DT News - Italy - Progetti Aio nei tre anni del mandato Delogu

Search Dental Tribune

Progetti Aio nei tre anni del mandato Delogu

Pierluigi Delogu, presidente Aio.
P. Gatto

P. Gatto

mar. 2 luglio 2013

salvare

Introducendo il Congresso a Porto Conte (Alghero), Pierluigi Delogu, presidente Aio, definisce il 2013 “anno della prevenzione” in collaborazione con il Ministero della Salute per un’ampia divulgazione delle linee guida.

“Abbiamo l’orgoglio - dice - di portare avanti gli ideali della nostra professione”, su un tema congressuale che si identifica sostanzialmente nel raccordo tra medicina e odontoiatria. Per riprendere le parole di Seeberger, “l’Aio vuole far evolvere l’odontoiatria nella medicina e la medicina nella odontoiatria”. Su questi temi e sul programma triennale abbiamo interpellato Delogu.

Perché Aio ha scelto Alghero e Porto Conte in Sardegna per il congresso?
Abbiamo voluto valorizzare il territorio e le caratteristiche della Sardegna oltre che l’aspetto scientifico. L’organizzazione generale è stata fatta per dare valore al territorio e respiro extra odontoiatrico. Ottimo il risultato della regata velica nelle giornate precedenti il congresso: oltre 5000 euro devoluti in beneficenza. Aspetto giustificativo della regata, la beneficenza ha un collegamento con il congresso e con il nostro programma politico che punta alla prevenzione. Abbiamo fatto una grossa proposta che rilanciamo, ovvero l’istituzione di un voucher per la prevenzione assistita in favore di chi ha risorse economiche limitate (sotto gli 8mila euro di reddito Isee) coinvolgendo la parte politica. Una proposta promossa da Aio ed estesa a tutti i professionisti. Non così esosa per lo Stato e coinvolgerebbe da un quinto o un sesto della popolazione.

Mi spieghi meglio: una prevenzione gratuita?
No, non esattamente. Proponiamo l’istituzione di un voucher a carico dello Stato e dei dentisti. Costoro avrebbero un rapporto collaborativo con lo Stato e le istituzioni per i redditi sotto gli 8000 euro Isee. Probabilmente bisognerà stabilire una tariffa. Il voucher potrebbe essere un contributo in denaro o una defiscalizzazione. Ma siamo solo, per ora, in una fase propositiva.

Però al di là di tutto, mi pare che la popolazione non abbia un’informazione e la cultura della prevenzione. Come crearla?
Su questo punto la strategia è su tre linee. Dapprima creare consapevolezza della professione per quanto riguarda la prevenzione, per dare un aiuto al cittadino, seguendo tutta la popolazione anche quella meno abbiente. Tra queste due linee si inserisce la comunicazione, tra le due parti, delle linee guida, divulgate in modo massiccio, con folder informativi per i pazienti negli studi e nel futuro per i medici di medicina generale. Il tema del congresso “Correlazioni tra patologie sistemiche e patologie di odontoiatria” va nella direzione della consapevolezza del medico. Quando occorre intervenire? Quando la malattia non c’è ancora. Stiamo cercando collaborazioni anche con i medici di medicina generale, per arrivare poi a quelle con i medici dell’area pediatria. Non vogliamo che la formazione sia fatta da loro necessariamente, l’importante è che sia fatta bene.

Quando finirà il suo mandato?
A dicembre.

E sarà rieletto?
Bisogna vedere se mi ricandido. Teoricamente è possibile per statuto. Di fatto non è mai successo.

Qual era ed è il progetto politico?
C’era un programma e una visione nel mio mandato ben precisi che stiamo seguendo. Nel primo congresso politico abbiamo parlato di etica nella professione, ovvero della consapevolezza del ruolo del professionista, di cosa sia la professione e in che cosa consista la massima attenzione verso il paziente Nel secondo congresso abbiamo parlato di qualità, dove per tale termine si intende non solo quella tecnica (che non è scontata) bensì quella globale nel rapporto con il paziente e di cui non si parla in tutti i congressi. Di qualità nel rapporto con i dipendenti, con le istituzioni, nelle proposte ai politici di entrambi gli schieramenti che sono stati molto interessati al mio discorso. Sono sicuro che se riusciamo a metterci insieme ai medici di medicina generale e ai pediatri, significa porsi come medici con le società che li rappresentano, con le istituzioni governative, e questo sarà un altro biglietto da visita.

Ma l’anamnesi è ancora una barzelletta in tanti studi.
Stiamo lavorando anche in questo senso. Non riusciremo a fare un cambiamento culturale repentino, ma questa è la strada. Inoltre parliamo la stessa lingua anche con altre associazioni di categoria. Adesso anche con il Collegio docenti, che sulla prevenzione sta lavorando in modo serio. Il Servizio Sanitario pubblico deve essere efficiente per garantire autentiche priorità per i pazienti. Se ci si concentra solo su implantologia e faccette in ceramica, questo non significa fare efficienza ed individuare priorità vere ed urgenze della popolazione. Noi siamo un presidio sanitario privato capillare sul territorio come solo le farmacie forse possono vantare e lo mettiamo a servizio della popolazione. Per questo sulla prevenzione, potremmo pensare a un servizio concordato.

Insomma come in Germania?
Attenzione io sto parlando solo della prevenzione...

E le urgenze?
Dobbiamo fare altri ragionamenti e strutturare un’organizzazione dettagliata, il che risulta difficile a livello nazionale. A livello locale potrebbero esserci alcune possibilità. Facciamo però un passo indietro: dobbiamo stabilire quali sono le urgenze da garantire e con che tempistiche, come ricreare la fiducia del cittadino.
Questa la nostra finalità. L’altro aspetto molto più venale è far capire il distinguo tra offerta professionale eticamente guidata e quella commerciale. In queste realtà l’aspetto organizzativo prevale su quello medico-sanitario.

Ma non potrebbero esserci ottimi medici anche in questi centri?
Importa il taglio che si dà al centro. L’aspetto organizzativo prevale su quello medico-sanitario, poi chi ci lavora dentro può essere il migliore del mondo. La promozione di queste società è l’offerta commerciale di un prodotto finito. Il fine del dentista non è mettere l’impianto ma curare il paziente. Il messaggio (ma anche intenzione) che in realtà passa è: io ti devo mettere un impianto.

La prevenzione può riportare pazienti nello studio?
La conseguenza è far arrivare più pazienti ma si parte da altro punto di vista. Curare meglio vuol dire occuparmi più della prevenzione. Ma se si lavora solo per portare pazienti in studio, si parte male.

Quale il pensiero verso i fondi integrativi e le assicurazioni? Ci sono preclusioni?
No. Potrebbero essere un’intuizione vincente ed efficace. Quel che combattiamo è la “gabbia” del fondo integrativo da correggere. Deve lasciare la libera scelta del curante secondo il requisito di un libero rapporto economico tra le parti. Non accetteremo tariffe ma convenzioni di tipo indiretto, come ad esempio anche il voucher; l’obiettivo è di non precludere la libertà del paziente. Quindi: assistenza indiretta e non, integrando eventualmente il rimborso del fondo. Inoltre, il paziente può andare dal dentista che vuole e con cui ha un rapporto fiduciario. Per quanto riguarda le assicurazioni, non possiamo accettare convenzioni dirette, ma in realtà questi gruppi non sono affatto interessati a intervenire: a loro non conviene. Diverso è per i fondi integrativi che possono permettersi d’essere anche in perdita. Per concludere, il modello convenzione diretta è troppo vincolante sia per noi che per i pazienti.

E con le altre parti come sono i rapporti?
Non dobbiamo lavorare in difesa ma attaccando con proposte continue. Se non diventi protagonista ti succede quello che non vorresti e il futuro ti travolge: se parliamo di crisi, la crisi arriva. Noi dobbiamo contribuire come professione a fare in modo che la società cambi. Qui si aggancia il tema del prossimo congresso politico del 23 novembre a Roma sulla sostenibilità del sistema professionale e sulle ipotesi di odontoiatria futura a chilometro zero. Non è un problema dell’odontoiatra essere a tutto tondo un medico, ma della comunicazione e dell’ascolto del paziente da parte di tutti i medici. Una capacità che dovrebbero avere più di chiunque altro. Da tre minuti di ascolto puoi trarre tante conseguenze per il piano di trattamento, probabilmente più del 70%. Dobbiamo tornare ad ascoltare i pazienti, ma anche i collaboratori, e perché no, la famiglia.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 7+8 di Dental Tribune Italy 2013.

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement