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La Cassazione riconosce la responsabilità di un dentista per il lavoro fatto (male) dal collega che l’ha preceduto

Avvocato Alberto Pezzini
A. Pezzini

A. Pezzini

ven. 26 giugno 2015

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È un fulmine a ciel sereno la sentenza n. 128714 pronunciata dalla Corte di Cassazione, non ancora nota nella sua motivazione per esteso. Un fulmine perché? Perché vi viene riconosciuto un principio: il dentista che prende in cura un paziente diventa responsabile anche del lavoro eseguito da chi l'ha preceduto.

È il caso di un dentista di Monza – già condannato in secondo grado dalla Corte d'Appello di Milano – considerato responsabile di avere realizzato degli elementi protesici su denti devitalizzati “male” dal suo predecessore. Dopo la cementazione alcuni elementi avevano cominciato a creare problemi costringendo il professionista a rimuoverli nonostante la corretta realizzazione della protesi.

I dati significativi sono due. Il primo, visibile ad occhio nudo, è il fatto di caricare in qualche modo di una responsabilità più penetrante il dentista che si prenda in carico un paziente già curato da altri colleghi. Non si tratta, si badi bene, di una larvata forma di responsabilità oggettiva, come qualcuno potrebbe ipotizzare, ossia perché devo rispondere io se il lavoro l'hai fatto male tu? Domanda che in molti giustamente si sono posti.

Il fatto è che installare una protesi su denti devitalizzati male in precedenza, significa accettare il rischio di un'opera che parte da basi sbagliate. Poco importa in questi casi di chi sia la colpa. Rileva invece il controllo che il nuovo professionista deve preventivamente effettuare prima di installare elementi che si ricolleghino “eziologicamente” (per un rapporto di causa ed effetto, ndr.) a lavori effettuati in precedenza. Se si ha la consapevolezza che un lavoro precedente sia stato mal fatto, anche quello nuovo dovrà partire da basi diverse.

Il secondo principio che molti forse non hanno colto è quello del cumulo – applicato dalla Corte – tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Quella che si definisce accademicamente aquiliana o da fatto illecito. La Corte – per quello che è dato sapere – le ha applicate entrambe al dentista poco diligente, avendo riconosciuto al paziente due tipi di tutela risarcitoria: una legata al contratto stipulato con il professionista, l'altra che scaturisce da tutto ciò che di “sballato” può derivare dalla condotta del dentista.
I riflessi sono decisamente importanti anche in termini di prescrizione dell'azione di risarcimento. Mentre la responsabilità contrattuale sconta una prescrizione ordinaria (decennale), quella da fatto illecito è di cinque anni, ma decorre dal momento in cui il danno diventa effettivamente percepibile da parte del paziente: quindi, la responsabilità del dentista diventa attaccabile anche più a lungo nel tempo.

Quindi, un consiglio amichevole: attenzione al “follow up”.

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