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Crimine farmaceutico: identificazione, contrasto ed eliminazione

Valentina Cavalieri, Direzione Centrale Antifrode e Controlli presso l’ufficio investigazioni dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Alessandro Genitori

Alessandro Genitori

ven. 27 aprile 2018

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Si è svolto a Ivrea in Piemonte l’incontro di approfondimento sul crimine farmaceutico, sotto il profilo della contraffazione di farmaci, della vendita illegale di prodotti farmaceutici e sulle problematiche legate al mercato online dei farmaci. L’incontro, rivolto principalmente alle aziende ma con un occhio di riguardo verso l’impatto che il crimine farmaceutico ha sul territorio italiano e non solo, è stato anche un momento importante per approfondire le nuove normative in materia.

Ponendo come centrale il tema delle GDPR, in vista della prossima entrata in vigore del regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, che andrà a incidere il rapporto tra produttore e consumatore.

L’incontro tenutosi pochi giorni fa segue quello di un anno fa a Roma dove le aziende e i ricercatori si erano uniti per poter fare il punto sulla situazione attuale in Italia in tema di contraffazioni farmaceutiche e le azioni mosse a contrastare tale fenomeno. Se 12 mesi fa era stato partorito un fascicolo monografico di SSFAoggi sull’argomento, l’incontro di Ivrea è invece servito per fare un importante punto della situazione in vista delle sfide che aspettano il mondo farmaceutico nel prossimo futuro.

A prendere la parola e fare gli onori di casa è stato il prof. Sergio Caroli, consigliere SSFA - Società di scienze farmacologiche applicate, il quale ha voluto ricordare ai presenti che i temi trattati hanno importanti riflessi in ambito nazionale e internazionale. «Il cittadino non sempre è correttamente informato dei rischi che si corrono dinanzi il crimine farmaceutico, e serve uno sforzo congiunto per dare una maggior consapevolezza ai consumatori. Il mondo del farmaco deve oggi confrontarsi con l’immissione sul mercato di farmaci contraffatti o falsificati i cui effetti, sempre negativi per la salute del paziente, possono divenire non di rado letali». Come sottolineato dal prof. Caroli, si tratta di un rischio che non conosce frontiere e investe in misura significativa sia l’Italia che i maggiori paesi in via di sviluppo: «La carenza di norme e risorse tecniche adeguate in molti paesi con economie in transizione alimenta inevitabilmente questo deprecabile stato di cose. Servono interventi per poter munire il maggior numero di realtà possibili di strumenti per l’analisi dei farmaci sospetti al fine di poter contenere gli effetti negativi che questi possono avere sulla popolazione».

Un tema ribadito anche dal dott. Paolo Vintani, Federfarma e Vice Presidente dell’associazione chimica farmaceutica Lombarda, il quale ha voluto ricordare che oltre al danno economico intrinseco nella contraffazione esiste un profondo danno culturale: «Quella che sta avvenendo è una vera crisi dei ruoli» ha esordito il dott. Vintani nella sua relazione sul ruolo della farmacia nella lotta alla contraffazione «Esiste una confusione in seno alla popolazione tra produttore, erogatore e consumatore stesso, con dei casi che possono quasi essere definiti umilianti per le varie categorie. Una volta per esempio il farmacista aveva un ruolo ben definito, mentre oggi la figura del farmacista può essere ritrovata ovunque, non sempre con i risultati che ne dovrebbero conseguire. Questo porta a svilire il ruolo della farmacia, che invece a mio avviso dovrebbe tornare ad essere centrale sul territorio, con una valenza istituzionale». L’appello del dott. Vintani è proseguito ricordando che in un’epoca di migrazione è importante trasferire la farmacopea delle varie culture durante l’erogazione dei servizi: «Non si può pensare che tutti gli organismi sono uguali e che tutte le medicine hanno effetto alla stessa maniera, per questo servono degli studi al riguardo che ancora oggi mancano. Il patto per la salute dovrebbe riproporre le farmacie in tal senso come primo presidio per i cittadini, come luoghi in cui si può far ricerca, come avviene per esempio in Francia e Germania con una adeguata preparazione universitaria, tendendo verso quella Farmacia dei Servizi che nel tempo ha perso quella caratterizzazione che si pensava potesse avere. Ma, ripeto, con la giusta consapevolezza dei ruoli: sinceramente preferisco essere un farmacista riuscito piuttosto che un medico mancato».

Farmacista che deve ritrovare quindi il suo ruolo di mediatore tra il sapere medico e la cittadinanza, in una società dove le ultime generazioni hanno perso quel timore reverenziale verso i farmaci, con la possibilità di poter incorrere in gravi danni per l’organismo. In tal senso, la farmacia come primo presidio per il cittadino sul territorio potrebbe finalmente affiancare il sistema sanitario nazionale, andando a intercettare parte di quella popolazione che non si affida alla medicina tradizionale. Dando sostanza al concetto di vivere secondo dei principi sani, che però diventano nella realtà ambigui; in tal senso, la Farmacia potrebbe davvero diventare la scatola nera della salute, andando a ricordare alla popolazione che curarsi male non vuol dire solo “spendere male” i propri soldi, ma rischiare di peggiorare la propria salute.

Bisogno di farmaci e parallela salvaguardia della salute è un concetto che da molti anni è centrale per quanto riguarda i paesi africani e, durante l’incontro particolarmente suggestivo, è stato argomento della relazione della prof.ssa Paola Brusa dell’Università degli Studi di Torino, la quale ha presentato il suo lavoro sul campo soprattutto nei paesi del Camerun e dell’Angola. «Voglio prima di tutto ricordare che dal 1978 si parla dell’importanza del portare vicino a casa della gente la possibilità di curarsi, ma ciò dai report del WHO degli ultimi anni ancora non è avvenuto. Oggi metà della popolazione del sud del mondo non ha accesso ai farmaci e quelli che ci sono spesso sono inefficaci, ed in alcuni casi persino dannosi. Da un nostro studio è emerso che il 56% di questi sono falsi imperfetti, molti prodotti in India, che sebbene abbiano al loro interno i principi attivi necessari, non seguendo il controllo di qualità necessario diventano inefficaci per esempio a causa di un successivo errato rilascio nell’organismo. Andando nello specifico, in Camerun per esempio esiste un serio problema culturale che porta larga fetta della popolazione, sebbene scolarizzata, ad affidarsi ai cosiddetti “farmacisti di strada”, con la consapevolezza che i farmaci acquistati non saranno efficaci, con un’incapacità di evitare questo modus operandi. Parallelamente in Angola un recente studio ha evidenziato che il 77% dei farmaci sono contraffatti. Per tale motivo uno degli obiettivi principali dell’associazione APPA è ideare, progettare e realizzare laboratori galenici idonei che possano allestire medicinali di qualità, contrastando per quanto possibile l’uso di medicinali contraffatti».

Preoccupazione che è stata ampiamente sottolineata dalla dott.ssa Valentina Cavalieri, della Direzione Centrale Antifrode e Controlli presso l’ufficio investigazioni dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: «L’agenzia delle dogane è l’autorità doganale chiamata ad applicare tutto il corpus della normativa doganale unionale e nazionale per quel che concerne la circolazione delle merci, sia in ambito tributario che extra-tributario. Nella nostra attività lavoriamo a stretto contatto con le altre Agenzie del paese, come ad esempio AIFA. In campo di crimine farmaceutico rappresentiamo il primo filtro dell’Istituto Superiore della Sanità. L’Agenzia infatti dispone di 15 laboratori dove poter fare le prime analisi su prodotti sospetti, e indaga sui crimini in ambito farmaceutico anche attraverso una proficua collaborazione con i NAS. Oggi l’Italia è considerata all’avanguardia per i controlli e il sistema di sdoganamento, ma continua a servire maggior collaborazione. Nel 2017 i sequestri di farmaci non ammessi ammontano a oltre 750 mila unità, che rappresentano l’1,7% di tutti i sequestri ottemperati».

A fine di permettere una maggior riconoscibilità dei farmaci e rendere difficile la loro contraffazione, è intervenuto l’avv. Massimo Corio con una relazione sull’uso del design in funzione di contrasto alla contraffazione: «Oggi esistono molti tipi di tutela, sebbene le case farmaceutiche continuino a concentrarsi soprattutto sui brevetti. In realtà ai fini legali, economici e temporali, può diventare molto più vantaggioso affidarsi al deposito di marchi e design per poter proteggere la propria merce e avere al contempo un ritorno economico. Questo ritardo deriva dal fatto che per anni il pubblico di riferimento del marketing farmaceutico non è stato il consumatore ma il medico, quindi si è avvalso di una comunicazione mirata e specialistica. Un trend che dovrebbe essere capovolto soprattutto al fine di poter comunicare l’origine imprenditoriale del prodotto, che permette sia una protezione del marchio a livello civile, penale e doganale, valorizzando al contempo il prodotto. Andare contro l’omogeneità del packaging permette sia di aiutare il riconoscimento in fase doganale dei prodotti, sia di evitare la confusione in fase di vendita e consumo». Seguendo questo filone l’avv. Corio ha spiegato alla platea i criteri da dover tenere per un corretto utilizzo dei sistemi a disposizione, andando ad illustrare alcune nuove possibilità di registrazione come forma e colore che già ora iniziano a rendere i farmaci di alcune aziende immediatamente riconoscibili. «Bisogna sempre ricordare che il farmaco, nonostante la sua peculiarità, resta un prodotto industriale» ha infine concluso l’avv. Corio «La registrazione di marchio, colore, imballaggio, può essere comunicato alla dogana andando a creare una rete di collaborazione e comunicazione che può andare a contrastare il crimine farmaceutico. È peraltro importante ricordare che l’UE ha varato importanti incentivi in tal senso, andando a coprire fino al 90% della spesa di registrazione e difesa di marchio e disegni, proprio allo scopo di aiutarne il consolidamento».

In conclusione, l’avv. Ivan Tosco ha spiegato alla platea le recenti novità che saranno introdotte dal nuovo GDPR in tema di trattamento e impiego di dati personali, andando ad analizzare la vendita online dei farmaci e i paralleli obblighi di privacy. «Per la creazione di un “carrello” esistono una serie di attività che il farmacista deve predisporre, che porteranno il consumatore a dover inserire i propri dati personali per poter acquistare i farmaci di cui necessita. L’uso di questi dati, però, comporta la predisposizione di misure per la tutela della privacy, in quanto incrociando tali dati, è facile ricostruire non solo lo stato di salute del compratore, ma facilmente anche l’etnia o la religione, tutti dati “sensibili”. Ciò implica considerazioni complesse, nonostante la semplicità dell’operazione; nonostante Federfarma abbia da tempo introdotto una serie di linee guida, la questione non può ancora dirsi affrontata in modo organico. In presenza della normativa privacy anteriore al GDPR, il Garante aveva già affrontato in modo organico, mediante provvedimenti generali, nel 2004 il problema del trattamento dei dati sanitari in telemedicina, con un importante lavoro di interpretazione che spingeva nella direzione di una semplificazione degli adempimenti per il sanitario, ma con il recente GDPR, che entrerà in vigore il 25 maggio 2018, tale lavoro va rivisto; ad oggi, quindi le farmacie che operano online rischiano di incorrere in salate multe».

 

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