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L’ingresso dei fondi sanitari in un sistema ultracompetitivo

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M. Quaranta

M. Quaranta

gio. 29 gennaio 2015

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Il mercato sta cambiando e l’odontoiatria è chiamata a un cambio di prospettiva: l’attenzione passa dall’offerta di cure alla domanda dei cittadini. Con l’ingresso dei fondi sanitari può cambiare davvero lo scenario.

Per combattere quell’opacità che deturpa il sorriso di tanti operatori odontoiatrici dovremmo, tutti insieme, incominciare con lo smettere di pensare all’odontoiatria come a qualcosa di statico e, per rendere più incisiva questa azione, vorrei che tutti noi avessimo il piacere di inforcare un nuovo paio di occhiali. Questo, nonostante buona parte di noi possa avere ancora dieci decimi di vista, ci servirà non tanto per aumentare la nostra capacità visiva, quanto per riuscire a cambiare l’angolazione della nostra visuale e scoprire come non sia più importante focalizzarci sull’offerta di cure, così come da sempre abbiamo saputo fare.

L’offerta è eccezionale, ma lì la lasciamo in un orizzonte temporale di lungo periodo, perché l’hic et nunc è dominato dalla domanda. Ma cosa è cambiato nella domanda che ci impone di analizzarla “qui e ora”? È cambiato che i Fondi costituiti con i Tfr dei dipendenti delle aziende al di sopra di un certo numero di dipendenti, incominciano a disporre di cifre interessanti che presto dovranno essere investite. Evitiamo pure di addentrarci nella politica, ma almeno diciamoci che questi soldi sono in mano ai sindacati e visto che parliamo del Tfr evidenziamoci che qualche Regione si è già anche preoccupata di evitare investimenti a rischio per questi dipendenti d’azienda, chiedendo che almeno il 50% di quei fondi venga investito in sanità. Fin qui tutto regolare. Ma, secondo voi, questi Fondi apriranno qualche ospedale con tanto di pronto soccorso o penseranno più agevolmente di entrare nel mondo dell’odontoiatria per fornire un servizio ai propri assistiti, anticipando loro una parte del Tfr maturato? E per perseguire questo obiettivo, penseranno tout court di aprirsi delle strutture in proprio o cercheranno prima di bussare alla porta degli odontoiatri?

Solleviamo ora la pressione sui Fondi e restiamo concentrati sulla domanda, chiedendoci se, in questa fase magmatica, le assicurazioni staranno a guardare. Se guardiamo Unipol, un esempio che valga per tutti, e leggiamo Unisalute, potremmo già anche rispondere che non sembra che le assicurazioni abbiano tanta voglia di stare a guardare, esattamente come il sistema pubblico (siamo sempre sulla domanda) che ha necessità di dare, in qualche modo, una risposta “politica” al cittadino-paziente nel pieno di questa lunga crisi economica.

Vorrei evitare di infilarmi nel dibattito “promossi e bocciati”, ma davanti a questi radicali cambiamenti del mercato non possiamo più ascoltare i falsi profeti che conducono oramai solo guerre di retroguardia per riuscire a fare in modo che si riesca a concentrarci “insieme” sulla domanda, non fosse altro per capire se quanto sopra è solo il sintomo di una tendenza o un salto al quale non possiamo rassegnarci, perché non vogliamo entrare in un pericoloso stallo. Gli studi odontoiatrici che lo vogliono, possono restare attori e interpreti principali del film che tutti conosciamo, ma devono recuperare fiducia in sé stessi, visto che quella dei pazienti già ce l’hanno, più ancora di quello che si immaginano. Hanno una notevole radicalizzazione sul territorio italiano, anche se solo poco più di un terzo di essi funzionano bene e a discapito della perdurante crisi. Hanno anche una forte immagine istituzionale, ma devono investire soprattutto in questi momenti e non devono sottovalutare l’ipercompetizione perdurante e crescente che la domanda produce, valutandola come passeggera, perché questa ipercompetizione, questa crescita esponenziale della concorrenza, non passa; non solo: lascia il segno.

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