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Aggiornarsi: non solo un esercizio accademico ma una concreta opportunità per il paziente

Roberto Callioni

Roberto Callioni

mer. 1 settembre 2010

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Il mese di settembre coincide, anche per la professione odontoiatrica, con lo start della grande kermesse di aggiornamento: congressi, convegni, conferenze serali, formazione a distanza. Di tutto e di più.

Nei paesi anglosassoni l’inizio dell’anno nuovo, in particolare quello “produttivo”, coincide con la ripresa dell’attività lavorativa, e quindi anche professionale, dopo la pausa estiva. Questa tendenza negli ultimi anni sembra interessare anche il nostro Paese, e ciò ovviamente vale anche per la professione odontoiatrica, con tutto ciò che essa “trascina con se”. D’altro canto, così è per il calendario scolastico.
Per analogia, il mese di settembre coincide anche per la professione con lo start della grande kermesse di aggiornamento: congressi, convegni, conferenze serali, formazione a distanza. Di tutto e di più.
Vi è da dire che nel nostro Paese l’aggiornamento è di fatto una virtuosa tradizione soprattutto laddove è parte integrante della mission di grandi realtà associative di categoria e non solo. Un aggiornamento di qualità e soprattutto capillarizzato sul territorio, fatto per scelta etica piuttosto che non per obbligo di leggi di Stato.
Ecco un aspetto significativo da evidenziare: l’aggiornamento inteso come progressione nel tempo del bagaglio formativo postuniversitario, coltivato appunto spontaneamente da migliaia e migliaia di colleghi. Tale atteggiamento è in netto contrasto con quanto previsto dalla normativa ECM laddove, nonostante “anni di battaglie sindacali” e la non proficua azione di chi rappresenta la professione nell’apposita Commissione, così come impostata, porta con sé gravosi oneri per la libera professione, a partire da quello fiscale. È ben nota, infatti, l’impossibilità della completa detraibilità di quanto investito in termini di aggiornamento, con gravi ricadute per la gestione dell’attività odontoiatrica di Studio.
Per ovviare a quanto sopra denunciato, molteplici realtà categoriali, prendendo atto delle difficoltà sopraccitate, hanno messo a punto efficaci sistemi di formazione a distanza che comportano di fatto un comodo ed efficace aggiornamento, vantaggioso nei contenuti e nei costi, tant’è che l’efficacia di questi strumenti innovativi è stata recepita favorevolmente dagli organismi ministeriali.
Organizzare una proposta “formativa equilibrata tra offerta di qualità e contenimento dei costi” non è cosa da poco, tanto che occorre ricordare come negli ultimi anni molteplici e realtà imprenditoriali del settore sono drammaticamente scomparse dalla scena categoriale.
Una particolare e decisiva riflessione va fatta rispetto all’adeguatezza dell’offerta formativa rispetto alla crisi socio-economica che interessa anche il nostro Paese, così come tutta la realtà occidentale. Abbiamo relatori tra i più validi al mondo, che in questi ultimi anni hanno iniziato a portare dovunque il loro talento in qualità di conferenzieri. In questo modo esportiamo la nostra inclinazione naturale e storica “al bello” e al funzionale, così come nei secoli e nel presente è stato per l’arte e per la moda.
Tuttavia, le soluzioni riabilitative proposte nei “sabati dedicati ai convegni” sono realmente sostenibili in termini economici dai pazienti che si presentano nei nostri studi il lunedì mattina, rispetto a quell’ideale “trincea” tra istanze e aspettative non sempre coincidenti? È corretto dissertare – soprattutto dinnanzi a platee gremite di giovani – circa strabilianti riabilitazioni protesiche su impianti quando spesso il paziente con difficoltà può permettersi una protesi totale amovibile? I nostri valenti relatori non possono non tener conto di questi aspetti, tanto rispetto ai discenti (soprattutto se giovani leve) che ai pazienti stessi.
Queste considerazioni non devono evidentemente intaccare il valore imprescindibile della qualità della cura. Meglio un’onesta riabilitazione e, comunque, una prestazione eseguita con tutti i crismi oggi piuttosto che non dare risposta al paziente e lasciare che venga suggestionato da un’improponibile proposta low cost, con tutti i rischi connessi.
Dall’“aggiornamento” alla “terapia realmente sostenibile”. Questa è la concretizzazione di una reale alleanza terapeutica, di una compliance con il paziente. In definitiva, facciamo in modo che l’aggiornamento non rimanga un esercizio accademico a cui il professionista spontaneamente si sottopone per dovere e passione, ma possa tradursi in una concreta opportunità per il paziente, in attesa di tempi migliori.

Roberto Callioni

 

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