Con la richiesta di cure si instaura tra sanitario e paziente un rapporto giuridico definito contratto dal quale derivano delle obbligazioni in cui si identificano: due soggetti (creditore e debitore), un oggetto (cura o protesi),una prestazione (intesa come comportamento).
L’obbligazione insorta con il contratto ha conseguentemente forza di legge e si può estinguere in diversi modi. Principalmente sono due: adempimento o inadempimento.
Se è pur vero che di norma l’oggetto della prestazione sanitaria è finalizzato dalla definizione di una diagnosi o dall’esecuzione di una terapia e non già dal conseguimento della guarigione del paziente (e ciò vale soprattutto in ambito medico), in ambito odontoiatrico l’attuale orientamento giurisprudenziale nel rapporto fiduciario che il sanitario instaura con il paziente, stabilisce un obbligo di risultato (e non di mezzi).
E fra tutte le discipline di carattere odontostomatologico, il settore protesico appare quello più rappresentativo nel dover soddisfare le aspettative sia funzionali, che soprattutto estetiche, insite nelle richieste terapeutiche del paziente. Tuttavia è egli realmente consapevole di ciò che desidera? È in grado di comprendere i vantaggi e gli eventuali svantaggi conseguenti alla sua scelta? Di considerare i compromessi come traguardi e non sempre come penalizzazioni? L’attuale “forma mentis” giuridica pone ad un livello prioritario la sua autodeterminazione nelle scelte di carattere clinico rispetto alle indicazioni e scelte del curante, anche se risultano più idonee e corrette.
Pure le diverse (ma spesso affini) esperienze giurisprudenziali delle Corti europee tendono ormai al riconoscimento di un regime probatorio favorevole al paziente che porta sovente ad una presunzione della colpa medica. La recente legge Gelli/Bianco 24/17 indica che gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle proprie prestazioni, si debbono attenere alle raccomandazioni previste dalle Linee Guida pubblicate dal Ministero della Salute.
Non vi fa certo eccezione l’odontoiatria che, nelle proprie Raccomandazioni Cliniche in Odonstomatologia, definisce con estrema accuratezza le caratteristiche che i manufatti protesici debbono riportare nella fase di progettazione, realizzazione ed inserimento, controllo e mantenimento.
Ci sembra tedioso riportare tutti i passaggi elencati in tali protocolli ma ci preme sottolineare l’estrema complessità e difficoltà a soddisfare tali indicazioni. Se aggiungiamo, come già accennato, l’aspetto prioritario di autodeterminazione del paziente nelle scelte finali basato, di fatto, sulla non conoscenza clinica unitamente ad una personale visione critica, comprendiamo quanto l’aspetto della comunicazione pre-cura rivesta carattere imperativo.
Nella pratica quotidiana, quanto sopra descritto può portare fondamentalmente a tre tipi di risultato. Un primo caso, il più auspicato, in cui c’è il rispetto delle Linee Guida con esecuzione della prestazione lege artis (secondo i dettami dell’arte) e la soddisfazione concomitante del paziente.
Un secondo caso, con rispetto delle Linee Guida ed esecuzione della prestazione lege artis ma, contestualmente, anche l’insoddisfazione del paziente. Quasi paradossale, il terzo caso, con mancato rispetto delle Linee Guida e della lege artis, però con un paziente soddisfatto.
Al di fuori del primo caso, che rappresenta ovviamente un traguardo ideale, in quale delle altre due situazioni risulta convenientemente trovarsi? Quali possono essere le conseguenze giuridiche nelle due diverse situazioni?
Un quesito amletico.
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