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Sensibilità etico-estetica e suo sviluppo Ruolo di istinto, emulazione ed educazione

Riccardo Ciancaglini

Riccardo Ciancaglini

gio. 7 giugno 2012

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Il concetto classico di bello e di opera d’arte è correlato a regole geometrico-matematiche, e perciò a un “metodo” che in qualche modo limita l’espressività e la libertà del creatore. Nell’arte classica – in particolare in quella rinascimentale – l’artista è spesso anche uno straordinario artigiano, formatosi in anni di tirocinio presso maestri accreditati.

Arte ed estetica sono un tutt’uno nel concetto classico, essendo l’arte il risultato di una tecnica raffinata e consapevole, indirizzata al raggiungimento del bello, che necessariamente comporta apprezzamento e godimento (Fig. 1). Arte, estetica, positività e gioia di vivere sono, esprimono o promuovono stati dell’animo (e della mente), improntati alla serenità e al benessere. Questa condizione di benessere, in accordo con un concetto molto diffuso nelle filosofie orientali, e sempre più presente anche negli stili di vita occidentali, è non solo spirituale e mentale (mind), ma decisamente fisica e, potremmo dire, “materiale” (body).
Coltivare e “nutrire” pariteticamente corpo e mente, costituisce un principio e un modello di comportamento esemplare, perseguito fin dai tempi dei greci e dei romani («Mens sana in corpore sano»). Secondo un concetto ben teorizzato da Aristotele, l’attitudine e la capacità di creare il bello comportano la capacità di interpretare correttamente le regole e l’armonia presenti in natura.
La natura, infatti, è stata ampiamente imitata nell’arte, non solo in quella classica. Ai colori e alle composizioni della natura si sono ispirati recentemente raffinati creatori di moda (Leonard, Pucci, Hermés, Missoni, Etro, Smiline Company) (Fig. 2).
Gli studi più accurati relativi al rapporto geometrico che regola il bello in chiave antropologica (corpo umano e volto) si devono certamente a Leonardo. I suoi infaticabili studi anatomici, condotti spesso di notte e basati su una meticolosa dissezione di cadaveri freschi, hanno prodotto disegni e mappe del corpo umano, corredati da modelli interpretativi che rappresentano pietre miliari per l’anatomia e riferimenti obbligati per lo studio e la pratica dell’arte.
Dopo Leonardo, molti altri studi sono stati condotti sull’antropometria del volto umano (Gynka, Goldstein, Kopp, Ciancaglini), nel tentativo di fornire modelli affidabili per la ricostruzione del volto e del sorriso (Figg. 3-6).
È verosimile che la conformità a queste “leggi di valore”, tuttavia non assolute, possa soddisfare un gusto estetico dominante o prevalente.
Nonostante il riferimento a regole di bellezza costituisca un criterio importante e una ragionevole motivazione all’interpretazione del gradimento – che molte opere d’arte e molti volti di persone celebri sanno suscitare –, appare talvolta difficile spiegare l’apprezzamento di facce che si discostano decisamente da queste regole (Fig. 7).
Il bello e il suo contrario, ovvero il brutto e il ripugnante, sono stati illustrati fenomenologicamente e antropologicamente in modo magistrale da Umberto Eco in due testi ricchissimi di immagini, uno sul bello e l’altro sul brutto, ma la metafora più emblematica del rapporto emotivo che sussiste tra il bello e il brutto resta la favola de La bella e la bestia.
Se osserviamo coppie di immagini davanti a noi con valori estetici molto differenti tra loro è possibile anche, se scorrono rapidamente, orientarsi quasi immediatamente per attuare una scelta tra “la bella” e “la bestia” (Fig. 8).
Il bello non è necessariamente opulenza, come dimostra una piccola e graziosa barca a vela (Fig. 9).
Bello è spesso espressione di ordine, di armonia e, perciò, di funzionalità.
Essere belli o comunque attraenti costituisce un vantaggio o un limite nei rapporti sociali e nel conseguimento del successo nella vita? Esistono al riguardo opinioni assai diverse, dovute principalmente a idee preconcette. Le ricerche sociologiche ben documentate, condotte a tale riguardo, sembrerebbero dimostrare che i belli percepiscano guadagni significativamente maggiori (dal 10 al 20% in più), siano in genere tenuti in maggiore considerazione, siano percepiti come più simpatici e, se condannati giudiziariamente, vengano loro inflitte pene più lievi.
Un quesito molto stimolante può essere quello dell’origine del gusto estetico.
Innato o indotto dall’educazione e dalla cultura (compresa la consuetudine e la “frequentazione”)? E, inoltre, quali epoche della vita (età) sono più ricettive all’influenza estetico-educativa?
Se ammettiamo che il neonato esprima esclusivamente comportamenti dovuti all’istinto (innati), possiamo ritenere che, immediatamente dopo la nascita, non sia ancora presente una definita capacità di identificare il bello, in quanto l’esposizione a immagini gradevoli, che verranno in seguito (prima infanzia) fissate più a lungo, non determina comportamenti dissimili dall’osservazione di quelle sgradevoli.
Perciò il gusto estetico sembra attestarsi qualche tempo dopo la nascita, anche in rapporto alla frequentazione, intesa come frequenza di esposizione al bello. La reiterata esposizione a immagini gradevoli rinforza la tendenza a fissarle più a lungo (Judith Langlois).
Ciò che del volto e del corpo umano sembra riscuotere maggiore apprezzamento sono occhi grandi e ben distanziati, labbra piene, naso e mento piccoli e ben conformati (Victor Johnston, David Perrett), proporzioni corporee coerenti con un modello “a clessidra” (rapporto vita-fianchi: 7/10) (Devendra Singh).
Anche bambole che presentano proporzioni armoniose in accordo con i suddetti parametri sembrano maggiormente gradite.
Il sesso maschile sembra comunque prediligere alcune specifiche caratteristiche del volto e del corpo femminili, oltre agli occhi e al naso, e in particolare la qualità della pelle, la forma e il turgore delle labbra, secondo alcuni in rapporto a un’identificazione di oggetti del desiderio sessuale e, perciò, in rapporto a un’istanza evoluzionistica (Don Symons).
Il gusto per questi caratteri antropologici ben definiti sarebbe però influenzato da modelli etnico-culturali diversi (le donne messicane e peruviane sono più gradite se di taglia forte) (Douglas Yu, Glenn Shepard).
Il ruolo che l’educazione può svolgere nella definizione del gusto e del senso del bello può perciò essere assai importante anche se, per quanto la ricerca abbia fornito contributi interessanti a tale riguardo, l’aneddotica resta il riferimento dominante. Il gusto e la sensibilità sono soggetti a una così ampia mole di variabili (genetiche, psicologiche, etnico-culturali, religiose ecc.) che è impossibile formulare modelli sperimentali esaustivi.
L’affinità etnica sembrerebbe giocare un ruolo favorevole nella scelta di modelli estetici condivisi per tradizione e frequentazione. Allo scopo di stabilire questo assunto, e di verificare il tipo di “bello” dento-facciale indipendentemente dal sesso, abbiamo condotto un’indagine presso gli studenti del corso di laurea dell’Università degli Studi di Milano.
Settantacinque studenti di età compresa tra i 20 e i 25 anni, discretamente omogenei per appartenenza a classi socio-economiche e culturali, hanno visionato circa 190 fotografie di facce di giovani di età compresa tra i 15 e 20 anni, appartenenti a razze differenti pariteticamente rappresentate (mongola, negroide e caucasica). Come campionario è stato utilizzato un volume di fotografie di facce realizzate da Oliviero Toscani (Fig. 10), che rappresenta forse il “giacimento di immagini” di volti umani più esauriente che è stato possibile reperire in letteratura, e che costituisce un esemplare modello di ricerca socio-antropologica. Ciascuna faccia è stata loro mostrata per circa un minuto, in modo che ciascuno studente potesse esprimere un giudizio di gradimento espresso con scala docimologica (da 0 a 10) su una scheda di registrazione (Fig. 11).
È interessante notare come la stessa indagine condotta per due volte, a cinque anni di distanza, abbia espresso un primo classificato di razza similare a quella degli intervistati (caucasica) nella prima indagine, e di razza invece differente (negroide) nel test condotto successivamente. Ciò sembrerebbe avvalorare l’ipotesi di un cambiamento di gusti e tendenze correlato con la crescita di una società multietnica.
In un volume pubblicato nel 1990, ho cercato di codificare e sistematizzare tutte le indicazioni che ho ritenuto rilevanti per una corretta riabilitazione dento-facciale.
Una regola che ritengo di estrema importanza, e che non sempre è tenuta a mio avviso in adeguata considerazione, è quella della “coerenza” della linea del sorriso (Fig. 12).
Il parallelo andamento della linea più o meno concava (verso l’alto) della linea descritta dai margini incisale e occlusali dei denti dell’arcata inferiore con quella del labbro inferiore a livello del bagnasciuga (transizione dalla mucosa alla pseudomucosa del labbro), può notevolmente influenzare la percezione di armonia del sorriso, e perciò del volto, a livello del suo terzo inferiore.
Questo parametro non sembra essere conosciuto da molti fotografi e pubblicitari, che propongono icone e modelli che esibiscono sorrisi del tutto inappropriati a tale riguardo. L’arte antica sembra invece, già in epoca greco-romana, consapevole di questo parametro, come dimostrano esempi di scultura dei musei archeologici di Napoli e Baia (Figg. 13-15).
Sembra paradossale, ma il mondo degli opinion leader fornisce due esempi di inusuale coerenza e incoerenza del sorriso in due coniugi molto noti della comunità internazionale (Figg. 16-17).
La coerenza dento-labiale, che rappresenta un parametro essenziale per armonizzare il terzo inferiore della faccia, viene sistematicamente disattesa da molti chirurghi plastici che operano esclusivamente sul volume delle labbra, alterandolo, per ricercare una stereotipata omologazione della morfologia labiale, del tutto incoerente con la linea del sorriso. Il prodotto è una improbabile e innaturale versione standardizzata di volto “senza sorriso”.
La nostra esperienza ci orienta a suggerire uno studio molto individualizzato del sorriso coerente, non solo con la postura corporea globale e con quella cranio-cervicale, ma anche con l’età del soggetto, la sua personalità e le specifiche caratteristiche dell’anatomia labio-facciale.
Quando l’obiettivo è il recupero estetico-funzionale, che deve essere attuato con un restauro o una vera riabilitazione, lo studio preliminare deve basarsi sulla simulazione “solida”, ovvero attuata con materiali sintetici rimovibili (resine composite), evitando simulazioni virtuali (CAD). La simulazione che proponiamo dovrà trovare il consenso e l’apprezzamento da parte del paziente, reso informato e consapevole del progetto attraverso un’accurata documentazione fotografica (Fig. 18).
La stimolazione propriocettiva (tattile) del labbro, attuata dal margine dentale restaurato, è in grado di condizionare forma, simmetria e volume del labbro stesso in modo assai più fisiologico e durevole rispetto alle metodiche di filling (Fig. 19). Questa, che abbiamo definito solid beauty dento-facciale, si propone a pieno titolo come alternativa naturale e razionale alla liquid beauty dei riempimenti e delle trazioni (lifting), che talvolta vengono proposti senza neppure prevedere un restyling del sorriso.
La nostra opinione è che il chirurgo plastico e il dentista debbano operare solo dopo avere esaminato con accuratezza il caso, con reciproco rispetto e umiltà, per decidere convenientemente i tempi e le modalità del mutuo intervento.
Vivere in una dimensione estetica significa essere consapevoli del valore del bello non solo come mezzo di appagamento spirituale (per conseguire gioia di vivere), ma di come il principio estetico abbia un intrinseco valore etico. Non si può apparire belli o creare il bello senza pensare di suscitare negli altri delle emozioni.
Il bello della persona (aspetto, fisicità, abbigliamento, ma anche gestualità, postura e comportamento) ha un indubbio valore comunicativo e sociale, e come tale può fortemente influenzare la qualità di un rapporto.

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L'articolo è stato pubblicato sul numero 2 di Cosmetic Dentistry 2012.

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