La terapia endodontica si basa sul concetto “shaping for cleaning”, che prevede allargamento e sagomatura dei canali radicolari con strumenti manuali e/o rotanti a una dimensione sufficiente per permettere un adeguato flusso di irriganti sino alla zona apicale e la sua otturazione1.
La strumentazione dei canali
La strumentazione canalare non lavora uniformemente sulla superfice canalare e alcuni studi hanno riportato che più del 35% della superfice canalare non risulta toccata dagli strumenti2; conseguentemente dentina potenzialmente infetta può rimanere nel canale radicolare sino alla sua otturazione. La moderna endodonzia è orientata verso l’utilizzo di leghe metalliche più performanti per elasticità e sicurezza, che semplificano e riducono il numero di strumenti utilizzati, rendendo la terapia endodontica di qualità più accessibile ai non specialisti. Studi recenti sull’utilizzo di queste nuove leghe non hanno peraltro riportato la soluzione del problema dell’incompleta strumentazione della superfice canalare3,4.
L’irrigazione dei canali
Va qui menzionato un vecchio aforisma enunciato da Herbert Schilder che ricorda che, ai fini del successo della terapia endodontica, sia più importante «quello che si toglie, di quello che si immette» nel sistema canalare. In questo senso, più della strumentazione, è l’irrigazione canalare che risulta passaggio fondamentale per il successo della terapia. Questo non dipende quindi solo dal sondaggio con diversi strumenti alla corretta lunghezza di lavoro e dal posizionamento del cono di guttaperca all’apice anatomico, ma sono soprattutto lo svuotamento, la detersione, disinfezione e otturazione di quanto tridimensionalmente sta intorno al canale principale preparato, a determinare la riuscita della terapia. Un flusso costante di irriganti aiuta a dissolvere il tessuto organico infiammato e/o necrotico, a disinfettare le pareti del canale da batteri/biofilm e a detergere le pareti canalari da detriti e fango dentinale ed è quindi essenziale per il successo terapeutico.
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