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Quale protesi e quale odontotecnico. Intervista al prof. Loris Prosper

Prof. dr. Loris Prosper
P. Gatto

P. Gatto

gio. 3 settembre 2015

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La redazione di Implant Tribune e Lab Tribune, nel corso di un congresso a Bologna, ha incontrato il prof. dr. Loris Prosper, odontoiatria con oltre 40 anni di esperienza, odontotecnico prima e clinico in seguito, continua ancora a esercitare l’arte dell’odontotecnico. In tutti questi anni ha sviluppato un elevato livello qualitativo nell’ambito della protesi estetica, sia su elementi naturali sia su protesi implantari. La sua relazione ha ispirato questa intervista che proponiamo ai nostri lettori.

Professor Prosper, lei come riesce a coniugare la parte clinica con quella tecnica?
Nonostante abbia conseguito la laurea, quotidianamente mi ritaglio sempre del tempo per realizzare alcuni lavori che mi interessano più come tecnico che come dentista, ho deciso di dedicarci due giorni alla settimana. Il motivo, molto semplice, è l’essermi accorto che “per me” era meglio fare l’odontotecnico. La protesi fissa, in fondo, è parecchio frutto del laboratorio. Inoltre, non si hanno i piccoli fastidi legati alla gestione dei pazienti. I modelli in gesso non sono ancora in grado di lamentarsi, non ti dicono continuamente sciocchezze o altro, e poi è molto più creativo come lavoro, e certamente più affine alla mia natura.

Come sceglie il suo odontotecnico?
Mi piace far palesare agli odontotecnici il meglio della propria specialità. Un protesista vero deve dare l’input e l’informazione. L’odontotecnico non è obbligato a essere un tuttologo: è importante che sia uno specialista. L’odontotecnico è il più bel biglietto da visita per uno studio dentistico che si reputi serio, l’odontotecnico non deve stare nascosto ai margini, per uscire solo quando ci sono i problemi.

Tutto parte dal piano di trattamento?
Fare un piano di trattamento è una delle cose più difficili in medicina. Dobbiamo sempre dare al paziente la possibilità di scegliere tra un piano di trattamento costosissimo e un’alternativa seria, decorosa ma meno costosa. L’importante è controllare la condizione parodontale del paziente: perché la gestione e la salute dei tessuti di supporto del dente (osso e gengiva) devono rappresentare solide fondamenta e un’adeguata cornice a tutta la riabilitazione protesica. Qualora il protesista non si senta all’altezza, conviene far sottoporre il paziente prima di ogni intervento protesico a un collega che si occupi di parodontologia.

Protesi su impianti o su denti naturali?
Il consulto della prima visita è molto importante, perché dobbiamo essere sicuri che il paziente accetti il piano di trattamento, specie oggi che molti hanno anche problemi economici. Meglio dare anche un’alternativa scegliendo tra protesi su dente naturale e protesi su impianti.

In questi anni c’è stata molta richiesta di scheletrati?
Penso che non sono mai mancate le richieste. Certo, in questo momento di crisi le richieste di scheletrati sono ritornate ancora di più presenti nei nostri studi. Fare bene gli scheletrati non significa tornare indietro! L’importante è lavorare con lo stesso impegno di altri lavori, non sarebbe nobile per un clinico trattare un paziente come un caso di “serie B” solo perché il suo stato economico è precario, a volte i clinici dovrebbero tenere bene a mente il giuramento di Ippocrate! Quindi, dare la possibilità a tutti i pazienti di poter mangiare e di potersi relazionare senza alcun problema.

A suo parere ci sono delle condizioni che possono portare il clinico a consigliare un progetto di protesi rimovibile?
Ritengo che allo stato attuale una delle motivazioni che portano il paziente a decidere di dover fare queste protesi amovibili è principalmente la parte economica, perché purtroppo statisticamente il 60% della popolazione italiana non va ancora dal dentista, sarà per la crisi o saranno i costi eccessivi per ottenere questi lavori costosi. Anche noi clinici dobbiamo andare incontro al paziente e deve esserci sempre un aspetto umano. Una delle cose che vorrei chiarire è che in questi casi è proprio la figura dell’odontotecnico a essere importante per affrontare qualsiasi tipologia di protesi e soprattutto la protesi amovibile, la quale non è certo minore di certe protesi fisse e tanto meno di alcuni lavori implantari fatiscenti.

Professor Prosper, che cosa pensa della gnatologia?
Per garantire la durata di un lavoro nel tempo, ho potuto constatare in tanti anni quanto sia necessario dare importanza alla funzione, perché prima di tutto i denti artificiali devono “funzionare” correttamente e non provocare patologie a livello dell’articolazione temporo-mandibolare. Questo progetto occlusale, deve tenere in considerazione anche l’odontotecnico. Il controllo occlusale deve continuare poi nel tempo. L’estetica viene dopo la funzione.

Professor Prosper, lei insiste sempre su quanto sia fondamentale fare cose semplici.
Assolutamente! Bisogna fare cose semplici: più le cose sono difficili meno sono prevedibili le conclusioni.

Con i vostri studenti su quale aspetto insistete di più nell’insegnamento?
Noi insegniamo agli studenti come fare una buona diagnosi e un piano di trattamento. Ma certamente molto di più. La protesi, secondo la mia esperienza, è una delle specialità più dure e più lunghe, ma la cosa più importante, da parte mia, è avere molta umiltà e tanto rispetto per il paziente.

Quanto tempo deve rimanere un provvisorio?
Non bisogna avere mai fretta di fare il definitivo. Il provvisorio deve rimanere almeno per un periodo minimo di tre mesi. La gestione del provvisorio ha dei tempi molto più lunghi alla poltrona e nulla va trascurato: ribasatura, forme, marginatura, lucidatura e cosa importante, la cementazione. Solo così si potrà ottenere protesi con una riproduzione biologica identica al campione naturale.

Grazie per l’intervista.

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