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Con un avvio a esordio a “carattere anglosassone” – così l’ha definito Ugo Covani – ha aperto puntualmente alle 9:30 di stamane al Centro Congressi del Principi di Piemonte di Viareggio il primo International Meeting dedicato alla “Post exctraction implants”.
Un evento che sottolinea non solamente “the state of the art” ossia a quale punto è il problema degli impianti post estrattivi, ma anche la nascita della Fondazione dell’Istituto Stomatologico Toscano di cui Covani è fondatore e direttore, oltreché responsabile scientifico del Meeting.
Dopo un interessante excursus sulle origini storiche degli impianti (ne sono state trovate tracce nell’Olecene 10 mila anni fa e più recentemente, nella Gallia romana) Covani ha richiamato la figura di Manlio Formigini, il quale già 1947 riferiva di un follow-up implantare di 4 anni e a Shulte (Università di Tubinga), ispiratore delle sue ricerche, antesignano meno conosciuto di quanto meriterebbe. È poi passato a illustrare il caso di un impianto postestrattivo ultratrentennale di cui ha sottolineato la costante stabilità, dilungandosi più in generale, sul concetto di evidenza (certainity) assai problematico anche alla luce di quanto diceva un noto docente Usa di Medicina ai suoi studenti: “Tra 10 anni metà di quello che viene insegnato oggi non varrà più, ma i vostri insegnanti non sanno quale sarà quella metà”.
Prima di dare la parola a Myron Nevins, docente ad Harvard, forse il più illustre dei relatori iscritti a parlare, Covani si è infine intrattenuto sui risultati lusinghieri ottenuti in anni di pratica implantologica, da un’équipe affiatata (la sua), paragonabile a una squadra di meccanici ai box attorno a una Ferrari. Da cui la definizione di “pit stop dentistry”, con cui si è chiuso l’intervento di apertura.
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