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Il rischio di infezioni post-operatorie dopo procedure di chirurgia orale e la loro gestione è stato ampiamente considerato e discusso in letteratura1. È infatti noto che, affinché la guarigione di una qualunque ferita chirurgica avvenga in maniera corretta e predicibile, è necessario che vengano soddisfatte due condizioni che definirei “cardine”: che la ferita non sia soggetta a traumi e che non si sovra-infetti.
Nel cavo orale questi due fattori difficilmente possono venire rispettati. È assolutamente noto che il cavo orale, in quanto tratto iniziale dell’apparato digerente, è un ambiente contaminato per definizione e il rischio di infezione durante un intervento chirurgico intra-orale è aumentato rispetto ad altre chirurgie e paragonabile a interventi a carico dell’intestino. È infatti praticamente impossibile ottenere una condizione di asepsi a causa del grande numero di microorganismi presenti; come tutti sappiamo batteri, funghi e protozoi vivono nei tessuti molli creando biofilm. Il ciclo di vita del biofilm dipende dall’attacco, dalla colonizzazione e dalla proliferazione di questi microorganismi.
La normale flora batterica intra-orale è variabile e consiste in batteri aerobi e anaerobi potenzialmente patogenetici2. La riduzione temporanea della conta di questi batteri può ridurre il rischio di infezione post-operatoria3.
Quindi quando viene eseguita una procedura chirurgica è necessario ricordare che la ferita non è mai sterile e quando si ha un infezione spesso la stessa è correlabile alla flora batterica presente sulla cute periorale.
Le ferite chirurgiche causate dai chirurghi orali inoltre sono continuamente soggette a traumi: masticatori; per appoggio protesico; per il movimento della lingua o dei muscoli peri-orali. Questo tipo di traumatismo, involontario e ripetuto, non è di fatto eliminabile in alcun modo e ovviamente contribuisce in maniera significativa alla riduzione della velocità di guarigione della ferita stessa.
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