/2014) ha accolto il ricorso nei confronti della Regione Lazio di uno studio odontoiatrico che non si era iscritto nella piattaforma informatica SAASS.

Lo studio era stato diffidato dalla Regione a proseguire l'attività sanitaria poiché non aveva provveduto alla conferma autorizzativa nel 2012, nonostante avesse presentato domanda cartacea nel 2007.

Il TAR Lazio ha invece condannato la Regione per non aver dato risposta all'istanza del 2007 e non aver dato seguito al procedimento iniziato già 5 anni prima. I giudici scrivono che «ove la Regione avesse comunicato al ricorrente le ragioni ostative alla prosecuzione dell’attività esercitata nello studio, l’interessato avrebbe avuto modo di contro dedurre. Dimostrando, ad esempio, che tale autorizzazione non era necessaria o era stata già chiesta il 28 giugno 2007, senza ricevere risposta e che necessita sollecitare la chiusura del procedimento (come afferma la Regione nella nota n. 158747 dell’ 11 dicembre 2013), dal momento che si tratta di obbligo spettante a tutte le P.A. O ancora, che aveva inviato la comunicazione di inizio attività o che l’omesso invio costituiva irregolarità sanabile».

Sulla scia di questa sentenza, le istituzioni regionali non potranno esimersi dal riaprire i termini della piattaforma SAASS per tutte le strutture che, per varie ragioni, sono state escluse. Andi Roma sottolinea quindi la necessità di una totale e completa semplificazione delle procedure burocratiche. Il Consiglio dei Ministri ha ultimamente approvato una serie di semplificazioni in materia di autorizzazioni sanitarie: la Regione Lazio sarà pronta a recepirle? Gli odontoiatri non possono più accettare di continuare ad essere vessati dalla burocrazia: è arrivata l'ora di dire “basta” e, se sarà necessario, siamo pronti a sostenere decine, anzi centinaia di ricorsi al TAR per far valere i nostri diritti.

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