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Sul diritto del paziente di non soffrire e il dovere dell’odontoiatra di garantire cure senz’ansia e dolore

mer. 26 novembre 2014

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Intervista ai prof. Enrico Facco, dott. Giuseppe Vignato, prof. Gastone Zanette, dott. Maurizio Mazzuchin, prof. Testori. Nei giorni 7 e 8 novembre si è tenuto, presso il Lake Como Institute, diretto dal prof. Tiziano Testori, un corso teorico con live surgery su “Ansiolisi secondo il protocollo del prof. Manani”.

Un corso ritenuto dai partecipanti con contenuti nuovi e affascinanti, riassumibili nello slogan ad alto valore etico: “Il diritto del paziente di non soffrire e il dovere del medico odontoiatra di garantire le cure libere da ansia e dolore”. Le due giornate sono state pensate ed esposte da tre docenti al Master di secondo livello su “Sedazione ed emergenze in Odontoiatria”, che si svolge ogni anno presso la Clinica odontoiatrica dell’Università di Padova, diretto dal prof. Enrico Facco, che gentilmente si presta a rispondere ad alcune domande, mentre la chirurgia dal vivo, su una paziente in completa ansiolisi farmacologica, è stata condotta dal prof. Testori.

Prof. Facco: ci parli del Master in sedazione ed emergenze che lei dirige a Padova.
Il Master è stato introdotto 15 anni fa come corso di perfezionamento dal professor Giovanni Manani ed è poi stato trasformato, dal 2009, in Master di secondo livello. L’insegnamento del Master da me diretto è in continua evoluzione nei programmi e nei criteri di formazione, e rispetta in modo fedele tutte le linee guida e i documenti italiani ed europei sulle competenze dell’odontoiatra in anestesiologia odontostomatologica. La LM-46, ovvero il decreto che istituisce l’ordinamento didattico della laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria, definisce l’anestesiologia come «disciplina odontoiatrica caratterizzante» (quindi del tutto distinta dall’anestesiologia nel corso di laurea in medicina e dotata di un elevato numero di crediti); esso stabilisce inoltre che «i laureati magistrali della classe, al termine degli studi saranno in grado di applicare la gamma completa di tecniche di controllo dell’ansia e del dolore connessi ai trattamenti odontoiatrici (nei limiti consentiti all’odontoiatra)». Tale norma è in perfetto accordo con il Profilo delle competenze del dentista europeo, pubblicato dall’Association of Dental Education in Europe (ADEE), l’organizzazione che dal 1975 ha la missione di promuovere la professionalità in odontoiatria e svolge il ruolo di rappresentante ufficiale delle scuole odontoiatriche europee.
Il medico odontoiatra deve essere dunque competente nella gestione dell’ansia e della fobia odontoiatriche con tecniche sia comportamentali sia farmacologiche, deve essere competente nella gestione delle emergenze e nella valutazione e terapia del dolore acuto preoperatorio e orofacciale cronico: l’ansia e il dolore sono infatti la causa principale di stress e di emergenze in ambito odontoiatrico e solo il loro adeguato controllo può consentire la più elevata sicurezza e qualità complessiva delle cure.
Nel Master, della durata di un anno, è prevista quindi un’intensa formazione teorico-pratica che negli anni si è evoluta dall’insegnamento della sedazione e del trattamento delle emergenze a una prospettiva nuova unitaria in cui non c’è più separazione tra tecniche comportamentali e farmacologiche, e fra queste e il capitolo delle emergenze. È da precisare che la sedazione cosciente in odontoiatria è materia totalmente diversa da quella della sedazione utilizzata in anestesiologia per scelta di farmaci e obiettivi clinici, essendo il suo scopo la pura ansiolisi in assenza di interferenze con le funzioni vitali: in altre parole, l’obiettivo è il perfetto benessere psicofisico del paziente e il mantenimento della sua perfetta autonomia e collaborazione. L’ansiolisi, a sua volta, non è semplice materia di scelta e somministrazione del farmaco, ma è un complesso processo in cui il ruolo chiave è svolto dall’odontoiatra con il suo comportamento: da qui, l’introduzione e la progressiva enfasi data nell’insegnamento alle tecniche di comunicazione, alla iatrosedazione e all’ipnosi, tecniche di ineludibile importanza che, se ben utilizzate, consentono da sole livelli di ansiolisi eccellenti; esse possono essere ovviamente implementate, quando necessario, dalla sedazione farmacologica. Come già accennato, quello dell’emergenza è prevalentemente un problema di prevenzione: la gran parte di esse sono infatti conseguenza di una mancata valutazione delle condizioni sistemiche del paziente, di un mancato monitoraggio e di un’inutile quanto pericolosa esposizione a stress, dolore e ansia.

Dott. Vignato: in che cosa consiste la “mentalità del sedazionista”?
L’odontoiatra non può più considerarsi il “tecnico” dei denti, ma lo specialista della salute del cavo orale. Quindi, un medico consapevole è colui che incarna il concetto di salute non solo come assenza di patologia, ma come stato di equilibrio della persona. Il cavo orale è profondamente innestato nella vita emotiva di tante persone-pazienti, e da qui lo stato di elevata ansia che spesso accompagna chi frequenta uno studio dentistico. La mentalità del sedazionista consiste nel possedere questa consapevolezza e farla divenire pratica quotidiana. Attraverso un percorso formativo, il medico odontoiatra traduce in gesti, comunicazione, dedizione partecipe la propria professione, che ha come scopo la salute, cioè l’armonia del mondo orale. L’opera dello specialista si concretizza, allora, nello studio della funzione e dell’estetica, ma anche con la tutela dal dolore e dall’ansia. Lo slogan che meglio rappresenta il sedazionista è: «I denti non vanno dal dentista con le proprie gambe, ma vengono con te, cioè con tutto il tuo mondo». Un’altra specificità dell’odontoiatra sedazionista è di natura squisitamente culturale e consiste nella conoscenza che il mondo orale è una regione del corpo con un alto valore simbolico. La paura irrazionale, il trauma così vivo, anche se lontano nel tempo, e l’ansia che accompagnano la persona-paziente negli studi dentistici sono il segno che c’è di più oltre al timore di soffrire, e questo avanzo ha una natura archetipale, cioè inconscia. La traduzione di questo concetto può essere che se il cavo orale è l’accesso al tubo digerente, la bocca è anche la porta che si apre verso un mondo interiore del quale bisogna avere rispetto. Così come non apriamo la porta di casa a chiunque, anche il cavo orale si aprirà senza traumi all’odontoiatra che ha “bussato” ed è stato riconosciuto. Diversamente da così, si tratta di un’invasione traumatica di uno spazio proprio.

Dott. Zanette, potrebbe definire lo stato di ansiolisi e in che cosa differisce dalla sedazione cosciente o profonda in uso in molti studi dentistici?
Per ansiolisi si intende semplicemente la riduzione dell’ansia, fino alla sua completa scomparsa.
Per sedazione cosciente si intende la metodica che permette di ottenere una depressione minimale della coscienza tale da rassicurare il paziente e permettere che l’intervento possa essere effettuato con livelli minimali di stress psicofisico. In odontoiatria, ansiolisi e sedazione cosciente, sempre associate a un’anestesia locale efficace, rappresentano un aspetto fondamentale del moderno trattamento odontoiatrico, basato tanto su un razionale etico (il paziente odontoiatrico ha il diritto di ricevere, e l’odontoiatra il dovere di garantire un trattamento privo di ansia e dolore) quanto su un razionale fisiopatologico, in quanto solamente tale trattamento rende possibile la prevenzione della maggior parte delle complicanze tipiche dello studio odontoiatrico. Ansiolisi e sedazione cosciente sono, infatti, in grado di prevenire la risposta fisiologica dell’organismo allo stress perioperatorio sia nel paziente che nell’operatore, rendendo lo studio odontoiatrico calmo e rilassante, perché privato delle complicanze e delle emergenze tipiche dell’odontoiatria. Ansiolisi e sedazione cosciente possono essere garantite tramite l’impiego di tecniche comportamentali (iatrosedazione) e/o farmacologiche (protossido d’azoto e/o benzodiazepine) specifiche per l’odontoiatria, e devono essere sempre associate a un’anestesia locale efficace. Ansiolisi e sedazione cosciente si ottengono mediante l’impiego di farmaci utilizzabili dall’odontoiatra nel comune studio odontoiatrico e garantiscono sempre il mantenimento della coscienza e, perciò, del controllo delle funzioni vitali da parte del paziente. In questo modo sono garantite efficacia e sicurezza. Al contrario, la sedazione profonda comporta la perdita di coscienza e, conseguentemente, il rischio dell’incapacità da parte del paziente di mantenere il controllo della pervietà e funzionalità delle vie aeree. Le tecniche di sedazione profonda prevedono, inoltre, l’impiego di farmaci di classe H, a esclusivo uso intraospedaliero, come midazolam, propofol, fentanile ecc., comportando perciò pesanti risvolti medico-legali per i professionisti coinvolti.

Dott. Vignato, il prof. Facco e il dott. Zanette hanno usato un termine strano: “iatrosedazione”. Ci può chiarire il concetto?
La iatrosedazione è il metodo applicativo di quanto ho detto nella risposta precedente. L’ansiolisi o, meglio, il processo ansiolitico, inizia con la relazione che si stabilisce tra la persona-medico e la persona-paziente; infatti, la iatrosedazione può essere definita come un’ansiolisi ottenuta mediante il comportamento dell’operatore, che influenza positivamente quello del paziente. La parola è “energia” ed è così potente da modificare chi l’ascolta. Anche per la iatrosedazione sono richieste delle abilità che prevedono un percorso formativo circa le tecniche di comportamento, la capacità di sviluppare empatia, le tecniche di comunicazione come la PNL o l’ipnosi. Quest’ultima tecnica, che esercito quotidianamente, è la massima espressione della potenza del linguaggio e mi permette di affrontare la maggior parte dei casi di odontofobia. Ancora una volta l’odontoiatra è di fronte a un nuovo paradigma con una forte connotazione etica: la visione della salute orale integrata nell’equilibrio della persona.

Dott. Zanette, quali sono i farmaci e le procedure che impiegate per il “protocollo Manani”?
Il protocollo messo a punto dal prof. Giovanni Manani, in oltre 20 anni di attività nel campo dell’anestesiologia odontoiatrica, prevede un percorso diagnostico-terapeutico caratterizzato da razionalità (evidence based), sicurezza, efficacia, eticità, comfort.
Può essere riassunto e semplificato nel seguente schema:
1. valutazione preoperatoria dello stato fisico e psicologico.
2. Analgesia preventiva (FANS prima dell’aggressione chirurgica).
3. Terapia antiedemigena (cortisonico intraoperatorio).
4. Profilassi antibiotica (linee guida internazionali 2007).
5. Ansiolisi/sedazione cosciente mediante la titolazione endovenosa di diazepam.
6. Anestesia locale efficace e duratura (bupivacaina).
7. Monitoraggio perioperatorio clinico e strumentale.
8. Analgesia postoperatoria (paracetamolo 1 g/6 h per 2 giorni).

Dott. Zanette: vedo dal suo curriculum che lei è specializzato in anestesiologia. Scusi la domanda, ma cosa ci fa un anestesista con questo tipo di farmaci generalmente snobbati dalla sua categoria?
L’anestesista che non ha esperienza specifica delle procedure odontoiatriche tende a perpetuare le tecniche di sedazione profonda che è abituato a impiegare in altre specialità chirurgiche, utilizzando farmaci di classe H, a esclusivo uso intraospedaliero, con tutti i rischi connessi. È semplicemente un problema di educazione e formazione professionale, che può essere facilmente risolto dall’insegnamento universitario e postuniversitario, in Italia purtroppo ancora decisamente carente in questo campo specifico. Del resto, anche la formazione professionale dell’odontoiatra italiano è decisamente carente in questo campo specifico, a differenza di quanto accade nel Regno Unito, USA, Canada, Giappone, Australia ecc. Vi è la necessità impellente che l’odontoiatria Italiana riscopra e si riappropri dell’anestesia odontoiatrica al fine di garantire uno standard in linea con i tempi correnti.

Prof. Facco: dunque la tecnica che voi insegnate prevede una via venosa. Rispondiamo alla domanda che tutti i lettori si stanno ponendo: i laureati in odontoiatria possono prendere una vena e iniettare il farmaco?
L’accesso venoso è indispensabile per l’ansiolisi farmacologica, perché solo la titolazione delle dosi in relazione alla risposta del paziente permette di raggiungere il corretto obiettivo terapeutico ed evitare con certezza dosaggi inappropriati per eccesso o per difetto. Quello della competenza dell’odontoiatra nella cannulazione di una vena periferica è in ogni caso un falso problema, se solo si guarda alle leggi e ai regolamenti italiani ed europei vigenti: non mi risulta esistere alcun documento che vieti la cannulazione e, in caso esistesse, dovrebbe essere immediatamente impugnato e cassato per la sua incompatibilità con le competenze sancite da questi documenti. Come ha giustamente affermato il presidente nazionale CAO, il dentista è “medico odontoiatra”, e come tale competente nella diagnosi e terapia delle malattie del cavo orale, nell’esecuzione di procedure chirurgiche e nella terapia delle emergenze: tali competenze rendono di per sé grottesca anche la sola idea che non possa esser in grado di eseguire una venipuntura, per non si sa quale ipotetica, inimmaginabile e infondata ragione.

Dott. Mazzuchin, lei è un esperto di emergenze odontoiatriche: in che senso possiamo affermare che la tecnica ansiolitica abbassa drasticamente le evenienze avverse di un studio dentistico?
Partirei da una considerazione: gli sviluppi in termini di richieste del paziente e i progressi della medicina, soprattutto nel campo della chirurgia, hanno permesso l’attivazione di procedure sempre più complesse, su di un numero sempre più ampio di pazienti.
È in costante aumento il numero di persone anziane con problematiche sistemiche di vario genere, che fanno ricorso a cure lunghe e complesse. Molti poi sono i fobici, gli stressati e i tesi, soprattutto quando prevedono di affrontare l’odontoiatra. Lo stress e la paura sono emozioni negative capaci di creare il rischio di emergenze.
Una visita preoperatoria accurata, unita a una corretta anamnesi, è lo strumento indispensabile per prevenire e intercettare potenziali situazioni a rischio; tuttavia, si è visto che agire sul livello di stress, ansia e tensione, riducendo in tal modo la risposta fisiologica del corpo a questi stimoli, riduce drasticamente l’insorgenza di complicazioni e accidenti, come la sincope vasovagale o la crisi ipertensiva, fino a eventi più gravi e rischiosi come shock, infarto e reazioni allergiche. Così, un paziente tranquillo e rilassato migliora la prognosi dell’intervento e rende oltretutto possibile un lavoro migliore e preciso da parte del professionista.

Dott. Mazzuchin: la cartella clinica che usate per l’ansiolisi contiene degli elementi di novità rispetto a quella tradizionale. Ci espliciti gli aspetti dirimenti.
La cartella clinica, ideata dal prof. Facco e dal prof. Manani, è pensata secondo una logica che permette di valutare diversi aspetti per ogni singolo paziente.
La prima parte raccoglie i dati anamnestici, dove il paziente descrive tutte le sue patologie, se ci sono, e le terapie in atto, unitamente a un colloquio in cui viene esplicato l’intervento, i rischi e viene redatto il consenso informato. La seconda parte, invece, si sofferma in maniera analitica sulla valutazione dell’ansia sia da un punto di vista qualitativo, mediante un test (Test di Corah modificato), sia quantitativo, con una scala di valori da 1 a 10, detta Scala Visuale Analogica (VAS). Si arriva quindi all’intervento sedativo; in questa fase, l’odontoiatra sedazionista, in base all’ansia del paziente, somministra un ansiolitico in dosi mirate, consecutive, fino al raggiungimento dello stato di tranquillità assoluta. Ottenuta l’ansiolisi, si può procedere con la terapia sia essa chirurgica, conservativa o protesica. Ritengo di assoluta novità il concetto, molto caro alla scuola padovana, che sostiene l’idea che l’uso della tecnica non dipenda dal tipo d’intervento cui si sottopone il paziente, ma, piuttosto, dalla qualità e quantità di ansia che egli esprime. Durante l’ansiolisi vengono monitorati tempo, ora, dosaggio e parametri vitali del paziente. Questi dati vengono trascritti in una tabella che fungerà da linea guida durante l’intervento. L’ultimo aspetto, non meno importante, è la valutazione dello stato di coscienza e lucidità del paziente prima della dimissione. Tale procedura si effettua mediante il test di Newman.

Prof. Testori, lei è un clinico e un chirurgo orale di fama internazionale e di lungo corso: potrebbe esprimere un suo parere o la sua esperienza con la tecnica del prof. Manani? Qual è il plusvalore di tale procedura? La consiglierebbe a un suo allievo?
La mia esperienza è recente, dato che la utilizzo da circa due anni e attualmente ho eseguito 130 interventi in ansiolisi. Dal punto di vista strettamente operativo, noto che il paziente è molto più stabile durante l’intervento chirurgico rispetto alla sedazione cosciente, che talvolta presenta il problema che il paziente sia troppo sedato, e quindi non collaborante, o poco sedato, fino ad arrivare a casi in cui il paziente si dissocia e diventa più agitato. Con l’ansiolisi solo due pazienti su 130 si sono lamentati per l’effetto prolungato, che può perdurare anche il giorno dopo l’intervento, dovuto alla lunga emivita dei farmaci utilizzati. Ad eccezione di questi due casi, tutti gli altri pazienti sono stati molto soddisfatti.

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