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I fondi di assistenza sanitaria integrativa. Opportunità per un’odontoiatria sostenibile

Valerio Lolini

Valerio Lolini

ven. 25 gennaio 2013

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Ad oggi la spesa sanitaria in Italia si attesta intorno ai 100 miliardi, di cui il 24% totalmente a carico del cittadino. Con l’invecchiamento della popolazione la domanda di prestazioni è destinata a crescere e la componente privata della spesa ad aumentare, data l’impossibilità del sistema pubblico di sostenere la crescita stante i vincoli di bilancio imposti dall’UE.

Attualmente i Fondi e le Casse no profit gestiscono un valore di spesa pari ad alcuni miliardi con circa 5 milioni di assistiti, a fronte di un bacino potenziale di 15 milioni di persone, pari a oltre 25 miliardi. Chiaro quindi che l’assistenza sanitaria integrativa è destinata a svolgere un ruolo centrale nell’evoluzione del welfare nazionale.
Essa è costituita da organizzazioni private che raccolgono, su base volontaria, il risparmio di singoli cittadini o di tipo contrattuale, per fornire prestazioni che integrano quelle assicurate dal SSN, secondo modalità non orientate al profitto.
Il comparto dell’assistenza sanitaria integrativa in Italia è variegato; costituito da circa 516 enti assistenziali, le sue forme organizzative si possono schematizzare così:
- fondi di categoria istituiti da accordi contrattuali tra imprese e sindacati o su iniziativa di associazioni di categoria;
- casse aziendali, istituite su accordi aziendali, riguardano i lavoratori di un’azienda automaticamente iscritti e, su richiesta, i pensionati della stessa;
- Società di Mutuo Soccorso, rivolte a singoli cittadini, a fondi sanitari che vi si associano liberamente.

Le risorse finanziare cui gli Enti attingono per erogare le prestazioni sanitarie derivano da contributi (a carico dell’assistito, del datore di lavoro, oppure ripartiti); donazioni di privati; redditi provenienti dal patrimonio dell’ente.
Un’indagine del Censis indica che le prestazioni più erogate dai Fondi sono nell’ordine: prestazioni odontoiatriche; visite specialistiche; degenza in strutture pubbliche e private accreditate, seguite dai ricoveri in strutture private, dalla diagnostica e dagli interventi chirurgici.
La spesa odontoiatrica in Italia è oggi quasi totalmente a carico del singolo. L’assistenza sanitaria integrativa riveste in questo settore clinico un’importanza essenziale, assorbendo buona parte della spesa “out of pocket” altrimenti a carico del cittadino.
Il fatto che una struttura odontoiatrica sia convenzionata con uno o più fondi d’assistenza sanitaria integrativa le consente questi vantaggi:
- commerciale: la struttura potrà contare su una pazientela molto più ampia, attraendo quelli convenzionati con sponsorizzazione dello studio da parte dell’ente presso i propri assistiti;
- finanziario: lo studio odontoiatrico avrà la certezza della riscossione dei corrispettivi a fronte del servizio di cura, stante la certa solvibilità dell’ente di assistenza integrativa e visti i rigidi controlli sulla consistenza patrimoniale cui è sottoposto ex lege;
- economico: potendo contare su un numero più grande di pazienti (pur scontando tariffe più basse richieste dagli enti con l’applicazione di nomenclatori agevolati), lo studio riesce nondimeno ad assicurarsi la saturazione delle sale e ad abbattere notevolmente i costi fissi dello studio, spalmandoli su un numero crescente di pazienti.

Le strutture possono convenzionarsi con gli enti in due modi: in forma diretta e indiretta. Il convenzionamento diretto implica che l’assistito provveda a pagare solo la propria quota sul prezzo della prestazione, mentre è cura della struttura adempiere alle attività amministrative per il rimborso del saldo da parte dell’ente; nel convenzionamento indiretto, invece, l’assistito salda per intero il prezzo della prestazione e poi provvede a richiederne il rimborso all’ente di assistenza sanitaria integrativa.
Ambedue i modi hanno vantaggi e svantaggi da considerare prima di intraprendere un convenzionamento rispetto all’altro. Quello diretto consente una leva commerciale enorme: del preventivo il paziente paga direttamente solo una parte. Inoltre si risparmia la trafila burocratica del rimborso dell’ente, che in questa tipologia di convenzionamento è totalmente in capo alla struttura; d’altra parte, però, porta ad un aggravio amministrativo nell’aumento significativo del lavoro del back-office, che dovrà non solo provvedere al rimborso, ma anche a un attento monitoraggio delle liquidazioni da parte dell’ente (dai 30 ai 90 giorni) per evitare fabbisogni finanziari troppo onerosi per lo studio.
Il convenzionamento diretto è dunque indicato per quelle strutture che dispongono di personale di segreteria formato e dedicato, o almeno parzialmente dedicato, al lavoro amministrativo che il convenzionamento diretto implica, nonché ad una sufficiente capacità di copertura del fabbisogno finanziario che tale tipologia implica (fidi bancari, dilazioni nei pagamenti da parte dei fornitori ecc.).
Il convenzionamento indiretto è invece indicato per le strutture più piccole o meno strutturate che trattano il paziente convenzionato come qualsiasi altro, scontando solo una marginalità minore dovuta agli sconti, ma beneficiando di un elevato tasso di sostituzione (per un convenzionato che abbandona lo studio ce n’è un altro che lo sostituisce) e di fidelizzazione. L’aggravio amministrativo in questo caso si limita in genere alla compilazione dei moduli richiesti dall’ente convenzionato, che può essere gestito anche dal front-office senza eccessive perdite di tempo.
Indubbiamente il convenzionamento con fondi di assistenza sanitaria integrativa rappresenta oggi un’opportunità enorme che non può essere sottovalutata né tanto meno ignorata da quegli studi che vogliano mantenere un vantaggio competitivo in un contesto di mercato e in un settore sempre più difficile.
Si deve andare verso un’odontoiatria sostenibile: se da un lato il SSN è incapace di soddisfare il bisogno di cura richiesto dall’utenza, dall’altro l’obiettivo per chi vuole crescere in un contesto competitivo in evoluzione è assecondare la richiesta dell’utenza, scontando una minor marginalità delle prestazioni erogate, in cambio di una maggior saturazione delle sale/agende assicurata dal convenzionamento.
Questa scelta tra qualche anno sarà obbligata anche per i più restii al cambiamento. Rappresenterà anche un valido esercizio per lo studio, che necessariamente dovrà improntare la propria gestione a concetti di efficienza economica fino ad oggi spesso trascurati dai professionisti.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Dental Tribune 2013 (gennaio).

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