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Chiarimenti della Regione Lazio in merito alla gestione degli studi

mer. 23 luglio 2014

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La Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria (Area autorizzazione e Accreditamento) ha emanato dei chiarimenti in merito agli Studi medici professionali.

Quanto ad alcuni quesiti sorti sulle barriere architettoniche è evidente che anche gli studi odontoiatrici dovranno seguire la normativa assimilandoli, sotto questo profilo, agli studi (avvocato, ingegneri, architetti), non potendo il comportamento della PA assumere caratteristiche difformi o equivoche rispetto a quanto avviene per la normativa sul superamento delle barriere architettoniche da parte degli studi professionali. Soprattutto se si tiene conto del fatto che lo studio medico-odontoiatrico, singolo o associato, è una struttura “tecnicamente” non aperta al pubblico dove il titolare, per svolgere la propria attività, assume discrezionalmente ogni decisione in merito a orari e giorni di apertura. Rispetto al contratto d’opera, la prestazione intellettuale si differenzia nella disciplina codicistica per plurimi aspetti, primo fra tutti la stretta personalità nell’esecuzione dell’opera prestata, per la quale si ritiene legittimo parlare di obbligazione di “facere” infungibile, che presuppone l’instaurazione di un rapporto fiduciario tra il professionista e il cliente.

L’art. 2232 impone al professionista l’obbligo di eseguire personalmente la prestazione d’opera intellettuale. Tuttavia, nulla esclude che il professionista possa avvalersi, per l’esecuzione dell’incarico assunto, di “sostituti e ausiliari”. Il sostituto a cui si riferisce l’art. 2232 del c.c. è il soggetto (collaboratore e/o consulente) che affianca il prestatore d’opera intellettuale (titolare del rapporto) agendo sotto la sua direzione e responsabilità. La sua presenza nella struttura non modifica la natura dello studio medico-odontoiatrico professionale privato. Affinché sia possibile il ricorso ai “sostituti” (collaboratori e/o consulenti) si deve realizzare la condizione dell’art. 2232 c.c., ovvero, che la collaborazione di altri professionisti sia consentita dal contratto di prestazione d’opera intellettuale, che rappresenta, quindi, il mezzo con cui il professionista può prevedere il ricorso al “sostituto”. Il punto focale nei rapporti tra i soggetti coinvolti nel caso dell’attività medico-odontoiatrica si ritiene si concretizzi con la predisposizione del piano di cura del paziente sottoscritto dalle parti. In esso non devono essere specificate le modalità di esecuzione, basta che siano individuate le caratteristiche essenziali. Uno degli aspetti peculiari del contratto d’opera intellettuale è infatti caratterizzato dall’ampia discrezionalità del professionista sui tempi, modalità e mezzi da utilizzarsi per lo svolgimento della prestazione oggetto.
Affinché il piano di cura sia idoneo a produrre gli effetti previsti dalla norma dovrà contenere, oltre alle caratteristiche essenziali delle attività effettuate direttamente dal professionista titolare, anche l’espressa menzione, qualora particolari patologie o interventi lo richiedano, del ricorso all’ausilio di altro professionista che esegua quella determinata prestazione a fianco e sotto la direzione del titolare del contratto.

La facoltà del professionista di servirsi ex art. 2232 della collaborazione di “sostituti o ausiliari” non comporta che costoro diventino parti del rapporto di clientela, restando la loro attività giuridicamente assorbita da quella del prestatore d’opera contraente con il cliente. Tutte le norme che autorizzano l’apertura e l’esercizio di attività medico-odontoiatrica in strutture sanitarie ambulatoriali trovano fondamento nell’articolo 193 del TU Leggi Sanitarie (R.D.1265/1934) che escluda, pertanto, gli Studi medici e odontoiatrici dall’essere autorizzati. Solo dall’11 febbraio 2007, anche gli studi medici-odontoiatrici operanti nel territorio del Lazio sono stati assoggettati al regime autorizzativo (solo gli “studi odontoiatrici, medici e di altre professioni, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, nonché le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche”). A partire da quella data, l’amministrazione regionale ha richiesto, a seguito di istanza per nuova apertura di uno studio medico-odontoiatrico il possesso dei requisiti previsti ivi compreso quello che l’immobile risulti destinato ad uso “ufficio” con l’attribuzione della categoria catastale A10 C1.

Per quanto riguarda, invece, gli studi professionali medici-odontoiatrici già operanti alla data dell’11 febbraio, cioè prima dell’entrata in vigore del Testo Regionale 2/2007, la Regione, valutato l’impatto che l’applicazione rigida delle disposizioni in materia avrebbero determinato verso un’incolpevole categoria professionale, le insuperabili difficoltà urbanistiche per l’adeguamento di un cospicuo numero di strutture ubicate soprattutto in certe aree cittadine (centri storici) e la necessità di comportamenti analoghi a quelli rappresentati nel paragrafo “Superamento delle barriere architettoniche” ha ritenuto di prevedere “la deroga alla normativa urbanistico edilizio di livello comunale” (contenuta nella deliberazione della GR n. 424/2006, nel Decreto del Commissario ad Acta e in quello del Commissario ad Acta n. 43/2012) che consenta, solo ai titolari degli studi odontoiatrici ubicati in immobili con destinazione d'uso diversa da quella di “ufficio” e con categoria catastale diversa da A10 o C1, di mantenere la destinazione d’uso e la categoria catastale attribuita in precedenza.

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