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Cambiare studio? Meglio restare in quello vecchio o affrontare l’avventura di una struttura diversa?

Paolo Visalli

Paolo Visalli

lun. 26 maggio 2014

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L’esperienza di un odontoiatra di Roma. Un’analisi di quel che comporta la scelta di trasferirsi, nasce dall’esperienza di un professionista di Roma con uno studio avviato da oltre venti anni e una clientela consolidata che ha deciso di dare nuova vita alla propria attività. Molti gli spunti di riflessione e consigli su come districarsi nella giungla delle autorizzazioni e delle ristrutturazioni degli studi odontoiatrici.

Premessa
Cambiare studio dopo un certo numero di anni di professione è una molla che può scattare in ognuno di noi per diverse cause: voglia di rinnovarsi, attrazione verso studi più belli dei nostri, scadenza del contratto d’affitto, mancanza di requisiti minimi non più procrastinabile, investimento che produce detrazioni importanti per molti anni, necessità di maggiore spazio e qualunque altro buon motivo che aleggia in noi. La nostra idea di cambio, seppur pensata nei minimi particolari, è sempre un viaggio del quale si conosce la data di partenza ma non quella di fine corsa. Cosa vuol dire? In pratica, se noi pensiamo di trasferirci entro la fine dell’anno in uno studio nuovo non è assolutamente detto che possiamo iniziare a lavorare da gennaio dell’anno seguente. Per quale motivo? Perché in Italia ci sono talmente tanti ostacoli, vincoli, balzelli, decreti, leggi, poteri, ricatti, sanzioni, approssimazioni, interpretazioni e via dicendo che non permettono di avere una programmazione certa. Questo viaggio nel mondo delle autorizzazioni degli studi odontoiatrici è una panoramica a 360° della realtà della Regione Lazio che, a detta di esperti di autorizzazioni di strutture sanitarie, non è la peggiore.

Siamo professionisti o numeri? La lunga via di tanti dentisti che vogliono aprire uno studio odontoiatrico
Innanzitutto è bene sapere che chi vuol trasferire il proprio studio da un civico all’altro della stessa strada deve praticamente seguire l’iter autorizzativo di chi ne vuole aprire uno ex novo. Infatti il neolaureato non si sente solo in questa ardua impresa perché anche il professionista di vecchia data parte insieme al giovane odontoiatra per una corsa ad ostacoli fatta di innumerevoli soste forzate, che vanno dalla richiesta di agibilità dell’immobile accatastato uso ufficio (A10) o uso commerciale (C1 ), alla redazione del piano di emergenza timbrato e firmato oltre che dal direttore dei lavori anche da un tecnico abilitato dai vigili del fuoco.

Queste due pratiche possono richiedere un tempo anche lungo e non prevedibile. Ma siccome i documenti da presentare in triplice copia alla Regione sono una quantità enorme, provate a moltiplicare i due documenti appena citati per circa 20: il risultato è un periodo di stress e di spese elevatissime, durante il quale il professionista deve continuare a lavorare. Il tutto è condito anche dal fatto che una delle copie inviate alla Regione finirà alla ASL di appartenenza dopo un periodo di silenzio assenso, per poter iniziare l’attività, di quarantacinque giorni dalla presentazione stessa. Se siete bravi e fortunati e la Regione non vi contesta nulla, arriva la ASL e qui si innesca un’altra roulette russa dove dipende quale ASL vi capita, perché alcune chiedono certe cose, altre ne chiedono altre. Quindi si vive sempre sul filo del rasoio con poche certezze e molti timori di non aver fatto mai abbastanza per essere in regola.

Se poi, per caso, nella ristrutturazione dell’immobile c’è qualche imprevisto diventa un girone dantesco il percorso che all’inizio ci sembrava un’idea felice e carica di entusiasmo, anche perché l’immobile in cui si esercita prima di trasferirsi deve essere disdettato sei mesi prima, cosa non piacevole quando si ha la percezione che il tempo passa ma si potrebbe non riuscire a spostarsi per quella data. Non c’è una ricetta unica per affrontare quest’avventura affascinante e al tempo stesso drammatica del nuovo studio, perché non solo ogni ASL ha delle esigenze differenti ma in Italia ogni regione ha un decalogo differente per definire la stessa struttura sanitaria ai fini autorizzativi. Ma non siamo tutti odontoiatri dello stesso paese? Qualcuno vedendoci dal di fuori (dell’Italia) potrebbe anche dire: «Only in Italy». Se per un dentista che lavora da molti anni e che comunque ha una redditività più o meno stabile diventa un calvario aprire un nuovo studio, proviamo a pensare per un neolaureato che dopo aver affrontato la stessa lunga e tortuosa trafila dell’autorizzazione, deve trovare i soldi per ristrutturarlo e attrezzarlo e, “dulcis in fundo”, la clientela con cui riempirlo.

Se tutto ciò spaventa il giovane o non è nelle possibilità economiche della famiglia che succede?
Accade quello che purtroppo vediamo sempre più spesso, ossia la consolazione di far lo schiavetto nei network odontoiatrici che oggi pullulano in Italia grazie alla liberalizzazione delle professioni senza regole. Questo scenario, a lungo andare, porta anche gli odontoiatri non più giovani ad abbassare le spalle e a svendere, a volte, la loro professionalità facendo il direttore sanitario in questi centri “Beldent” per non voler più sostenere questa dura prova di forza per ottenere un’autorizzazione che è un loro diritto ma non è più una certezza. Allora forse siamo solo dei numeri. E come possiamo prevenire la morte di uno studio monoprofessionale? Come possono inserirsi i giovani odontoiatri nel mondo professionale senza umiliare la propria dignità? Come si può concepire che uno studio monoprofessionale non possa avvalersi di collaboratori, almeno secondo le leggi regionali nel Lazio? Non è questo un ulteriore ostacolo alla crescita dei giovani visto che le autorizzazioni per i poliambulatori sono più difficili di un biglietto vincente della lotteria? Come si spiega il gran numero di operatori abusivi in ambito sanitario? Forse perché non possono chiedere alcuna autorizzazione? O forse perché non devono chiedere l’apertura di una partita iva? Come si spiega che si viene salvati con bypass coronarici da eccellenti medici e poi si resta in ospedale due mesi per pericolose infezioni subentrate? Allora perché questo accanimento nei confronti dei dentisti e non solo?
Di recente c’è stato un momento che il Presidente della Regione aveva fatto credere di semplificare le procedure autorizzative ma di fatto per noi dentisti non è cambiato nulla, tranne il Presidente. La nostra professione, come le altre, ha necessità di ricambio generazionale e se queste sono le condizioni in cui vengono messi gli studi monoprofessionali, presto ci saranno migliaia di giovani dentisti disoccupati (perché non possono diventare collaboratori) o sottoccupati (perché sottomessi in questi centri “Beldent”). Eppure non ci vorrebbe molto per dare alle nuove leve la possibilità di acquisire, emergere, diventare autonomi. Tutti più o meno abbiamo imparato molto negli studi di colleghi più esperti e i più fortunati hanno avuto la possibilità di fare esperienza nell’università o all’estero.

Conclusioni: “Per aspera ad aspra”
Nonostante questa panoramica al peperoncino della situazione autorizzativa per gli studi odontoiatrici, ecco alcuni punti fermi su cui far leva quando si pensa di intraprendere il sogno dello studio nuovo che, come tale, va perseguito armandosi di tenacia e fiducia in sé stessi, per dirla con i latini: “Per aspera ad aspra”. Valutate attentamente il decalogo sottostante prima di “bloccare” un appartamento che vi sembra ideale per il vostro studio.
a) Non farsi illudere dalle agenzie immobiliari che pur di accollare un immobile fanno tutto semplice… Un po’ di sana diffidenza.
b) Avvalersi di un consulente legale in materia sanitaria disponibile in diversi ordini degli odontoiatri d’Italia.
c) Verificare prima di acquistare/affittare un immobile la ASL di appartenenza cercando quella meno aggressiva nei confronti della categoria.
d) Munirsi degli strumenti legislativi della Regione di appartenenza cercando di sviscerare tutti i punti.
e) Verificare le condizioni per presentare la dichiarazione di inizio attività dei lavori di ristrutturazione al comune e/o circoscrizione di appartenenza.
f) Farsi fare più preventivi possibili e non fermarsi all’amico o al preventivo apparentemente più abbordabile, chiudendo il contratto con l’acquisizione da parte della ditta del rischio imprevisti e con la data di fine lavori bloccata e anche con la mora per i giorni di sforamento dalla data prevista.
g) Pensare sempre che l’imprevisto sia dietro l’angolo ma che la determinazione sia la cura di tutti i mali di questa impresa.
h) Consultarsi con colleghi che hanno appena finito questa odissea o che devono iniziarla è molto utile per non sentirsi soli nel cammino tortuoso.
i) Se si è iscritti a qualche associazione di categoria pretendere di essere aiutati se hanno strumenti per farlo, perché in questi frangenti si vede quanto vale.
j) Pensare all’eventuale consulenza di un avvocato per far valere i propri diritti.
k) Pensare a un’idea originale per distinguere il proprio studio in qualche servizio che altri studi ancora non hanno.
Infine un appello al Presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti: «Caro Presidente, non abbandoni così migliaia di dentisti del Lazio e prenda provvedimenti per snellire le pratiche di autorizzazione all’esercizio».

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