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L’aggiornamento con l’ECM è cosa buona e giusta purché avvenga nel modo più idoneo

Giulio Del Mastro

Giulio Del Mastro

ven. 22 giugno 2018

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Riflessioni ad alta voce di un professionista dinanzi ai vari modi di acquisire nella pratica l’indispensabile ECM.

Amo studiare, adoro leggere e considero l’aggiornamento un divertimento.

Per questo, pur considerando la formazione continua un piacere più che un dovere, partecipai con entusiasmo agli esordi del sistema ECM, intervenendo alle riunioni preliminari fra i rappresentanti delle società scientifiche per elaborare un sistema venuto alla luce con estrema fatica. Oggi a vent’anni di distanza, sta lentamente arrivando a regime.

Considerai all’epoca che l’aggiornamento costa: tempo, impegno, denaro. Soprattutto per un odontoiatra generale, costretto a rincorrere i progressi che tecnologia e industria propongono quasi quotidianamente. Giusto quindi che possa venire monetizzato, soprattutto in termini di migliori prestazioni ai pazienti e innalzamento dell’asticella per la professione. Se livellamento ci deve essere, che almeno questo sia verso l’alto.

In una rappresentazione teatrale della scuola di mio figlio, al termine della terza media, veniva ripetuto più volte, come un mantra: «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza» e trovai azzeccato che il canto di Ulisse fosse il messaggio che questi ragazzini avrebbero portato come eredità al liceo. Entusiasmo alla scuola secondaria di primo grado e poi? Arriviamo alla formazione post laurea e la troviamo sospesa fra obbligo (morale? deontologico? legale?) e reale necessità concorrenziale, un tema ostico, nei cui confronti assumere di default un atteggiamento ostile?

Eppure, le forme previste dalla normativa sono molteplici. Dalla formazione a distanza - FAD - alla residenziale, a quella sul campo (FSC). Via quindi a lezioni live e online, libri, audiovisivi sulle piattaforme più varie, spazio alla lettura di riviste. Con l’occasione, meritano una visita i portali di CoGeAPS, Consorzio Gestione Anagrafica Professioni Sanitarie e Agenas, Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali.

Previa registrazione si potrà accedere all’evoluzione formativa nell’ultimo decennio, verificando anche bontà e attendibilità dei provider cui ci si è affidati per raggiungere il monte crediti previsto (solo i crediti registrati nel sistema originano punteggio e può capitare di imbattersi in gestioni imprecise che sbaglino la loro imputazione al corretto codice fiscale).

Potrete inserire il vostro gradimento ai singoli eventi e valutare come sia diversa la ripartizione dei crediti per ogni triennio, così come le regole per dirottare crediti da un anno “ricco” a quello precedente più asfittico o il loro accumulo per l’anno successivo. Ecco alcuni consigli sull’aggiornamento e occhio quindi alle verifiche formali che non potranno tardare.

Le riviste
Consultare preferibilmente quelle indexate e con un sistema di pubblicazione dotato di peer review, un comitato di lettura con revisori qualificati che analizzano – in maniera gratuita e anonima – le ricerche presentate. Con una metafora calcistica potremmo definirle le riviste di serie A, anche se scontano l’accentramento nelle mani di pochissimi gruppi e la conseguente abnorme lievitazione dei costi.

Si possono ridurre le spese sin quasi ad azzerarle? Certo, ma a quel punto occorre virare su altre pubblicazioni, disposte ad ospitare qualsiasi tipo di informazione - dal metodo Di Bella a Stamina - riducendo quindi le richieste qualitative. Molte riviste scientifiche (?) dal ridotto appeal sono perennemente in cerca di testi da pubblicare: motivi strettamente commerciali obbligano il numero e la relativa pubblicità ad essere forzatamente editati, rendendo la loro attendibilità inferiore al valore della carta usata per stamparle o dei byte necessari ad immagazzinarle.

Un aiuto arriva dalle cosiddette rassegne sistematiche – systematic review – che rappresentano un po’ lo stato dell’arte su un determinato argomento, facendo riferimento a tutti gli articoli reperibili che soddisfino alcuni criteri scientifici definiti. Valgano come esempio quelle della Cochrane Library: lavori estremamente faticosi ma molto utili alla comunità scientifica. Spesso pubblicazioni di questo tipo sono disponibili free access, così come le linee guida o le raccomandazioni delle varie società scientifiche o degli enti governativi. Di solito servono un po’ d’inglese e capacità critica. Sufficiente? Evidentemente no, la laurea non si è certo ottenuta per corrispondenza.

Le lezioni residenziali
Una conferenza o un corso pratico, un convegno. Tutto contribuisce al bagaglio culturale di cui siamo portatori sani anche se - tranne motivate eccezioni - riguardo al congresso tradizionale, col classico approccio frontale, forse si sta assistendo ad una parabola discendente. Anche il sistema ECM gli riconosce un valore formativo limitato: penalizzato con tanti crediti in meno quanto maggiore è il numero dei partecipanti. La sua formulazione dovrebbe essere ripensata e attualizzata, come in effetti stanno facendo alcune società scientifiche.

Quale sostenitore dei corsi monotematici, soprattutto pratici, hands on, osservo che la professione prevede anche di saper muovere le mani e nel modo giusto. Mi affascina sempre una presentazione di ottimo livello, apprezzo la qualità e la considero un modo per ricaricare la motivazione. Mi piace vederla trasposta in pratica e mi diverte seguire un relatore appassionato che mi trasmette emozioni. Nei giorni successivi ripenso ai dettagli senza focalizzare l’attenzione su nulla in particolare. Non sarà ascetica e potrà non definirsi meditazione Zen ma mi aiuta e mi permette di definire quale nuovo dettaglio posso aggiungere alla mia pratica.

Empatici con il pubblico si nasce e difficilmente lo si diventa ma, d’altro canto, si può essere ottimi cabarettisti e scientificamente insipienti; se voglio assistere ad uno show preferisco andare a teatro. Un bravo clinico non sempre è un buon comunicatore anche se, con un allenamento serrato, si può migliorare. Trasmettere il proprio sapere è complesso e stimo chi ci prova, mentre non sopporto coloro che se non sanno fare insegnano e pontificano. Odio i mercenari occulti e chi usa le platee come mezzo per uno spot personale: per me il maestro sta a un venditore di fumo come uno statista sta al politico di bassa lega.

Un paio di esempi a tal proposito. Chiesi una volta a Elio Berutti se non fosse preoccupato di formare tanti nuovi potenziali concorrenti. Mi guardò stupito e mi rispose che insegnare a qualcuno in gamba è un piacere poi, se è bravo, ostacolarlo servirebbe solo a fargli ritardare il raggiungimento di obiettivi che coglierebbe ugualmente.

Ancora. Ad un suo aggiornamento sulla protesi totale, Giulio Preti mi riconobbe e chiese cosa ci facessi in quel contesto; alla mia risposta mi guardò perplesso e… alla fine del week end capii. Terminato il corso non avevo imparato nulla: tutto il sapere infuso ai partecipanti mi era già stato trasmesso durante il corso di laurea. Potrà sembrare piaggeria ma preferisco parlare di semplice riconoscenza.

Formazione sul campo, la pratica più della teoria
Tralascio quella ottenibile in un contesto universitario per focalizzare l’attenzione sul tirocinio “a bottega”, se mi si passa l’espressione per una professione intellettuale. È un aspetto fondamentale, attualmente negletto. Un tempo richiestissimo, ora è asfittico; l’immersione nella realtà professionale di un collega più esperto, che introduca, integri e razionalizzi nella realtà professionale quotidiana il bagaglio culturale di un giovane collega è insostituibile.

Non può e non deve essere retribuita e anzi, per problemi assicurativi, sarebbe il tirocinante a dover contribuire alla sgrossatura della sua formazione. Capisco che si tratti di una forzatura controcorrente ma sarebbe opportuno comunque trovare una soluzione strutturale a questo problema.

Più che auspicabili, a questo punto, accordi fra le varie organizzazioni sindacali per permettere di accogliere i colleghi nei propri studi ad un costo simbolico, anche solo un euro. Purtroppo, capita quasi sempre di ricevere richieste da neolaureati, senza alcuna esperienza lavorativa, che desiderino iniziare una collaborazione, ovviamente remunerata. Nessuno vuole più rubare la professione e tutti nascono già “imparati”.

Se queste contrattazioni non vanno a buon fine, l’alternativa è presto disponibile: qualche centro low cost da usare come palestra. Si guadagna poco, sembra possano essere utili per sgrossare la manualità, in realtà si impara qualcosa con estrema difficoltà. Piani di lavoro elaborati da altri, nessuna guida: ciechi che brancolano nel buio, senza saperlo. È facile incidere informazioni su un foglio bianco mentre è difficilissimo cancellare abitudini errate apprese frettolosamente o inventate in una forma di self bricolage che dimentica il ruolo centrale dei pazienti, meritevoli della nostra migliore pratica clinica.

Ecco, questa disaffezione dei giovani verso traguardi di best practice è una grande preoccupazione. Dovrà diventare sicuramente un argomento in agenda nella politica di riorganizzazione della professione.

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