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Una ricerca scopre come realizzare otturazioni dentali più forti e durature

Il Dr Dan Romanyk (a sinistra) e il Prof. Owen Addison sono due membri di un team di ricerca che ha recentemente scoperto come le particelle di filler aggiunte possono modificare la reazione di vari compositi dentali(Immagine: King’s College London).
Brendan Day, DTI

Brendan Day, DTI

ven. 26 giugno 2020

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EDMONTON, Alberta, Canada/LONDRA, Regno Unito: poiché si stima che oltre 2,3 miliardi di persone soffrono di carie dentale, qualsiasi potenziale progresso nella ricerca sui materiali di riempimento potrebbe apportare benefici per gran parte della popolazione mondiale. Studiando la struttura di alcuni materiali compositi, un team internazionale di ricercatori ha scoperto un metodo che potrebbe migliorare questi materiali rendendo le otturazioni dentali più resistenti.

I ricercatori provenienti dal Canada, dal Regno Unito, dalla Norvegia e dagli Stati Uniti hanno iniziato ad approfondire la conoscenza sui compositi a base di resina foto attivata che sono comunemente usati in una varietà di casi medici e odontoiatrici, come nel caso delle otturazioni dentali. Sebbene si sappia molto sulla formulazione chimica di questi compositi, fino ad oggi è stato ancora poco compreso il modo in cui le particelle di filler influenzano la loro polimerizzazione.

Per colmare questa lacuna nella conoscenza, il team di ricercatori ha impiegato la tecnica dell’imaging ad infrarossi a medio raggio presso la Canadian Light Source dell’Università del Saskatchewan: è stata utilizzata una sorgente di luce di sincrotrone per esaminare attentamente il comportamento delle particelle all’interno delle matrici di diversi compositi. In questo modo, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che le particelle di filler aggiunte modificano la reazione di questi compositi durante il processo.

Il prof. Owen Addison, professore a contratto di odontoiatria all’Università di Alberta e titolare del corso di Riabilitazione orale presso la facoltà di odontoiatria e scienze orali e craniofacciali del King College di Londra, è l’autore principale di questo studio. Ai giornalisti del Dental Tribune International ha detto che questa scoperta potrebbe portare ad avere modelli predittivi del comportamento dei materiali compositi e, di conseguenza, un miglioramento delle prestazioni dei materiali stessi.

«Questi risultati sono utili agli odontoiatri per due aspetti» ha detto Addison. «Direttamente, forniscono una nuova prova che rafforza l’argomentazione secondo la quale gli attuali compositi di resina sono altamente sensibili ai regimi di fotopolimerizzazione e che i dentisti devono riconoscere che l’adesione ai protocolli raccomandati è un must. Indirettamente, questo nuovo approccio sarà uno strumento prezioso per guidare lo sviluppo di nuove generazioni di compositi fotopolimerizzati».

Addison ha inoltre affermato che questi risultati fanno parte di un progetto di ricerca in corso che continuerà a sviluppare questi metodi. «Nei prossimi 12 mesi esploreremo anche nuovi approcci per ottimizzare la polimerizzazione del composito su scale interparticolari» ha aggiunto.

Lo studio, intitolato “Origin of microscale heterogeneity in polymerisation of Photo-activated resin composites” è stato pubblicato online il 15 aprile 2020 su Nature Communications in attesa di pubblicazione in un’edizione.

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