DT News - Italy - L’importanza della progettazione protesica: un caso clinico di protesi rimovibile su impianti

Search Dental Tribune

L’importanza della progettazione protesica: un caso clinico di protesi rimovibile su impianti

Grande disuguaglianza di anatomia e distribuzione delle ritenzioni tra la vecchia e nuova struttura.
R. Pesavento

R. Pesavento

mer. 23 settembre 2015

salvare

La progettazione protesica ha grande importanza, in modo particolare quando il diario clinico prevede una riabilitazione su impianti. Il case report illustrato qui si riferisce a una paziente insoddisfatta del manufatto realizzato e applicato da non più cinque mesi. Per ovviare al comprensibile stress e insofferenza della paziente, si è cercato di concretizzare il caso con il minor numero di appuntamenti possibili seguendo, comunque, un protocollo operativo collaudato sia in studio sia in laboratorio.

Di prassi, in questi casi, seguendo le regole operative richieste dalla protesi mobile, realizziamo sempre il montaggio preventivo di una protesi totale. Un duplicato trasparente di quest’ultima con gli opportuni punti di repere radiopachi, ci darà la possibilità di eseguire prima una TAC e poi di utilizzare la stessa per la costruzione della dima chirurgica con le indicazioni e le guide utili al chirurgo per posizionare gli impianti.

Caso clinico
Viene esposto il caso di una signora di 57 anni, terza classe scheletrica, portatrice di una protesi totale superiore su 5 impianti con barra, non utilizzata per la ritenzione, e di una protesi totale inferiore con due cappe radicolari.
La paziente arriva all’attenzione dello studio poiché insoddisfatta del lavoro che le era stato eseguito e, come evidenziato dalle immagini, si può comprendere anche perché il manufatto non sia gratificante dal punto di vista estetico, occlusale, funzionale e di comfort.
In particolare, dalla Figura 3, si intuisce il motivo per cui non sono state utilizzate le barre di connessione tra gli impianti per stabilizzare la protesi. Dalla resina a livello dei primi premolari traspare l’ingombro della struttura implantare, per cui attacchi e sovrastruttura metallica in quella zona avrebbero comportato un ulteriore spessore del palato con relativi problemi di ingombro e fonazione (Figg. 1-3).
Vista la posizione degli impianti e la particolare necessità di sostenere esteticamente il profilo della paziente, si è subito evidenziata l’impossibilità di realizzare una toronto bridge, di conseguenza, con il medico, si è optato per una protesi rimovibile su impianti superiore e una nuova protesi totale inferiore ancorata a due cappe radicolari. Per il motivo espresso all’inizio di questo lavoro (stress e insofferenza), abbiamo evitato di eseguire un montaggio della protesi totale prima di costruire la nuova struttura su impianti. La paziente, strano ma vero, era in possesso del modello, dove le era stata conformata la vecchia modellazione, che è stato riutilizzato per la realizzazione di una nuova struttura molto più vestibolarizzata, fino a coprire la papilla incisiva, alla quale sono stati inseriti quattro attacchi Equator e due attacchi Strategy.
A questo punto si segue il protocollo classico per la costruzione di una protesi totale. Si rileva un’impronta panoramica superiore per allestire il porta impronte individuale che servirà per l’impronta definitiva (Figg. 4-7).
Il porta impronte superiore viene bordato su tutto il fornice; si aprono delle finestre in corrispondenza delle viti implantari e nell’impronta viene affogata anche la nuova struttura. Tolta l’impronta si avvitano gli analoghi da laboratorio, si posiziona la gengiva mobile e con un gesso di IV classe si completa il modello master.
Per l’inferiore si è deciso di utilizzare la protesi esistente, adeguatamente estesa e bordata per l’impronta definitiva, che è servita anche per la realizzazione delle cappe radicolari con applicati due attacchi Equator.
Si può notare nella Figura 11 la grande disuguaglianza di anatomia e distribuzione delle ritenzioni tra la vecchia e nuova struttura. Con dei punti bianchi è stata evidenziata la posizione degli impianti (Figg. 8-12).
Una volta analizzati i modelli, si passa alla realizzazione delle basi fonetiche. In studio vengono valutati: il sostegno delle labbra; il profilo; il piano occlusale con l’aiuto del piano di Fox, con il fonema “F” e “V” si individua la posizione degli incisivi superiori e con la lettera “S” quella degli inferiori; determinazione della DVO; e infine si rileva l’arco facciale. In laboratorio i modelli vengono articolati e si effettua il montaggio dei denti seguendo nella sua tridimensionalità il vallo impostato alla poltrona per le varie prove estetiche, fonetiche e controllo occlusale (Figg. 13-19).
Eseguiti tutti i controlli e le verifiche indispensabili, ottenuto il consenso della paziente, si ritorna in laboratorio per completare il montaggio: si modella la sovrastruttura superiore e un rinforzo inferiore e si procede alla finalizzazione delle protesi.
Con l’aiuto del verticolatore, si inizia con la valutazione degli spazi tra barra e i denti.
Sempre valutando lo spazio a disposizione si realizza la sovrastruttura e si saldano al laser i maschi degli attacchi Equator e Strategy (Figg. 20-22).
Opaco sulle strutture metalliche e rimontaggio dei denti con l’aiuto del verticolatore (Figg. 23-26).

embedImagecenter("Imagecenter_1_1941",1941, "large");

Resinatura con la sistematica che prevede l’uso di tre siliconi di precisione per la messa in muffola. Con il silicone si riproduce la parte tissutale della protesi superiore e si prepara un “nuovo modello”, sui denti viene applicato un primo silicone fluido in grado di riprodurre con precisione ogni dettaglio, un secondo a copertura di tutta la protesi e un terzo di riempimento. Per la finalizzazione della protesi inferiore si procede come per la superiore con l’unica differenza che si va in muffola direttamente con il modello in gesso (Figg. 27-28).
A presa avvenuta del silicone si apre la muffola, si praticano il foro per l’iniezione della resina a caldo e il foro di sfogo, sgrassatura e preparazione dei denti e della struttura, chiusura con dado dinamometrico della muffola, iniezione e polimerizzazione. Dalle Figure 26 e 27 si può apprezzare l’assenza di sbavature della resina iniettata dovuta al rispetto del protocollo operativo e alla precisione dei siliconi (Figg. 29-31).
Rimontaggio obbligatorio dopo smuffolatura, anche se rialzi e spostamenti con questa sistematica sono pressoché inesistenti, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. È preferibile comunque fare una verifica, rifinitura e lucidatura (Figg. 32-33).
Consegna delle protesi con la paziente a confronto tra nuove e vecchie protesi (Figg. 34-35).

Conclusioni
Queste ultime immagini rendono comprensibile l’importanza che riveste una corretta progettazione pre-protesica. Avere già chiaro, sia noi ma soprattutto l’utilizzatore finale, ciò che si andrà a realizzare ancor prima di iniziare ogni operazione, può essere uno stimolo in più per il paziente e un aiuto per sopportare nel migliore dei modi tutto quel che serve per arrivare alla meta: costruzione e applicazione delle protesi.

Lo scorso anno la ditta Rhein83 ha indetto il secondo concorso internazionale. Per concorrere si doveva presentare un lavoro dove venivano utilizzate componentistiche Rhein. Il concorso si è concluso con la premiazione avvenuta il 17 ottobre u.s. presso l’Expodental di Milano. Il secondo posto è stato riconosciuto al caso che è stato qui riportato.

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement