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Paziente condannata: due perizie ufficiali (CTU) a suo favore e problema clinico irrisolto

M. Turani

M. Turani

lun. 15 maggio 2017

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Mario Turani, medico odontoiatra e odontologo forense presso il Tribunale di Bergamo, riferisce di un caso in cui ha operato come Consulente di parte (CTP).

Storia clinica: nel mese di gennaio 2013 R.C. di professione operaia richiede una visita peritale a carattere odontoiatrico nel contesto della quale vengono eseguiti fotografie endorali, impronte studio, OPT e valutazione posturale. Riferisce di essersi recata nel giugno 2010 presso la Struttura odontoiatrica XX per una dolenzia al dente 31. Visitata dal titolare della struttura (che dai documenti agli atti non risulta quale figura sanitaria) viene convinta ad intraprendere un piano di trattamento più esteso consistente in 8 impianti e corrispondenti corone in metallo-ceramica. Le viene prospettato, verbalmente, un preventivo € 19.560 scontato a € 15.000.
La paziente asserisce che il giorno dell’inserimento di aver constatato con sua sorpresa che l’operatore chirurgico era persona diversa da quella/e fino allora incontrate, e comunque mai conosciuta né presentata in precedenza. Vengono inseriti gli impianti ed attesa la corretta osteo-integrazione, vengono confezionati gli elementi protesici definitivi. Da subito tuttavia iniziano a manifestarsi problemi quali “schiacciamento” delle guance fra le arcate dovuti a mancanza di contatto protesico posteriore, eccessivi spazi fra gli elementi protesici con conseguente ristagno di cibo e difficoltà alla detersione, oltre all’alitosi. Il tutto aggravato da dolore muscolare, anche a riposo, con irradiamento disfunzionale ATM monolaterale complicato da cervicalgia e cefalea, di probabile eziologia muscolo-tensiva, mai sofferta in precedenza.
Tale situazione obbliga la paziente a sottoporsi a terapie di carattere farmacologico, complicazioni che la portano a rivolgersi ripetutamente presso la Struttura per ottenere una pronta risoluzione. Numerose e costanti problematiche la costringono a ripetute sedute di controllo (rivelatesi però assolutamente palliative ed inconcludenti), finchè sofferenza costante, unitamente alle somme spese e alla mancanza di una prospettiva risolutiva la spingono ad aprire un contenzioso.

Considerazioni medico legali: premesso che alla paziente non viene consegnato alcun documento clinico, né durante né al termine delle cure, in parte perché mai prodotto, in parte, carente e palesemente fazioso prodotto solo in seguito nel contenzioso, viene chiesta ed espletata la CTU, col sottoscritto in qualità di CTP per la paziente. Nel corso dei lavori peritali l’evidenza clinica viene in ogni modo mistificata, screditando quanto dichiarato dalla paziente, persona peraltro di modeste condizioni sociali e culturali.
Due esempi: 1) agli atti compare un nuovo preventivo, mai visto dalla paziente, sfornito di sottoscrizione, aumentato inspiegabilmente di 6000 euro, dove si indicano interventi di rialzo del seno mascellare (?), di innesti gengivali anch’essi mai eseguiti, ma soprattutto mai documentati nè da Rx o Tac o da altro esame strumentale 2) La CT di controparte, medico legale universitario, dichiara che la mancanza di contatto inter-occlusale dei settori posteriori (una delle contestazioni più marcate ed evidenti) rappresenta la corretta funzione protesica, a suo dire protettiva, citata e confermata da corrente e numerosa letteratura (?).
Il CTU nominato, odontoiatra e medico legale, conclude la propria relazione sconfessando ogni punto di controparte e dando così piena ragione alla paziente, ma seppur in assenza di una benché minima reale motivazione oggettiva, viene inspiegabilmente chiesto il rifacimento della CTU con altro consulente. Richiesta accolta dal Giudice che accorda una seconda perizia ufficiale. Il nuovo CTU, ancor più del precedente, riconferma le ragioni della paziente esprimendosi in modo perentorio nei confronti dei consulenti di controparte e sottolineando la pretestuosità e la mancanza di elementari criteri di obiettività odontoiatria.
A fronte di un preventivo scontato di 15 mila euro la paziente aveva versato complessivamente la somma di 11 mila euro ricevendo fatture solo per 7 mila. Nella perizia di parte è stato chiesto un importo di 12.400 come danno emergente, per la restituito ad integrum, unitamente alla restante parte di danno da quantificarsi. Il Giudice dà invece ragione alla Struttura odontoiatrica obbligando la paziente al pagamento di 3 mila euro più le spese, nonostante due CTU si siano dichiarati a favore e, cosa curiosa, due interventi di rialzo del seno senza alcun elemento radiografico e soprattutto consenso, oltreché alcuna evidenza clinica dell’esecuzione. Inoltre nessuna menzione viene fatta della figura non abilitata all’attività sanitaria che la paziente identifica come titolare della Struttura.

Conclusione: nonostante le cure siano state avviate nel 2010, la paziente a tutt’oggi non ha ancora potuto provvedere alla risoluzione delle sue problematiche odontoiatriche, né forse mai lo potrà fare.

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