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Nasce l'APOS col motto: "La chirurgia orale nel piccolo paziente non è piccola chirurgia"

Maria Clara Moraes (freeimages)
Dental Tribune Italy

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mar. 9 gennaio 2018

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Il 23 e 24 marzo si tiene a Firenze il primo Congresso della neonata APOS (Association Pediatric Oral Surgery), Associazione della Chirurgia Orale Pediatrica presieduta da Roberto Barone. Per delinearne la filosofia e le modalità di azione abbiamo posto alcune domande al neo presidente.

Innanzitutto, quando e per iniziativa di chi è nata l’Associazione?
È nata a giugno 2016 su iniziativa mia, di Carlo Clauser e Angelo Baleani, subito affiancati da un gruppo di professionisti appassionati di questo settore. Dopo decenni di collaborazione con ortodontisti e di attività in chirurgia orale pediatrica, abbiamo sentito l’esigenza di creare un luogo di incontro per chi vuole condividere le proprie esperienze e nuove soluzioni nel campo della chirurgia orale, nel bambino e nel paziente ortodontico.
I temi di interesse per chi pratica la chirurgia pediatrica vengono toccati spesso anche in altre sedi, come le Società di Ortodonzia e di Odontoiatria Infantile: l’APOS vuole offrire l’opportunità di dibattere in dettaglio gli aspetti chirurgici fra professionisti che praticano questa chirurgia, in collaborazione con altri professionisti e le loro associazioni.
Riteniamo che i chirurghi siano più motivati a discutere fra loro i dettagli della diagnosi e della tecnica, e che il frutto di questo dibattito strutturato possa poi essere messo a disposizione degli altri professionisti nelle sedi più idonee. Insomma, l’APOS dovrebbe contribuire a migliorare il livello dei chirurghi, che poi potranno meglio confrontarsi con pedodontisti e ortodontisti.

In apertura del primo Congresso viene fatta una affermazione decisa e eloquente: “La chirurgia orale nel piccolo paziente non è piccola chirurgia” Può spiegarsi meglio?
La chirurgia orale nel piccolo paziente viene spesso sottovalutata. In realtà presenta spesso una serie di complessità dovute ad aspetti psicologici, alla necessità di un approccio multidisciplinare, alle aspettative di crescita, alle patologie specifiche dell’età evolutiva e all’accesso limitato. Tutti questi fattori rendono spesso difficile sia la diagnosi che il trattamento.
Penso all’estrazione di un deciduo infraoccluso a contatto con il pavimento sinusale o con il canale alveolare, associato a un permanente dislocato da recuperare; solo per fare un esempio di una patologia che si presta a essere erroneamente banalizzata.
D’altra parte questa chirurgia è temuta da molti odontoiatri, tanto che i bambini vengono spesso ospedalizzati per essere trattati in narcosi, come se la difficoltà di ottenere la loro collaborazione fosse insormontabile e fosse l’unico problema.

È azzardato dire che tale affermazione potrebbe suonare come il motto del nuovo sodalizio?
Il motto “La chirurgia orale nel piccolo paziente non è piccola chirurgia” è certamente uno dei cardini su cui si poggia l’attività dell’APOS.

Nella presentazione del Congresso si dice che “in questi ultimi anni il bambino ha ricevuto sempre più attenzioni” e che “la pedodonzia ha fatto passi da gigante”. È socialmente cresciuta la figura del bambino o lo sono le sue problematiche interdisciplinari?
In medicina e in odontoiatria, la centralità del paziente è diventata un principio condiviso, ed è specialmente importante nel trattamento dei bambini. Tutte le branche dell’odontoiatria hanno fatto passi da gigante in questi ultimi decenni: pensiamo agli impianti, alla rigenerazione parodontale, ai nuovi materiali, agli strumenti per l’endodonzia.
L’odontoiatria infantile è progredita di pari passo. Se andiamo a guardare in rete, sembra che solo la chirurgia orale sia rimasta ferma a 50 anni fa; e quella pediatrica non fa eccezioni. Noi siamo convinti che anch’essa si stia evolvendo a diversi livelli: capacità diagnostiche, collaborazione interdisciplinare, approccio psicologico e farmacologico, tecniche chirurgiche.
Le capacità diagnostiche, più che per l’evoluzione dell’imaging tridimensionale, sono migliorate per uno studio più attento delle patologie specifiche dell’età. La collaborazione con altri specialisti ha reso più razionale il piano di trattamento globale. L’approccio psicologico deve tenere conto del punto di vista e della reattività particolare del bambino e solo raramente ha la necessità di un supporto farmacologico. Le tecniche chirurgiche vanno ripensate in funzione non solo della patologia e del timing, ma anche dei nuovi strumenti e della necessità di limitare il trauma percepito. Per rispondere alla domanda iniziale, possiamo quindi dire che c’è stata una crescita sociale del bambino, ma che si è affermata anche la maggior consapevolezza della necessità di collaborare da parte dei diversi professionisti coinvolti.

Questo congresso ha qualche caratteristica precipua per la quale meriti di essere ricordato?
Si propone diversi obbiettivi: il primo è dare ai partecipanti informazioni utili per la loro pratica quotidiana. Il secondo è raccogliere i professionisti interessati ai temi della chirurgia orale pediatrica e metterli in condizione di discutere direttamente fra loro. Infine ci auspichiamo di incontrare colleghi che, come noi, dedicano il loro tempo alla chirurgia pediatrica, sviluppando idee e tecniche nuove o comunque interessanti per la nostra comunità. Su questi incontri contiamo di costruire la futura attività dell’APOS.

L’APOS è appena nata: quali altri eventi di rilievo si pone oltre al Congresso nazionale?
Stiamo organizzando per il 2019 una serie di corsi per diffondere questi nuovi principi nella comunità odontoiatrica. Contiamo sulla collaborazione di esperti di odontoiatria infantile e di ortodonzia per affinare, grazie alla loro competenza, i messaggi da costruire per la professione.
La pratica professionale ci ha insegnato che nessuno specialista riesce a mettere perfettamente a fuoco tutti gli aspetti di un caso clinico: è proprio il confronto fra specialisti di campi diversi, ma affini, che può produrre i risultati migliori per il paziente.
Il confronto è un’occasione di crescita, che noi intendiamo valorizzare. Siamo convinti di poter portare un contributo fattivo e positivo all’attività di altre associazioni, che vantano una tradizione importante e competenze diverse: dall’integrazione dei nostri saperi ci aspettiamo un salto in avanti.

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