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L’ortodonzia diagnostica digitale come patrimonio culturale accessibile

G. Perrotti

G. Perrotti

gio. 29 settembre 2016

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La simbiosi fra tecnologia CAD/CAM e mondo odontoiatrico è pari all’avventurarsi in un mondo sconosciuto e capire che il tuo cammino può non fermarsi mai. La tecnica ci dà l’illusione di poter sostituire l’intelligenza umana, l’abilità manuale e il senso dell’estetica con percorsi digitali quasi autonomi.

L’inesperto si affida alla tecnica e si aspetta che le soluzioni siano migliori di quanto la sua esperienza sia in grado di fare. È importante sottolineare il fatto che la tecnologia debba essere considerata il mezzo con cui poter curare meglio i pazienti e non può prescindere dalla conoscenza delle scienze di base. Chi utilizza la tecnologia sa bene quanto sia importante possedere il controllo delle funzioni e non demandare tutto all’intelligenza artificiale. La tecnologia può essere un ottimo supporto per ottenere trattamenti odontoiatrici complessi maggiormente sostenibili, intendendo con questo termine il fatto di arrivare a risultati efficaci ed efficienti per il paziente, con minor impatto clinico e minori costi economici. Così, l’inesperto talvolta rinuncia ad affrontare il mondo del CAD/CAM e dell’odontoiatria digitale per paura di non essere in grado di affrontare i cambiamenti, di non poter sostenere i costi o più semplicemente perché non è sufficientemente curioso. Sì, perché la curiosità è un buon motore per cavalcare l’onda dell’odontoiatria digitale. La curiosità la noti nei colleghi che si appassionano alla tecnologia digitale e si impegnano ore e ore per apprendere e perfezionare le proprie abilità nell’utilizzo di software e macchinari altamente sofisticati.

La curiosità ti aiuta a cercare nuove soluzioni che migliorino la qualità del nostro lavoro quotidiano. Io sono una persona curiosa, e la prima volta che ho visto una ricostruzione tridimensionale di un cranio umano rimasi totalmente affascinata. Vent’anni dopo, la ricostruzione tridimensionale dei tessuti duri e molli del distretto maxillo-facciale ha rivoluzionato totalmente l’approccio diagnostico e progettuale in odontoiatria e in chirurgia maxillo-facciale. Ad oggi, però, l’odontoiatra digitale resta ancora un tool in mano a pochi appassionati.

Un fattore importante da considerare è che il work flow digitale dalla scansione radiologica alla creazione di manufatti protesici o ortodontici non segue un percorso lineare, perché non sono ancora raffinati alcuni sistemi di progressione del lavoro dal progetto alla realizzazione del prodotto finale. Inoltre, è come se fosse un sistema bancario chiuso, incapace di interagire con altri sistemi: i prodotti digitali non sempre possono essere trasferiti e rielaborati da un software all’altro. Quando venne coniato il termine “DICOM” (Digital Imaging and Communication in Medicine) nel 1993, l’obiettivo fu proprio quello di creare uno standard comune per tutti sistemi radiologici per poter visualizzare, comunicare e archiviare le informazioni digitali. Il linguaggio digitale dovrà necessariamente semplificarsi, per diventare sempre più user friendly e consentire alle informazioni di essere elaborate su diverse piattaforme. Le procedure di acquisizione d’immagini, le fasi diagnostiche, progettuali e realizzative del materiale, infatti, dovrebbero seguire un percorso unico semplificato. La visualizzazione dei file DICOM, ad esempio, è vincolata all’inserimento in software dedicati all’elaborazione di immagini. È questo uno dei punti dolens in odontoiatria. Il software è visto ancora come un tool non accessibile, perché troppo complesso o troppo costoso.

Come si nota in corsi e congressi, i relatori mostrano metodiche e protocolli che ai più appaiono una grande vetrina, ma ancora troppo lontani dalla realtà quotidiana del dentista generico, che si trova tutti i giorni ad affrontare la cura dei propri pazienti. Questo fattore sicuramente limita l’utilizzo, soprattutto fra i giovani che dovrebbero essere proprio loro i principali utilizzatori. Io stessa vivo questa contraddizione e mi batto perché l’ortodonzia diagnostica digitale diventi patrimonio culturale accessibile. Mi auguro che, come nella telefonia – il costo di un cellulare nel 1985 era stratosferico mentre oggi si può accedere alla telefonia mobile a costi veramente contenuti –, così accada anche per i software che sono deputati a permettere all’odontoiatra di visualizzare, diagnosticare, progettare per i propri pazienti manufatti precisi estetici, duraturi e soprattutto disponibili a costi sostenibili.

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