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Cosmesi ortodontica con una apparecchiatura linguale 2D. Indicazioni, vantaggi e limiti

Carlo Quadrelli

Carlo Quadrelli

mer. 7 dicembre 2011

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La pratica clinica odontoiatrica si avvale quotidianamente di branche che contemplano nel proprio risultato non solo la funzione, ma anche, e a pieno titolo, l’estetica dentale. Recentemente, anche la Medicina estetica del volto è diventata parte della pratica quotidiana di molti studi dentistici(1). L’Ortodonzia, che sempre ha avuto tra i suoi obbiettivi anche l’estetica dentale e del terzo medio e inferiore del viso, ha visto aumentata la richiesta di trattamenti che fossero estetici non solo quanto a risultato, ma anche nel mezzo utilizzato per gestire il trattamento, cioè l’apparecchio ortodontico(2).

Sono nati così gli “apparecchi estetici”, che si sono rivelati non soddisfacenti sia per il fine per cui sono nati – in quanto sono incollati comunque sul lato vestibolare e visibili – sia dal punto di vista biomeccanico, perché se non dotati di slot metallico, i materiali in cui sono prodotti sviluppano un attrito molto superiore al bracket tradizionale metallico.
Più recenti sono gli apparecchi linguali e l’Invisalign. Mentre quest’ultimo rimane comunque visibile (benché le mascherine siano fatte di materiale trasparente occupano, infatti, anche il lato vestibolare dei denti, cioè la parte di questi visibile dall’esterno, ed è inoltre un apparecchio che richiede molta collaborazione da parte del paziente in quanto è rimovibile), l’apparecchio linguale, invece, è l’unico realmente invisibile in quanto posto sul lato palatale e linguale dei denti.
A questa aumentata richiesta da parte dell’utenza di ortodonzia invisibile è corrisposta anche un’aumentata offerta di materiale tecnico in ortodonzia linguale, ma non è corrisposta di pari passo una conseguente diffusione clinica.
Proprio per tale marcata e veloce evoluzione della tecnica, infatti, non tutti gli apparecchi ortodontici linguali, sia per modalità di incollaggio, sia per i costi di laboratorio, sia per la difficoltà di gestione clinica, sono alla portata di tutti gli operatori, e spesso non sono proponibili ad un costo sostenibile da tutti gli utenti.
Scopo di questo lavoro è lo studio progettuale biomeccanico e clinico volto a proporre l’uso di un bracket e di una tecnica linguale gestibile anche dal dentista generico e dall’ortodonzista non specializzato in tecnica linguale, per il trattamento di casi clinici comuni nella pratica quotidiana e, soprattutto, proponibile alla totalità dei pazienti per il costo sostenibile della terapia.
Ciò non toglie che lo stesso bracket, come si dimostra, sia utilizzabile anche per affrontare casi ortodontici complessi e multidisciplinari, tipici dei trattamenti affrontati da clinici più esperti nella tecnica ortodontica linguale, e con soddisfazioni cliniche pari a quelle ottenibili con altre tecniche linguali o vestibolari(3,4).

Biomeccanica legatura
I problemi da risolvere nella progettazione di un bracket linguale si possono riassumere in modo schematico nelle seguenti tre alternative(5-8):
1 - bracket singolo o gemellare: con la prima soluzione abbiamo minor frizione, maggior spazio interbracket e conseguentemente forze più leggere a parità di filo utilizzato, nonché minor variabilità di forma del bracket da dente a dente e quindi minori necessità di magazzino; con la seconda soluzione abbiamo più controllo e migliore rotazione;
2 - caricamento dell’arco verticale o orizzontale: con la prima soluzione si ha maggiore accessibilità e semplicità di caricamento con più stabilità nelle meccaniche di scorrimento; con la seconda si ha possibilità di meccaniche tendenti al filo dritto in slot orizzontali con pre-inserite informazioni e quindi maggior controllo nel torque e nelle rotazioni, pur con legature più complicate;
3 - bracket self-ligating oppure bracket che richiedono la legatura: la prima opzione è
intuitivamente quella ideale, data la difficoltà nell’esecuzione di legature dal lato linguale, ma per ora è limitata ai bracket Forestadent; la seconada opzione prevede la necessità di legature particolari come la double-overtie nella tecnica ORMCO-Kurtz necessaria per correggere le rotazioni.

Il bracket IDEA-L Leone è un bracket ad aletta singola, a inserzione orizzontale e non self-ligating.
Come bracket a singola aletta con uno spazio interbracket maggiore consente all’arco di erogare forze più leggere a parità di filo utilizzato, riduce la difficoltà di ingaggio nelle prime fasi di terapia e consente di utilizzare poi archi più spessi con buon controllo del movimento dentale.
Le ridotte dimensioni latero-laterali dello slot ne riducono anche l’effetto frizionante. Ciò va poi considerato in associazione all’uso della legatura Slide(17,18), che permette di trasformare lo slot in un tubo con conseguente riduzione della frizione e produce l’effetto di un progressivo ingaggio dell’arco nello slot ottenendo un sistema low friction. Il bracket IDEA-L, quindi, non è self ligating. Possibile anche la legatura continua con catenella elastica o quella in metallo, che permette un miglior controllo delle rotazioni.
La singola aletta consente una minore variabilità nella forma dei bracket con minor magazzino.
Il bracket IDEA-L Leone è infatti prodotto in due formati che differiscono solo per la basetta. Basetta piatta per il gruppo frontale, basetta curva per premolari. Il bracket IDEA-L ha uno slot con inserzione orizzontale. Non ha slot verticali accessori per ausiliari rimovibili tipo bite plane o molle di uprighting. L’accessibilità dello slot è buona. Il bracket non è progettato per meccaniche di scorrimento né per il controllo del torque, ma lo slot orizzontale lo rende teoricamente utilizzabile per le procedure di laboratorio di bonding indiretto, previo set up e posizionamento dei bracket con parallelometri o arco ideale, e quindi anche per un possibile utilizzo in casi complessi con controllo tridimensionale. In sé è progettato in modo ottimale per una meccanica 2D.
Non è un bracket dotato di bite plane tipo ORMCO VII generazione o di bite plane ausiliari tipo gli Stealth American Orthodontics: ciò richiede di studiare la posizione dei bracket prima del bonding, in modo da non interferire con l’OVJ e OVB dentale né attuale né finale, oppure richiede, in alternativa, ove non è possibile quanto sopra, di realizzare rialzi occlusali in resina, secondo le esigenze cliniche iniziali e posizionando i bracket in modo che non interferiscano con la posizione finale dei denti. Il bracket non è dotato di hooks, e ciò rende un po’ meno agevole la legatura singola, ma non impedisce la legatura continua. In compenso, l’assenza dell’uncino rende il bracket meno traumatico per la gengiva e la lingua.
La trazione con elastici intermascellari, qualora richiesta, deve invece avvalersi di bottoni estetici posti sul lato vestibolare, tipo i ganci direct bonding Natura Leone.

Bonding
Il bracket può essere incollato con bonding diretto(9-13), posizionandolo mediante i transfer IDEA-L Leone (Fig. 1a)(17,18); oppure con un Jig termoformato sul modello in gesso di guida per l’altezza dei bracket (Fig. 1b); o, infine, con bonding indiretto, se richiesto dalla complessità del caso o se così gradito dall’operatore(14-16).
Il bonding diretto permette di evitare di avvalersi di complesse e costose tecniche di laboratorio, e rende l’uso clinico del bracket più semplice e la terapia molto meno onerosa dal punto di vista economico sia per il clinico sia per il paziente(19,20).
Per il bonding è stato utilizzato l’adesivo bicomponente Phase II della Reliance per l’elevata consistenza e stabilità di questo materiale durante il posizionamento, che è tale da consentire sia la realizzazione diretta di spessori (resin pads), che compensano l’anatomia linguale variabile di ogni singolo dente e quindi determinano l’in-out, sia le cuspidi linguali dei premolari, per ancoraggio del bracket, ove sia carente la dimensione verticale della superficie linguale del premolare stesso. Dato che il bracket in oggetto si presenta con una sede per le legature piuttosto chiusa e ritentiva, il collante tende a impegnarla, e a volte è necessaria la rimozione con fresa, a polimerizzazione avvenuta.
Il bracket linguale IDEA-L Leone va quindi incollato con la legatura in sede dalla parte cervicale, ben inserita nell’aletta, impegna poi dalla parte occlusale un apposito gancio del transfer monouso fornito in diverse misure, a seconda dell’altezza a cui si vuol posizionare il bracket. Il transfer è dotato anche di una guida delle stesse dimensioni dello slot del bracket (Fig. 1c). La lunghezza a scelta del braccetto del transfer (sono in dotazione 6 misure) permette di individualizzare l’altezza di posizionamento del bracket. Il posizionamento può anche essere eseguito prima sul gesso della malocclusione per una maggior precisione e controllo; in questo caso si fissano poi i braccetti dei jig in un’unica struttura in silicone trasparente che fa da transfer per il bonding(17).
Per l’arcata inferiore – più accessibile alla vista diretta dell’operatore – è possibile, se il clinico lo gradisce, il bonding senza transfer, come avviene per altri bracket linguali a bonding diretto a tecnica 2D. In questo caso, è fondamentale impegnare lo spazio di legatura di entrambe le alette con la legatura stessa per impedire il flush di resina.
Per determinarne la posizione mesio-distale e l’inclinazione del bracket, ci si riferisce all’asse lungo del dente.
Per l’in-out ci si avvale, in fase di bonding, di compensi messi in atto direttamente dal clinico grazie alla modulazione dello spessore del resin pad; ciò richiede poi una verifica clinica e un possibile ulteriore compenso con pieghe di primo ordine sull’arco.
Possibile il bonding indiretto in casi di maggior complessità clinica(21-24), sia avvalendosi di tecniche di bonding indiretto semplici e a basso costo (da realizzare in studio con transfer in silicone) sia di tecniche più complesse e costose che richiedono il set up, la realizzazione di archi ideali, la stampa di transfer in materiali termoformati, e quindi l’intervento del laboratorio.
Si possono, infine, anche realizzare in studio, sul gesso, con una termoformatrice tipo Biostar, delle mascherine da inserire sulla superficie occlusale dei denti durante il bonding diretto, ritagliate in direzione cervicale dal lato linguale, fino a stabilire uno stop in altezza a livello del quale posizionare il bracket. Questo sistema permette una verifica su gesso e una guida efficace in bocca per il posizionamento in altezza del bracket per chi voglia posizionarlo completamente a mano.

Selezione dei casi diagnosi e indicazioni
Le nostre terapie verranno selezionate tra i casi risolvibili con una tecnica 2D per il controllo dei movimenti di primo e secondo ordine nel piano orizzontale e verticale, cioè l’allineamento e il livellamento e la rotazione. Si può gestire con opportuni accorgimenti l’in-out, ma per definizione non si può gestire un movimento 3D, cioè il torque(2,5,17,19,25). Un bracket 2D, quindi, non necessita di uno slot a sezione quadrangolare, e potrebbe avere uno spazio/slot a sezione genericamente tonda, semicircolare, per non ricever informazioni di torque ingestibili.
Prototipo di questa tecnica è stato il bracket Philippe, poi perfezionato nel 2D Insubria Forestadent.
Il nostro bracket ha invece una sezione quadrangolare, come altri bracket indicati per tecniche linguali semplificate, ad esempio il bracket STb Light Lingual System di Scuzzo e Takemoto o il Simple System American Orthodontiocs; quindi, per gestire una meccanica 2D per cui è stato concepito, deve ingaggiare solo archi tondi.
Uno slot quadrangolare apre però la possibilità di utilizzarlo cautamente e con opportuna sperimentazione di tecnica e clinica, anche con metodiche di laboratorio che prevedano il set up e l’inserimento di dati di torque, con possibilità di utilizzi e indicazioni più ampie, benché mirate.
L’indicazione elettiva è quindi in casi in cui il torque non è richiesto, casi di allineamento, livellamento e derotazione. Il caso paradigmatico è di prima classe con affollamento moderato, che non richieda avulsioni, ma semplicemente striping interprosssimale degli incisivi inferiori. Molto indicato, per l’azione livellante sul piano occlusale, è anche nei casi di morso profondo, in prima Classe, anche con affollamento. Utilissimo nei ritrattamenti per recidiva dell’affollamento dei frontali inferiori in pazienti che non hanno portato diligentemente l’apparecchio di contenzione; il fatto di essere invisibile lo rende meglio accetto nei ritrattamenti, in pazienti che non sono più motivati ad avere un ulteriore apparecchio visibile. Altra indicazione elettiva è appunto il suo essere invisibile, quindi l’uso in pazienti adulti o comunque pazienti che per motivazioni sociali necessitano di un apparecchio che non interferisca con la vita di relazione e che desiderano trattamenti prevalentemente cosmetici.

Successione clinica di archi e tecnica linguale
Il primo arco è lo .012 NiTi. Se si bonda l’arcata fino ai premolari o oltre l’arco, va piegato a forma di mushroom arch con l’uso del calore, per eliminare l’effetto memoria nel punto di piegatura.
Per i casi semplici di allineamento e livellamento ci si avvale poi in successione di uno .014 NiTi e per finire si utilizza un TMA .016 o, nei casi più complessi, uno Stainless Steel Australiano .016 a seconda del grado di livellamento rimasto da correggere.
Dato che la gran parte dei casi di affollamento riguarda i frontali, e che i casi non sono in genere estrattivi, si evidenzia spesso un Bolton alterato e si ricorre quindi per ottenere spazio allo striping interprossimale.

Casistica e problemi clinici
Affollamento lieve
Paziente L.A., femmina; presenta nell’arcata inferiore affollamento lieve, I Classe canina e molare, I Classe scheletrica (Figg. 2a-d). Caso non estrattivo.
Situazioni cliniche di questo tipo, sia come malocclusione primitiva che come recidiva per frattura o distacco del retiner, sono piuttosto frequenti nella pratica quotidiana. Spesso il paziente si presenta per la risoluzione di questi problemi per motivi puramente estetici, se non addirittura cosmetici. Il piano terapeutico prevede la modica inclinazione vestibolare degli incisivi inferiori per portare i margini incisali su un arco di cerchio più ampio e sufficiente a recuperare i pochi millimetri di spazio mancanti. Tempo di trattamento circa 3 mesi. Si completa il caso con un retiner in fibra di vetro invisibile.

Affollamento grave, biretrusione e bruxismo
Paziente M.A., maschio; I Classe canina e molare, I Classe scheletrica. Biretruso con affollamento biarcata, non estrattivo (Figg. 3a-g; Figg. 4a-e). L’inclinazione palatale dei due incisivi centrali superiori, con conseguente morso profondo dentale, determina un incarceramento mandibolare che ha indotto il paziente al bruxismo con usura dei margini degli incisivi inferiori. L’apertura del morso ottenuta ci permette di ricostruire, con dei provini in resina solidarizzati al retiner, i margini occlusali abrasi degli incisivi inferiori, in attesa di completare il caso con faccette in ceramica al termine della fase di contenzione.

Conclusioni
L’aumentata richiesta nella nostra società di trattamenti ortodontici estetici, e a volte anche solo cosmetici, da parte di pazienti adulti e giovani, e la richiesta di trattamenti che siano estetici non solo riguardo al risultato, ma anche nella gestione del trattamento stesso, ci porta a considerare come essenziale nella pratica clinica quotidiana (del dentista generalista, come dell’ortodonzista specialista) la gestione degli apparecchi ortodontici linguali.
L’ortodonzia linguale, proprio in quanto posta all’interno delle arcate dentali, è l’unica veramente invisibile e, come tale, permette una normale vita di relazione al paziente che la porta.
Fra le apparecchiature ortodontiche linguali quella ottenuta con il bracket IDEA-L Leone presenta molti vantaggi: è sottile e poco ingombrante, quindi molto igienica, e riduce il disagio del paziente a carico dei tessuti molli e della fonazione, non richiede procedure di laboratorio per approntare l’apparecchio e si posiziona con il bonding diretto; ciò la rende più facile da gestire anche per il dentista generalista e rende la terapia più economica sia per il curante che per il paziente.
Si presenta quindi come un’apparecchiatura linguale accessibile a vasti strati di utenza. Dal punto di vista biomeccanico utilizza una tecnica 2D rendendo la sua gestione molto semplificata e utilizzabile dal dentista generalista per i casi semplici della pratica clinica quotidiana e, inoltre, richiede una collaborazione minima da parte del paziente prestandosi a terapie relativamente rapide. Ciò non vieta però che il bracket, essendo dotato di un vero e proprio slot, possa essere trattato con tecniche di laboratorio che prevedano il posizionamento su set up e il bonding indiretto, rendendo tale apparecchio utilizzabile per casi più complessi e gratificante anche per l’ortodonzista già esperto in tecnica linguale.

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La bibliografia completa è disponibile presso l'editore.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 10 di Dental Tribune Italy (speciale Ortho Tribune) 2011.

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