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Odontoiatra e odontotecnico sfida congiunta col digitale

G. Del Mastro

G. Del Mastro

gio. 18 maggio 2017

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Un odontoiatra attento al futuro ma in grado di fermarsi a meditare anche nello scorrere veloce dei ritmi dello studio. Con Denis Poletto da Pordenone, segretario culturale nazionale AIO, riflettiamo sui prossimi risvolti della professione con una voce meno “ingessata” di quelle che si è soliti ascoltare sui palchi dei congressi. Giovedì 18, a Expodental Meeting l’incontro di Poletto nella Sala Congressuale del Padiglione 3 assieme all’odontotecnico R. Franco sul tema “Come cambiano in termini qualitativi e quantitativi le figure dell’odontoiatra e dell’odontotecnico con l’avvento del digitale”.

Un argomento di sicuro impegnativo da trattare in poco tempo. Cosa vi ha guidato nella scelta di questo titolo?
Quella a cui stiamo assistendo è un’effettiva rivoluzione che non considera solo strumenti digitali ma una digitalizzazione della vita di tutti i giorni; la scomparsa di alcuni strumenti di uso quotidiano solo qualche anno fa, come le semplici pagine gialle, ha portato trasformazioni precipitate a cascata anche nel mondo odontoiatrico, alle volte anche in modo traumatico. Quasi come le missioni spaziali, che hanno generato la necessità di nuovi strumenti per la programmazione dando origine quella branca ora molto di moda che va sotto il nome di Project Manager, con più attenzione ai processi produttivi. Anche l’odontoiatria del mondo che cambia, che necessita di una sempre maggiore predicibilità in risultati e tempi, ha dovuto guardarsi intorno e cercare nuovi strumenti. Alcune rivoluzioni collaterali, come l’innalzamento dell’età media e il bisogno, desiderio, diritto di benessere hanno portato a non accontentarsi più di soluzioni considerate fino a qualche anno fa se non proprio ottimali almeno sufficienti.
Si aggiunga che i progressi nelle varie branche mediche, la raccolta dei dati e l’elaborazione dei risultati secondo i principi dell’EBM, associati anche alla potenza di calcolo, hanno reso possibile a tutti le ricostruzioni tridimensionali che possono dare un’oggettiva predicibilità alle riabilitazioni. In un tempo di cambiamento è importante stimolare ragionamenti per poter avere dalla comunità uno stimolo verso la ricerca di futuri possibili. In un mondo sempre più connesso non è pensabile che questo ragionamento possa essere confinato all’interno di una categoria e non di un comparto. Le sfide di ogni giorno comportano l’esigenza di essere attenti non solo nel cogliere gli aspetti di novità, ma nel non dimenticare quello che di buono esisteva in passato.

Una rivoluzione epocale. Quanto è dovuta alla relativa economicità-praticità delle varie metodiche e quanto all’effettiva validità?
La rivoluzione è già avvenuta. Se pensiamo che il primo smartphone è comparso sul mercato solo 10 anni fa e come questo ha cambiato la quotidianità di tutti noi viene da guardarsi indietro e vedere quante trasformazioni hanno toccato ogni aspetto del nostro relazionarsi verso l'esterno. Rivoluzione è un atto di cambiamento che arriva dal basso, avviene senza concertazione e ha come conseguenza il fatto che in un periodo successivo vi siano adattamenti e correzione su situazioni non prevedibili.
La tecnologia ha portato molti aspetti positivi: l’essere costantemente connessi ci facilita nel cercare un ristorante o una strada, un documento, un libro o un'informazione, ma ogni cambiamento comporta una revisione degli equilibri con alcuni elementi portati alla ribalta altri che sembrano destinati al dimenticatoio.
Ogni rivoluzione ha il suo prezzo: nel nostro caso tutti, senza esclusione, siamo più ricchi di informazioni e di strumenti ma più poveri di tempo. Il mondo corre e tutto quello che può facilitare la predicibilità nei processi non è più una scelta ma una necessità.

Puoi farci qualche esempio di passaggi operativi su cui l'integrazione del digitale ha inciso di più?
La tecnologia da un lato, le maggiori informazioni che i pazienti hanno anche attraverso il web (giuste o sbagliate che siano), l’innalzamento dell’età media, hanno portato i clinici a elaborare e realizzare piani di trattamento con complessità impensabili solo dieci anni fa. Le persone arrivano già “imparate” e la necessità di poter avere codici comunicativi condivisi passa necessariamente anche attraverso le nuove tecnologie digitali. Una precisa programmazione richiede inoltre una valutazione costi e benefici da un punto di vista clinico ma anche economico, dovendosi confrontare con il referente odontotecnico in tempo reale per elaborare pianificazioni predicibili, con immagini che solo qualche anno fa avrebbero ben figurato in un film di fantascienza. Strumenti insostituibili per pensare e vedere soluzioni diverse.
La possibilità della trasmissione d’immagini, filmati, o qualsiasi altro tipo di file praticamente in tempo reale in qualsiasi luogo ha cambiato il modo di porsi con l’odontotecnico in modo così profondo da rendersene conto solo quando la rete subisce un blackout. Non è una coincidenza che il 15% della popolazione giovanile alla perdita della connessione manifesti un vero disagio psichico, che rasenta la patologia. Nella maggior parte degli studi il lavoro si ferma quando si guasta l’aspirazione: ora lo stesso accade per i computer.
Stiamo acquisendo un nuovo linguaggio e questo ci può dare delle risorse ma porta con sé anche difficoltà, quando non sentiamo o vediamo alternative.

La curva di apprendimento delle metodiche è molto impegnativa?
Come tutti i nuovi processi richiede costanza e tempo, con tappe che possono essere minimamente forzate. Di qui i percorsi per facilitare l’apprendimento dei nuovi linguaggi: un nuovo modo di pensare e vedere il mondo con lenti diverse. Il digitale è una trasformazione bidimensionale da un mondo tridimensionale e come ogni cambiamento comporta fatica; non ci si può digitalizzare tutto di un colpo.

I pazienti si sono accorti della differenza? Hanno apprezzato?
Viviamo in un mondo ormai digitalizzato, dove le immagini hanno preso il sopravvento sul racconto.
La reazione dei pazienti varia, ma la costante è la curiosità e, rispetto al passato, elemento di differenza: le persone vogliono capire e questo sicuramente facilita la condivisione delle scelte.

Quale futuro ci aspetta “oltre la collina”?
Se guardiamo indietro ci rendiamo conto dell’enormità e delle differenze in tutti gli ambiti della vita professionale e personale; certo è, che la rivoluzione non chiede il permesso per palesarsi ed è importante per un’associazione di categoria cercar di capire per aiutare, fornendo suggerimenti e strumenti anche con nuovi canali di comunicazione a comparti contigui, siano essi l’industria come il mondo odontotecnico.

Qual è la più evidente trasformazione che a vostro parere porterà la digitalizazione?
La velocità, sia nella realizzazione che nella progettazione. L’occhio però deve restare attento sempre e con forza sul soggetto primario, i pazienti. Questi strumenti stanno dando la possibilità di progettare cose fantastiche in modo condiviso, ognuno per propria competenza: sta a noi saper cogliere quest'opportunità.

Che rischi vedete in tutto questo?
Che una parte della categoria s’irrigidisca di fronte a un cambiamento, per paura o perché, chiusi nel proprio studio, non si accorgano di un mondo che cambia. L’odontoiatria sta diventando sempre più tecnica e tecnologica grazie ad investimenti importanti che si possono affrontare se si entra e si costituisce una rete. Un’associazione – lo dice il nome stesso – può fare la differenza per potersi confrontare ad armi pari con quei soggetti forti dal punto di vista economico ma non clinico, che possono fare la differenza sulla breve distanza, come le catene acquisite da fondi d’investimento.

Quali le opportunità?
Molte, non ultima quella che, a fronte di una spinta dall’esterno, la parte della categoria che non rifiuta il cambiamento sappia fare rete e crescere senza paura, nel rispetto delle reciproche competenze e capacità.

Come vedi il futuro?
Il futuro? Il futuro era ieri…

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