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A Cernobbio in tempo di crisi, il Terzo Workshop di Economia

Un momento dell'evento a Villa D'Este, Cernobbio.
Patrizia Gatto

Patrizia Gatto

mar. 6 aprile 2010

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In uno scenario meraviglioso sul lago di Como, dominato tuttavia dai postumi di una crisi economica dove a fatica si cerca di disegnare un futuro predicibile e sostenibile, Paride Zappavigna, patron di casa in qualità di presidente Andi Como-Lecco, ha introdotto a Villa D’Este il 20 marzo scorso il 3° Workshop di Economia Andi.

In uno scenario meraviglioso sul lago di Como, dominato tuttavia dai postumi di una crisi economica dove a fatica si cerca di disegnare un futuro predicibile e sostenibile, Paride Zappavigna, padron di casa in qualità di presidente Andi Como-Lecco, ha introdotto a Villa D’Este il 20 marzo scorso il 3° Workshop di Economia Andi. Ha sintetizzato i temi del convegno partendo dall’analisi della crisi e del cittadino paziente, per introdurre i temi della categoria: quanto sono cresciute, rispetto alle prospettive di 2 anni fa, le strutture sanitarie complesse? Le piccole imprese sono “la pancia italiana” e in periodi di crisi sono flessibili. Piccolo è bello, ma ancora sostenibile? Perché i giovani si rivolgono alle grandi strutture?
Zappavigna ha introdotto così le relazioni di Luongo, direttore Cergas Bocconi, Prandstrallerm sociologo dell’Università di Bologna, e De Vico, giornalista del Corriere della Sera, che a nostro giudizio hanno dato un’avvincente e costruttiva chiave di lettura sul futuro delle professioni da un punto di vista individuale e collettivo, grazie al quale ognuno, dentista e non, credo sia ritornato a casa con maggiore entusiasmo.

Professione odontoiatrica e società
nell’attuale momento storico

Nel giugno 2008 su queste stesse pagine si dava ampia recensione al convegno biennale promosso dall’Andi nazionale nella meravigliosa Sala Regina di Villa D’Este. Le tematiche allora furono le minacce alla professione, le nuove opportunità, quali tipi di organizzazione, il nomenclatore tutto “condito” dallo slogan bocconiano del “Liberare la crescita”.
Il 20 marzo di quest’anno, alcuni importanti relatori, moderati da Livia Azzariti, hanno fatto il punto della situazione per verificare le prospettive delineate due anni prima, all’interno di una crisi che ha registrato nel 2009 riduzioni complessive di fatturato anche nel comparto dentale. I relatori del mattino, extrasettore, sono partiti dalla contestualizzazione della professione odontoiatrica nella società e nell’attuale momento storico. Nel pomeriggio, i professori Piperno, Tosco e Monticelli hanno fornito dati riguardanti il comparto, le paure da sfatare confrontate con i dati rilevati dall’Istat (Piperno), l’efficacia dell’applicazione dei criteri di gestione manageriale nello studio odontoiatrico, considerata comunque a tutti gli effetti una piccola impresa (Tosco) e, per concludere, l’applicazione dei comuni criteri contrattuali per i dipendenti dello studio, le relative possibili negoziazioni, contratti collettivi e ammortizzatori sociali applicabili (Monticelli). In questa recensione non ci soffermeremo sulla cronaca dell’interessante evento. Rimandiamo, per maggior comprensione al portale dell’Andi, in cui sono presenti le registrazioni integrali degli interventi, soffermandoci sugli aspetti di maggior rilievo, sugli elementi propositivi per un futuro appagante e, in termini moderni, sostenibile e predicibile.
Longo ha allungato lo sguardo a un futuro di 10-15 anni, che troppi oggi non vogliono vedere o governare, senza pensare alle prossime generazioni, conseguenza unica delle scelte attuali. L’esempio è calzante: in Italia si sono fatti entrare 5 milioni di stranieri privilegiando la manovalanza rispetto ad altre nazioni che hanno favorito laureati e intellettuali stranieri. E tutto ciò non sarà indolore. Rispetto al processo di industrializzazione, le categorie professionali tendono a opporsi, anche se è una realtà in tutte le attività artigianali. Questo processo non garantisce di per sé miglioramento né è sintomo di peggioramento. I capitalisti che investono in studi dentali in Italia sono comunque per ora marginali, come gli studi associati (566 su oltre 40.000 studi). Il reddito massimo prodotto dai più grandi studi non è assolutamente confrontabile con realtà quali quelle americane. Però è vero che produciamo il doppio di dentisti di quelli necessari al mercato e sempre più donne. Ora questi giovani in cerca di occupazione e le donne sono più disponibili alle consulenze rispetto a una attività imprenditoriale. Alcuni dati non coincidono con quelli successivi di Piperno, ma la sostanza è comune: i fondi integrativi per ora sono irrilevanti nell’area odontoiatrica e tantomeno le assicurazioni. Il problema vero è che solo il 30% della popolazione è curata regolarmente dal dentista: come fare per avere accesso a un mercato potenziale più ampio? L’Andi rappresenta la metà dei dentisti e pertanto ha il diritto/dovere di intervenire per governare queste scelte.
Dalla teoria, però, intravedo tre risposte pratiche: due di carattere individuale e una collettivo, anche se giustamente – dice Di Vico – la soluzione del professionista è quella del Paese. Dopo un’attenta analisi dello sviluppo delle professioni fino agli anni ’90, dove il professionista decideva cosa doveva fare il cliente, era riconosciuto dalla società attraverso l’iscrizione a Ordini professionali e con una precisa etica; il sociologo Prandstraller guarda al nuovo professionista in preda a conflitti, competizione e l’associazionismo, ma individua un elemento di ripresa e di salvezza: la creatività e la ricerca di nuove funzioni. Dopo molteplici esempi (architetti, psicologi, consulenti del lavoro), esorta il dentista a farsi carico di questa creazione di nuove funzioni, senza rassegnazione, ma anzi con giusta aggressività ricordando che la vendita e il marketing oggi sono il futuro di successo in qualsiasi produzione. Creare appetibilità e desiderabilità non può essere difficile per il dentista, là dove il viso e la bocca sono i simboli dell’amore, della sessualità, dell’attrazione e del piacere. Collegherei questo intervento, dunque, a quello del pomeriggio di Tosco, che vede come elemento salva-studio, ma anche di crescita e progettazione, il controllo della propria impresa/studio dentale, con l’applicazione dei criteri di contabilità, marketing, controllo gestione, coordinazione del personale. Non tutti gli studi hanno perso! Quel che conta oggi è quanto si è prodotto, non necessariamente un fatturato mal o non incassato. Prevedere, quantificare, gestire possono essere fattori di successo ma sicuramente aiutano a scegliere.
Infine qualcosa di veramente speciale per tutti. Ma il professionista di che ceto fa parte? E quale ceto oggi porta avanti il nostro Paese? Il ceto medio delle professioni – dice Di Vico – perché come sottolinea il sociologo bolognese dopo il postcapitalismo oggi ci si trova dinanzi a un capitalismo conoscitivo dove chi detiene la conoscenza produce valore e ricchezza. Ma chi lo rappresenta tale ceto a livello istituzionale? Le vecchie divisioni sinistra- destra fanno riferimento a modelli di grandi industria e di ceto operaio, superati. Ma chi è il portatore di valori e di reddito italiano, da chi è rappresentato? Risposta scontata, ma le professioni e la piccola impresa, ormai professionalizzata hanno bisogno di una rappresentanza, che può pilotare finalmente anche le leggi. E laddove sono già tali, almeno incidere sui decreti attuativi (vedi ad es. fondi integrativi). Conclusione per tutti: il professionista (e quindi il dentista) può e deve creare valore per sé, ma questo comporta un risultato sistemico. Quindi crea valore per tutti.

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