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Eziologia dei diversi tipi di insuccesso in implantologia orale

3Dvr CBCT che mostra la grave deiscenza ossea buccale nella regione del dente 25
D. M. Almog

D. M. Almog

mar. 31 gennaio 2012

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Finora, l’ambito diagnostico dell’esame pre-operatorio in implantologia orale è stato spesso oggetto di ricerca e valutazione. In questo articolo, discuteremo la possibile eziologia e la peculiarità dei potenziali insuccessi implantari associati al limitare il nostro esame pre-operatorio a immagini radiografiche bi-dimensionali, piuttosto che all’imaging tridimensionale con tomografia Cone-beam (CBCT).
Negli ultimi anni, la tecnologia di imaging dentale CBCT ha iniziato a farsi strada in ogni disciplina della nostra professione, espandendo gli orizzonti della professione clinica, aggiungendo una terza dimensione alla pianificazione del trattamento cranio-facciale. L’imaging dentale CBCT acquisisce un volume di dati e, tramite un processo di ricostruzione, produce immagini che non contengono distorsioni, ingrandimenti e/o sovrapposizione di anatomia.
Nelle stesse sezioni, sono possibili differenti viste con una sola esposizione, eliminando così il lavoro di congettura dall’implantologia orale.
Inoltre, le dosi effettive di radiazioni di questi sistemi di imaging, misurate in Microsievert, sono decisamente inferiori rispetto a quelle di una serie completa di radiografie periapicali (digitali o con pellicola di tipo D speed). Secondo i professionisti che inseriscono impianti, questa tecnologia rende la procedura più efficiente.
Essenzialmente, l’imaging dentale CBCT ha rappresentato un’importante svolta, soprattutto per l’implantologia orale in quanto le misurazioni sono precise e consentono ai professionisti una chiara visione dei rapporti anatomici del paziente. L’imaging dentale CBCT usa una tecnologia avanzata per fornire informazioni anatomiche più complete del distretto orale e maxillofacciale, tra cui bocca, viso, mascellari e Atm, che permettono una migliore pianificazione del trattamento e risultati finali predicibili.
Per quanto riguarda altri meccanismi fisici che contribuiscono alle modalità di insuccesso dell’impianto, la maggior parte degli articoli di ricerca e revisione hanno concluso che le linee guida del rapporto corona-radice associate ai denti naturali non dovrebbero essere applicate al rapporto corona-impianto.
Secondo questi articoli, i rapporti corona-impianto degli impianti che al tempo delle verifiche erano stati considerati di successo, erano simili a quelli degli impianti falliti. Apparentemente, secondo alcuni di questi articoli, le linee guida utilizzate da alcuni clinici per determinare le prognosi future dei restauri supportati da impianti mancano di validazione scientifica riguardo alle possibili cause di frattura dell’impianto.
Inoltre, nonostante la percentuale di successo degli impianti dentali sia alta, l’ottenimento di risultati predicibili in termini di ricostruzione ed estetica per la sostituzione di un dente singolo o di più denti multipli con impianti dentali rappresenta un sfida. Con l’ampliamento delle possibilità riabilitative mediante impianti per la sostituzione dei denti mancanti, possiamo incontrare sempre più condizioni anatomiche maxillofacciali e occlusali diverse.

Le conseguenze
Per quanto riguarda l’implantologia orale, come diverse istituzioni e autori hanno previsto(1,2), con la rapida tendenza all’invecchiamento della popolazione nel mondo sviluppato e il risultante enorme fabbisogno non soddisfatto di sostituzione di denti, la crescita di prodotti e servizi per ricostruzioni su impianti ha superato quella di ogni altra area dell’odontoiatria. Per di più, negli ultimi anni, l’implantologia e la protesi su impianti sono diventate parte del curriculum dei programmi di formazione dei corsi di laurea e post-laurea delle scuole odontoiatriche(3).
Nonostante ciò, un grande numero di odontoiatri, sia generici sia specialisti con diversi livelli di competenza, che hanno visto l’opportunità di entrare nella sofisticata arena dell’implantologia orale, continuano a trascurare i vantaggi della CBCT e, come risultato di ciò, ne consegue una diversità di complicanze anomale associate a queste procedure chirurgiche.
Dalle tradizionali immagini bidimensionali intra ed extraorali, gli odontoiatri possono ottenere solo dimensioni vaghe, a causa della variabilità di ingrandimento derivante dal posizionamento e dalla proiezione delle strutture anatomiche, dalle loro proprietà e dai rapporti. È molto difficile per le radiografie tradizionali, come le immagini periapicali e panoramiche, replicare con precisione le strutture anatomiche acquisite sui loro ricettori.
Essenzialmente, le immagini radiografiche bidimensionali tradizionali sono caratterizzate da ingrandimento, distorsione, sovrapposizione di strutture anatomiche, chiarezza limitata e mancanza di precisione nelle misurazioni e, quindi, le dimensioni o la determinazione dei precisi rapporti delle strutture anatomiche non è precisa. Inoltre, le immagini radiografiche bidimensionali non permettono un rendering virtuale tridimensionale (3DVR).
Una ricerca in letteratura e su Internet ha rilevato diversi articoli di ricerca e di revisione sull’argomento dell’insuccesso implantare(4-12). Un tipo comune di insuccesso associato a odontoiatri che restringono il loro ambito diagnostico a immagini radiografiche bidimensionali, come le radiografie panoramiche e/o periapicali, è la perforazione del seno mascellare (Figg. 1a,b,c). Spesso i clinici rivelano di aver perforato il seno di alcuni millimetri per errore, a causa dell’interpretazione errata della dimensione verticale. Alcuni casi rimangono asintomatici e sono messi sotto stretta osservazione, come in questo caso; mentre altri casi diventano sintomatici e gli impianti devono essere rimossi.
Secondo alcuni professionisti, essi perforano il seno intenzionalmente, aspettandosi di ottenere un ancoraggio “bicorticale” nel seno mascellare allo scopo di aumentare la stabilità primaria. Però, secondo una ricerca retrospettiva a 15 anni, pubblicata nel 2000(4), gli impianti che erano stati ancorati bicorticalmente sono falliti con una frequenza di quasi quattro volte superiore a quella degli impianti monocorticali. Inoltre, le fratture degli impianti rappresentavano più dell’80% degli insuccessi osservati e interessavano il gruppo degli impianti bicorticali quasi tre volte di più rispetto a quelli monocorticali.
Un’altra importante serie di complicanze associate a clinici che limitano l’imaging diagnostico a immagini radiografiche bidimensionali, come le immagini panoramiche, è quella della dislocazione degli impianti dentro al seno mascellare(5) (Figg. 2a,b,c). Tra i corpi estranei nel seno mascellare vi sono denti dislocati, radici, materiale d’impronta, strumenti dentali e, più recentemente, impianti dentali. Senza dimenticare poi che la procedura associata alla rimozione di corpi estranei dal seno mascellare è considerata molto invasiva.
In questi casi, come altri hanno recentemente riportato, il recupero tramite endoscopio o tecniche di Caldwell-Luc sono i metodi d’elezione per il recupero di tali impianti dal seno mascellare(5,6). Nonostante numerosi articoli descrivano il trattamento di pazienti in caso di impianti dislocati nel seno mascellare, nessuno ha illustrato quello che dal punto di vista preventivo è l’utilizzo dell’imaging CBCT prima dell’inserimento degli impianti dentali.
Un’altra serie di situazioni ingannevoli è quella associata all’anatomia della regione anteriore dell’osso mascellare alveolare (Figg. 3a,b). In questo caso clinico, da quello che si può osservare clinicamente, ci si aspetterebbe che l’osso alveolare sia più che sufficiente e sagomato in una forma triangolare, rappresentando la teoria del “triangolo d’osso” sviluppata dal dottor Scott Ganz(7,8). Questa teoria riconosce la forma del volume dell’osso esistente e aiuta a determinare se si è in presenza di un sito adatto a ricevere un impianto.
Come dimostrato in questo caso, le sezioni trasversali dell’imaging CBCT hanno mostrato un osso alveolare concavo. Questo ha eliminato ogni sorpresa, permettendo al clinico di pianificare in anticipo l’innesto osseo e discutere le opzioni di trattamento, compresi costi supplementari associati all’innesto osseo, con il paziente. Un’immagine panoramica bidimensionale non avrebbe mai mostrato in anticipo questo fenomeno. Una serie differente e inusuale di complicanze associate alla diagnosi limitata solo immagini radiografiche panoramiche bidimensionali, è quella delle fratture dell’impianto (Fig. 4). Ancora una volta, utilizzando solo una radiografia panoramica bidimensionale, che fornisce dimensioni imprecise, alcuni professionisti si sentono obbligati ad “andare sul sicuro” e rimanere lontani dal canale del nervo mandibolare, inserendo impianti più corti. Ciò facendo, essi compromettono il rapporto protesico corona-impianto, talvolta causando una perdita ossea e, di conseguenza, la frattura dell’impianto.
In casi come questi, le successive procedure associate alla rimozione del pezzo o dei pezzi residui dell’impianto fratturato, all’innesto e all’inserimento di un altro impianto sono considerate molto invasive, senza dimenticare poi il costo e l’effetto psicologico sul paziente. Inoltre, la compromissione del rapporto protesico corona-radice rappresenta una fonte di costante scontro tra i chirurghi e protesisti. Si discuterà più in dettaglio riguardo al rapporto protesico corona-radice nella prossima sezione dedicata ai meccanismi fisici che contribuiscono alle modalità di insuccesso degli impianti.
Tra le altre complicanze serie, associate alla limitazione del nostro esame diagnostico radiografico pre-operatorio a immagini radiografiche bidimensionali, vi sono:
- deiscenza e fenestrazione del piano corticale buccale (Figg. 5a,b,c);
- perforazione dei sottosquadri linguali mandibolari;
- violazione del nervo nasopalatino (in alcuni casi con insensibilità permanente della regione premascellare);
- violazione del canale del nervo alveolare inferiore che può causare un serio dolore cronico, intorpidimento e persino insensibilità permanente del labbro inferiore (Fig. 6).

Meccanismi fisici che contribuiscono alle modalità di insuccesso degli impianti
L’eziologia e il meccanismo fisico delle fratture implantari sono stati ampiamente valutati e studiati negli ultimi anni(9-12). Per lo più, gli articoli di ricerca e revisione hanno concluso che le linee guida del rapporto corona-radice associate ai denti naturali non dovrebbero essere applicate al rapporto corona-impianto. Per quanto riguarda i principi guida del rapporto corona-radice dei denti naturali vs il rapporto corona-impianto, essi sono oggetti di ampia ricerca e valutazione stati negli ultimi anni(10,13-20). In questa sezione dell’articolo discuteremo la possibile eziologia e la diversità dei potenziali meccanismi fisici dei fallimenti implantari.
Le fratture possono verificarsi diversi anni dopo che gli impianti sono stati inseriti (Figg. 7a,b) oppure prima.
Mentre in questo caso particolare l’opzione di trattamento è stata sviluppata con un apprezzamento delle circostanze e delle abitudini occlusali e meccaniche del paziente, l’analisi retrospettiva del sito implantare successiva alla frattura degli impianti, ha rilevato un spazio interocclusale esteso sui modelli articolati e una diffusa usura occlusale sulla dentizione antagonista (Figg. 7c,d). In questo caso, procedendo con un’attenta valutazione di tutte le informazioni diagnostiche retrospettive disponibili e con un’ulteriore discussione con il paziente, sono state identificate diverse presupposizioni diagnostiche e un’opzione di trattamento di follow-up che includeva la sostituzione delle corone supportate da impianti con una protesi parziale mobile.
Considerando la procedura chirurgica estremamente invasiva necessaria per la rimozione degli impianti fratturati, è stata presa una decisione ponderata per non correre il rischio di aumentare il danno. Quindi si è scelto di permettere una chiusura primaria del tessuto molle sopra ai corpi implantari residui in 6 e 7, ovvero di “metterli a dormire”, con successivo inserimento di una protesi parziale immediata mobile in acrilico e realizzazione di una protesi parziale mobile fusa.
Questo caso si ponte l’obiettivo di apportare un argomento a favore della considerazione dei meccanismi fisici come potenziali contribuenti alla fratture degli impianti. Mentre continuano a sussistere diatribe riguardo al fatto che il rapporto corona-radice possa servire come un aiuto indipendente e predire la prognosi dei denti(20) ciò certamente vale per il rapporto corona-impianto, a meno che si considerino altri indici clinici, come l’occlusione antagonista, la presenza di abitudini parafunzionali, problemi elettrochimici dei materiali, solo per menzionarne alcuni.
Le fratture implantari sono considerate un potenziale problema per gli impianti dentali, soprattutto le fratture ritardate degli impianti in titanio, dovute a corrosione chimica e usura del metallo(14). Dopo un’attenta revisione degli articoli referenziati, che sono molto esplicativi, ci siamo resi conto che, per lo più, essi sostengono la nostra teoria riguardo al fatto che nelle fratture implantari sono coinvolti molteplici fattori.
Tra questi vi sono: l’entità, la posizione, la frequenza, la direzione e la durata della sollecitazione delle forze di compressione, tensile e di taglio; la posizione dell’impianto nella mascella, il tipo di osso intorno all’impianto, il punto di pivot/fulcro in relazione alla connessione con l’abutment, la morfologia dell’impianto, la struttura interna dell’impianto, la durata della permanenza nell’ambiente orale che si lega ai cambiamenti metallurgici indotti nel titanio nel tempo, la salute gengivale e il rapporto corona-impianto.
Considerando i fattori multipli coinvolti nelle fratture, siano essi fisici o biologici, possiamo soltanto presumere che può verificarsi un fallimento, soprattutto se le forze dell’occlusione antagonista e le abitudini parafunzionali sono superiori alla forza dell’impianto, in particolare con il passare del tempo.
Per cui, è imperativo che il clinico sia a conoscenza di tutti i diversi fattori prima di raccomandare un trattamento con impianti dentali. Gli errori nel diagnosticare i potenziali fattori che possono contribuire alla frattura dell’impianto sono le cause più comuni dei fallimenti.

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Conclusione
Anche se il rapporto quantitativo tra i risultati di successo del trattamento implantare e l’imaging CBCT non è noto ed è in attesa di valutazione tramite diverse prove cliniche prospettiche, vi è un’evidenza clinica sufficiente per sostenere la necessità di sistemi di imaging dentale CBCT.
Questo è necessario, soprattutto perché la gestione clinica degli insuccessi implantari, è difficile ed è talvolta considerata veramente invasiva; in particolar modo considerando la recente diffusione degli impianti dentali nella nostra professione.
Sulla base di una serie di recenti articoli di ricerca cinica preliminare, revisione e case report, l’autore crede fermamente in un approccio più selettivo che includa il ricorso all’imaging dentale CBCT. Dal punto di vista precauzionale, è una procedura molto affidabile e, grazie a una pianificazione prechirurgica basata su CBCT, si possono evitare molte delle summenzionate complicanze che influiscono negativamente sui nostri pazienti.
Per quanto riguarda il fatto che l’uso di un rapporto corona-impianto, in aggiunta ad altri indici clinici, non offra previsioni cliniche migliori, e anche se non è stato possibile accertare alcuna raccomandazione, dato che gli impianti dentali stanno diventando sempre più popolari, dobbiamo aspettarci un aumento del numero di insuccessi, soprattutto dovuti a fratture ritardate(19).
Questa articolo si è proposto di fornire un argomento a favore della considerazione dei meccanismi fisici come potenziali elementi di previsione delle fratture implantari. Per noi è essenziale familiarizzare con la valutazione e la competenza diagnostica dei molteplici fattori coinvolti nelle fratture degli impianti. Con un’attenta valutazione, questa previsione porterebbe a una migliore diagnosi e a una migliore pianificazione del trattamento.
In conclusione, come già affermato in precedenza, l’implantologia orale rappresenta il segmento più velocemente in crescita in ambito odontoiatrico. Quindi, la lezione imparata da questi casi problematici o compromessi e l’acquisizione di una consapevolezza di questi processi di insuccesso - nonché la precisa comprensione delle importanti informazioni anatomiche, protesiche e meccaniche - potrebbero stimolare l’implementazione da parte del clinico di azioni preventive che possono evitare eventuali futuri fallimenti degli impianti dentali.
Anche se i ricercatori che studiano le metodologie imaging dentale CBCT concordano che sono necessarie ulteriori valutazioni con risultati a lungo termine, nel frattempo noi dobbiamo fare in modo di ottimizzare la salute dei nostri pazienti.
A questo scopo, la recente introduzione di numerosi sistemi di imaging CBCT e piattaforme di chirurgia guidata sta gradatamente portando la nostra professione verso cambiamenti fondamentali che hanno un maggiore impatto sul modo con cui approcciamo e pratichiamo l’implantologia orale.
Alla fine, questo porta sostanziali vantaggi alla salute pubblica e si traduce in risultati più predicibili per la preservazione dei denti adiacenti, la protezione di limiti anatomici critici e il miglioramento di funzione ed estetica; solo per menzionarne alcuni.

La bibliografia completa è disponibile presso l’editore.

Nota editoriale: l’articolo è stato pubblicato per la prima volta su Implants Usa, n°1 2011.
L'articolo è stato pubblicato sul numero di gennaio di Implants 2012 Italy.

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