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Stress cronico e alterazioni funzionali dell’apparato oro-dentale

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Prof. Salvatore Bardaro, medico odontoiatra

Prof. Salvatore Bardaro, medico odontoiatra

mer. 28 febbraio 2018

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Il sistema Stress consiste in una meravigliosa struttura altamente utile ed efficace per l’adattamento a stimoli determinati da fattori interni ed esterni sul nostro organismo. Ogni situazione fuori dall’ordinario che dobbiamo fronteggiare, sia essa inattesa e repentina tipo un’improvvisa perdita di equilibrio e qualunque altro stato di emergenza, oppure una situazione prevista come un esame o un colloquio di lavoro, crea in noi uno stato di “allerta” che coinvolge tutto il nostro organismo in maniera istantanea e automatica alfine di adattarsi alla condizione del momento ed affrontarla al meglio.

Ciò richiede l’attivazione di molteplici fattori, fasi, funzioni e tessuti responsivi che devono lavorare in perfetto equilibrio fra loro. Tale reazione si riassume nel responso primordiale di Lotta o Fuga (Fight or Flight) che ha come obiettivo principale quello di proteggersi dal pericolo insito nel contrastare, superare o evitare l’ostacolo. Ma come lo stress influisce sull’apparato stomatognatico?

Stress cronico e patologie orali: una prima visione d’insieme
A proposito delle problematiche orali, e considerando le più conosciute per importanza e frequenza, cioè la parodontite e la carie, va detto che, seppur solo negli ultimi tempi si è cominciata a riconoscere una concreta rilevanza clinica dello stress cronico nell’insorgenza e progressione di queste patologie, esiste da moltissimi anni un’imponente quantità di letteratura sull’argomento.

Gli autori che negli anni ‘60 e ‘70 fecero da pionieri nell’indagare il ruolo dello stress cronico, sostanzialmente di tipo psichico, nell’insorgenza, progressione e gravità, sia della parodontite che della carie, come anche nella loro risposta alla terapia locale, compirono un lavoro essenzialmente di tipo osservazionale, sia su animali da laboratorio che su umani, documentando lesioni tipiche di queste due patologie e di altre lesioni orali che, seppur simili a quelle ad eziologia batterica, erano indubbiamente ed esclusivamente correlate allo stato stressogeno. Nei decenni successivi, ‘80, ‘90 e 2000, con l’avvento della psiconeuroendocrinoimmunologia, disciplina emergente in quegli anni, si cominciò a fare chiarezza sui meccanismi che sono alla base di tali corrispondenze.

Il Cortisolo e l’Infiammazione
Il Cortisolo è l’ormone che per azione e quantità risulta essere il più importante fra quelli prodotti durante lo stress (Cortisolo negli umani e Corticosterone negli animali). La sua azione, nella normalità, è importantissima in quanto necessaria per la regolare attività di molti altri sistemi e tessuti fra cui le principali ghiandole endocrine e i loro ormoni come, per esempio, quello tiroideo e l’insulina. La variazione giornaliera dei livelli plasmatici del cortisolo (andamento circadiano) prevede un’ondata principale mattutina, prima del risveglio, in cui viene secreto il 50% del cortisolo giornaliero totale; al contrario, la sera, si rilevano i livelli minimi di tale ormone con un nadir intorno alle 3,00 del mattino.

Non vengono rilasciati solo ormoni glucocorticoidi (Cortisolo), ma anche Catecolamine (Adrenalina e Noradrenalina), Aldosterone e, più o meno direttamente, tanti altri con un ruolo rilevante nella fine regolazione dello stress.

Se invece si vive una condizione di stress cronico, ciò conduce alla cortisolo-resistenza e alla conseguente disinibizione dell’infiammazione con sviluppo delle patologie ad essa connesse. L’infiammazione che si viene a stabilire è sistemica, cronica, di basso grado e rappresenta la piattaforma essenziale, il denominatore comune, riscontrabile in tutte le patologie cronico-degenerative fra cui, anche, quelle orali.

Stress cronico e risposte immunitarie
Dal punto di vista immunologico la genesi di questo stato infiammatorio è dovuto al fatto, peraltro noto da tempo, che un aumento cronico del cortisolo, parliamo di quello serale in quanto quello mattutino è fisiologicamente alto, crea un dirottamento del responso immune dell’ospite da Th1 a Th2.

Per inciso va detto che esistono tre principali tipi di risposta immune: la T Helper 1, cellulare e citotossica, la T Helper 2, umorale tramite i linfociti B, e la T Helper 3, regolatoria, che funge da modulatore della risposta immune in certe condizioni. In realtà ne esistono di ulteriori, quali per es. la Th17, la Th9, la Th22, ed altre, che però risultano verosimilmente essere esiti disregolatori delle principali tre. Ebbene la risposta Th1 è un’immunità cellulare che risolve le infezioni tramite un’infiammazione acuta utile; la risposta Th2, invece, è un’immunità umorale non risolutiva rappresentata da un’infiammazione inefficace, cronica/subacuta, quindi dannosa che, in quanto tale, instaura uno stato evolutivo di malattia.

L’innalzamento di Il-4 che dà il via al responso Th2, il reale momento causale delle patologie stress-correlate. Tale tipo di responso infiammatorio è tipico di molte patologie orali fra cui, in primis, la Malattia Parodontale.

Stress cronico e malattia parodontale
È accertato da tempo che la malattia parodontale, in tutte le sue forme, presenta un quadro con una complessa rete di sottopopolazioni linfocitarie T polarizzata verso Th2, e che il livello di cortisolo cronicamente alto risulta essere uno dei principali artefici di questa condizione.

Già Genco alla fine degli anni ‘90, con studi mirabili per modalità operativa e dimensione del campione, evidenziò una corrispondenza diretta fra perdita di osso alveolare e livelli di cortisolo salivare, così come altri autori, successivamente, prendendo in esame la correlazione positiva Stress psicologico-Parodontopatia riscontrata in numerosissimi studi epidemiologici, accertarono come essa fosse sempre associata a livelli aumentati di glucocorticoidi.

La parodontite è correlata allo stress cronico non solo a causa del cortisolo, ma anche per altri ormoni prodotti e/o inibiti in questo frangente. Riservando per una trattazione più ampia le variazioni croniche di Aldosterone e Vasopressina (iperincrezione), o di DHEA, Melatonina, GH, Acetilcolina, Dopamina, etc. (ipoincrezione), possiamo rilevare come livelli alti di catecolamine per lunghi periodi contribuiscano alla distruzione dei tessuti parodontali. Infatti, soprattutto l’Adrenalina, ormone esaustivizzante e deleterio se presente in quantità massiva per periodi prolungati, concorre anch’esso alla polarizzazione verso Th2 del responso immune oltre a, cosa fondamentale nelle patologie orali, creare una iperattivazione delle matrixmetalloproteinasi 2 e 9 che avviano, in tal caso, una spiccata azione proteolitica sui tessuti sia per degradazione localizzata della matrice extracellulare, sia per scissione del collagene di tipo IV e della lamina della membrana basale.

Che cosa fare?
Uno studio di pochi anni fa pubblicato sull’International journal of dental hygiene riafferma che i pazienti con parodontite mostrano un responso immune polarizzato verso Th2. Infatti quando l’ospite reagisce ai LPS (lipopolisaccaridi) della placca batterica con una risposta Th2 si instaura la parodontite; se però l’individuo con placca reagisce ai LPS con responso immune Th1, non insorge parodontite. Lo studio poi prosegue asserendo che, se al paziente Th2 si pratica localmente la terapia parodontale non chirurgica, si ha un riassetto verso Th1. Ma i pazienti in cui sono presenti fattori sistemici, fra cui lo stress (anche obesità, cattiva nutrizione e fumo di tabacco), pur se sottoposti a trattamento parodontale non hanno miglioramento poiché permangono in Th2. Quindi, concludono gli autori, la rimozione di questi fattori sistemici, Stress ecc.) deve divenire parte integrante della terapia sia per ragioni di salute generale che per i risultati clinici locali. Per i vari motivi esposti nei paragrafi precedenti possiamo estendere queste conclusioni anche alla carie.

Se nel caso del fumo di tabacco, del sovrappeso e della cattiva alimentazione, le strade da percorrere per giungere alla soluzione del problema sembrano più immediate e chiare, nel caso dello stress cronico appare certamente più arduo il superamento del problema. È senz’altro auspicabile, anche se molto poco probabile, che le cause di uno stato cronico di stress, quali alcune di quelle illustrate nella prima parte di questo scritto, svaniscano tutto ad un tratto come per magia ma, anche ove questa ipotesi remota si verificasse, ci si troverebbe, nella maggior parte dei casi, a dover far fronte ad uno stato ansioso cronico che nel frattempo si è instaurato e che può perdurare anche in assenza di motivi concreti. Dobbiamo insomma sviluppare la nostra capacità di Coping.

Il Coping
Il termine Coping è un concetto fortemente connesso con quello di Stress, anch’esso ampiamente usato nel linguaggio comune: letteralmente significa “cavarsela”, “affrontare con successo”, “gestione attiva”, “risposta efficace”, “capacità di risolvere i problemi”. Fu introdotto in psicologia nel 1966 da R. Lazarus con l’opera “Psychological stress and the coping process”. Indica l’insieme delle strategie mentali e comportamentali messe in atto da una persona per fronteggiare una certa situazione, una situazione di stress. La capacità di coping, come già accennato, si riferisce non soltanto alla risoluzione pratica dei problemi, ma anche alla gestione delle proprie emozioni e dello stress derivanti dal contatto con i problemi. In altre parole, si riferisce sia a ciò che un individuo fa effettivamente per affrontare una situazione difficile e dolorosa per la quale non è preparato, sia al modo in cui si adatta emotivamente a tale situazione. Quindi gestione dei problemi e gestione delle emozioni, due componenti distinte e contrapposte in cui la prima consiste nel cercare di liberarsi del problema; la seconda, nel cercare di liberarsi della sofferenza causata dal problema. Nel primo caso si parla di coping attivo, nel secondo di coping passivo. In generale il coping attivo è più efficace, dal punto di vista dell’adattamento, quando la fonte dello stress può essere modificata o eliminata, mentre il coping passivo lo è quando la fonte di stress non è evitabile o il soggetto non ha alcuna influenza su di essa. Tale suddivisione, valida a livello teorico e didattico, in realtà è puramente virtuale in quanto questi due aspetti coesistono sempre, sono ugualmente importanti e possono essere sviluppati entrambi.

AIRO - www.ricercaorale.it

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