Ha suscitato legittimo scalpore la notizia sopraggiunta negli ultimi mesi riguardo la tragica morte di una 23enne di Bastia Umbra, colpita da arresto cardiaco in seguito all’estrazione di un dente del giudizio che ha poi portato, a distanza di tre giorni dall’intervento, al decesso.
Secondo ricostruzioni giornalistiche senza alcuna conclusione definitiva da parte della magistratura, la giovane si era recata in studio per curare una semplice carie, e solo durante la visita odontoiatrica si sarebbe deciso di effettuare l’estrazione. Nel corso dell’intervento le sarebbero state somministrate sei fiale di anestetico locale in momenti differenti e con molecole diverse. Dopo l’ultima fiala la paziente avrebbe riferito un malore con successiva perdita di coscienza e convulsioni. Dal referto del medico legale, si evince che non ci fossero le condizioni per trattare la paziente, in quanto erano assenti cartelle cliniche, consensi informati relativi ai rischi del trattamento, mancanza di radiografie preliminari e anche il dispositivo defibrillatore nello studio.
Questo evento, non il primo di questo genere, fa riflettere riguardo una tematica non troppo rara e fondamentale da conoscere per un odontoiatra, ovvero le reazioni avverse associate a tossicità sistemica da anestetico locale.
Gli anestetici locali sono composti che agiscono bloccando reversibilmente i canali del sodio a livello delle membrane citoplasmatiche, inibendo la generazione e propagazione del potenziale d’azione nelle fibre nervose periferiche. Nella maggior parte dei casi, le reazioni avverse da somministrazione di anestetici locali sono correlate all’atto di iniezione, raramente attribuibili a sovradosaggio (sono nello 0,5% dei casi). Le cause più frequenti di reazioni avverse sono infatti determinate da somministrazione accidentale endovenosa o endoarteriosa, che determinano un brusco picco ematico, e quindi cerebrale, della sua concentrazione.
Volendo valutare il parametro associato al valore di punta della concentrazione a livello ematico, in particolare quando venga somministrato anestetico in vaso arterioso, il valore è direttamente proporzionale alla dose somministrata e inversamente proporzionale al prodotto della gittata cardiaca e tempo di iniezione. Nel caso invece in cui venga coinvolto il vaso venoso, il valore di picco sarà minore rispetto al primo caso, poiché una certa quantità di farmaco sarà fissata a livello polmonare. Un altro aspetto da considerare in maniera significativa riguarda il grado di saturazione delle proteine che legano le molecole del farmaco, in caso infatti di raggiungimento della concentrazione di farmaco che porta alla saturazione massima delle stesse, si verifica una condizione in cui le molecole idrofobe dell’anestetico si trovino nella condizione di circolare liberamente nel sangue, con aumentata tossicità metabolica.
Analizzando le cause della tossicità degli AL, bisogna distinguere gli anestetici locali in aminoesteri (procaina, clorprocaina e tetracaina) ed aminoamidi (lidocaina, mepivacaina, articaina, ropivacaina e bupivacaina), che seguono vie di metabolizzazione differenti. Nel caso degli aminoesteri avremo una metabolizzazione prevalentemente a carico di colinesterasi plasmatiche, nel caso degli aminoamidi avremo invece una metabolizzazione epatica a carico di specifici enzimi (particolare prudenza in caso di pazienti epatopatici). Per quanto riguarda il dosaggio, l’anestetico è soggetto a valutazione clinica che porta in seconda istanza all’osservazione della DMR (dose massima raccomandata).
Ci sono una serie di indicazioni, utili da seguire durante l’atto clinico e chirurgico che possono determinare riduzione del rischio di sovradosaggio da anestetico locale. La tecnica anestesiologica ha un ruolo di primo piano, in quanto un blocco anestesiologico attuato a regola d’arte può contribuire in maniera più incisiva alla causa rispetto alle somministrazioni plessiche. Tutte le aggiunte successive alla somministrazione iniziale di anestetico hanno solo effetto di determinare la cosiddetta tachifilassi, una condizione di refrattarietà o assuefazione della fibra nervosa. Durante la somministrazione, è consigliabile associare un’attenta osservazione del paziente, volta ad identificare segni prodromici alla comparsa dei sintomi dell’intossicazione acuta, è consigliabile effettuare un’aspirazione, al fine di verificare di non essere in un vaso sanguigno e, quindi, di evitare di iniettare il farmaco direttamente in un vaso.
Il quadro clinico è tipicamente bifasico, con coinvolgimento ed espressione sintomatologica legata sia al SNC (ansia, vertigini, parestesie, convulsioni) che all’apparato cardiocircolatorio (aritmie, ipotensione, bradicardia, fibrillazione ventricolare, arresto cardiaco). La figura professionale dell’odontoiatra è tra le figure mediche che utilizzano maggiormente gli anestetici locali, quali articaina, mepivacaina e lidocaina. È quindi fondamentale che vi sia consapevolezza a tale riguardo.
Prendendo in esempio l’uso di articaina, molecola unica nella sua classe, è caratterizzata da un anello tiofenico al posto del tradizionale anello benzenico e un gruppo estereo suscettibile a reazioni di idrolisi da parte delle esterasi plasmatiche. Queste caratteristiche permettono alla molecola di avere emivita breve, di circa 20-30 minuti. Alcuni pazienti potrebbero presentare un deficit genetico (e quindi funzionale) della butirilcolinesterasi, la cui capacità di metabolizzare l’articaina potrebbe essere compromessa e di conseguenza, ci sia aumentata esposizione sistemica e aumentato rischio di effetti tossici.
Andando nel dettaglio, il deficit di butirilcolinesterasi è una condizione determinata da un’alterazione genica autosomica recessiva, con prevalenza stimata 1:3000-5000 nella popolazione generale. Questa carenza enzimatica è nota per causare apnea prolungata dopo somministrazione di miorilassanti come succinilcolina e mivacurio, potrebbe anche interferire con il metabolismo degli anestetici locali, quale l’articaina che presenta il gruppo estereo. Nel momento in cui non avviene la reazione di idrolisi catalizzata da questi enzimi, l’articaina può persistere nel circolo sistemico e determinare un maggior rischio di LAST (local anesthetic systemic toxicity).
Il test di dibucaina è un test biochimico specifico per valutare la funzionalità delle butirilcolinesterasi. La dibucaina stessa, inibisce quelle che sono le attività enzimatiche convenzionali, ma non quelle geneticamente mutate. A seconda del valore di questo test, effettuato con un test ematologico è possibile valutare in relazione al valore associato se ci si trovi in una condizione fenotipica normale, eterozigotica o omozigotica recessiva (fenotipo alterato). Il test è particolarmente utile con pazienti che riferiscono episodi familiari di reazioni anomale a questo tipo di anestesia.
Per quanto riguarda la terapia in emergenza, è associata all’utilizzo del farmaco Intralipid al 20% di concentrazione, circa 1,5 ml/kg per ciò che concerne il dosaggio, con somministrazione a goccia lenta, queste indicazioni sono riferite dalle linee guida IRC o ERC.
L’ultima considerazione da sottolineare, con evidenze riferite sia nella letteratura che in ambito clinico, suggerisce che il paziente sottoposto a sedazione cosciente sia relativamente più refrattario a insorgenza della LAST. Questa assunzione è spiegata dal punto di vista biologico dalla parziale depressione del SNC dovuta alle caratteristiche dei farmaci utilizzati in queste tecniche.
In conclusione, il consiglio clinico che ne consegue, indipendentemente dal farmaco anestetico locale che si utilizza, è di conoscere approfonditamente la storia medica del paziente, di avere chiaro che i farmaci anestetici locali hanno dosaggi massimi che devono essere rispettati, di essere consapevoli di quelli che sono i segni clinici iniziali di una probabile reazione tossica da anestetici locali e delle manovre e procedure da adottare in caso di emergenza.
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