L’aumento del volume osseo del seno mascellare è una tecnica di frequente utilizzata in ambito implantare. La tecnica, presentata da Tatum nel 1977 e pubblicata da Boyne e James nel 1980, consiste nell’elevare la mucosa sinusale dal pavimento del seno mascellare e nel posizionare del materiale da innesto per ottenere un volume osseo sufficiente al posizionamento immediato o tardivo degli impianti.
Si tratta di un procedura chirurgica sicura e predicibile la cui complicanza intraoperatoria più comune è la perforazione della membrana di Schneider, che può verificarsi durante l’osteotomia o durante lo scollamento della membrana1,2. Durante la Consensus conference sul rialzo del seno mascellare nel 1996 sono state stabilite delle linee guida per il posizionamento degli impianti in mascella basate sull’altezza dell’osso residuo3. Sono state quindi identificate 4 classi:
1. classe A: osso residuo > 10 mm, si può procedere con il protocollo implantare classico;
2. classe B: osso residuo 7-9 mm, si può procedere con il rialzo di seno mascellare per via crestale con contestuale posizionamento implantare;
3. classe C: osso residuo 4-6 mm, si può procedere con il rialzo di seno mascellare per via laterale con posizionamento implantare contestuale o tardivo;
4. classe D: osso residuo 1-3 mm, si può procedere solo con il rialzo di seno per via laterale con posizionamento implantare tardivo.
Lo scopo di questa case series è descrivere un nuovo approccio chirurgico per il grande rialzo di seno mascellare (classe D) attraverso l’utilizzo degli ultrasuoni per la realizzazione dello sportello osseo, degli emocomponenti associati a un biomateriale per la rigenerazione ossea e del contestuale posizionamento implantare.
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