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Riabilitazione di un sito monoedentulo con impianto postestrattivo a provvisorizzazione immediata

Fig. 5 - Estrazione atraumatica dell’elemento 1.4.
Giacomo Tarquini

Giacomo Tarquini

mer. 13 marzo 2019

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La sostituzione di uno o più elementi dentari giudicati non recuperabili con impianti endossei costituisce una pratica chirurgica ampiamente diffusa e largamente documentata. Esistono, tuttavia, alcuni inconvenienti legati alla terapia implantare: essi sono rappresentati dall’aumento dei tempi necessari al completamento della riabilitazione protesica nonché dalla maggior invasività della procedura, poiché il paziente dovrà necessariamente subire l’intervento di estrazione dentaria, attendere i tempi di guarigione per poi sottoporsi ad un ulteriore intervento per l’inserimento implantare.

Per questo motivo, in alternativa al protocollo convenzionale, da molti anni viene proposto l’inserimento implantare contestualmente al momento dell’estrazione dentaria e, laddove le condizioni cliniche lo consentano, l’immediata applicazione di una corona protesica provvisoria allo scopo di evitare il deficit anatomico-funzionale1-3.

Le fasi più delicate della procedura consistono nell’esecuzione di un’estrazione dentaria atraumatica volta a preservare quanto più possibile le pareti dell’alveolo4, 5 e nella preparazione del tunnel implantare, sfruttando la disponibilità di tessuto osseo residuo per consentire il raggiungimento di una soddisfacente stabilità primaria6.

Al termine dell’inserimento implantare, viene effettuato un innesto di materiale di origine eterologa per colmare il gap presente tra le pareti dell’alveolo e il corpo implantare allo scopo di contrastare il riassorbimento che avviene invariabilmente, soprattutto in senso bucco-linguale, in seguito all’estrazione dentaria.

L’immediata applicazione di una corona provvisoria al termine della procedura chirurgica aiuta infine a contenere il materiale da innesto, sostenere e condizionare il profilo dei tessuti molli peri-implantari e consente di ovviare alle necessità estetiche e funzionali del paziente7.

Di seguito viene presentato un caso di impianto postestrattivo immediato con inserimento di una corona provvisoria contestualmente alla seduta chirurgica; questo tipo di approccio è stato scelto per minimizzare la morbilità della procedura chirurgica e, allo stesso tempo, soddisfare le esigenze estetiche e funzionali del paziente riducendo a zero il periodo di edentulia parziale8, 9.

Caso clinico
Paziente di aa. 52, maschio, giunge all’osservazione lamentando mobilità dell’elemento 1.4 e intensa dolorabilità alla masticazione; in sede anamnestica il paziente riferisce di aver involontariamente serrato tra le arcate dentarie un corpo estraneo accidentalmente presente nel bolo alimentare.

All’esame obiettivo viene si evidenzia una frattura verticale a carico dell’elemento in questione (Figg. 1, 2) che pone indicazione assoluta all’estrazione dentaria; per evitare di aggravare l’inevitabile contrazione della cresta ossea alveolare, si decide di eseguire l’estrazione dell’elemento fratturato senza sollevare alcun lembo. Viene effettuato un esame radiografico endorale allo scopo di visualizzare la morfologia della radice dentaria e i suoi rapporti con le strutture viciniori. (Fig. 3)

La profilassi antibiotica prevede l’assunzione di 2 g di Amoxicillina/Acido clavulanico (da iniziare un’ora prima della seduta chirurgica) per poi proseguire in ragione di 1 g ogni 12 ore per 6 giorni. Immediatamente prima della seduta chirurgica il paziente esegue uno sciacquo di circa 60’ con Clorexidina digluconato 0,2% da proseguire per due settimane dopo l’intervento in ragione di 1 sciacquo ogni otto ore.

Per la terapia antalgica/anti-infiammatoria è stato prescritto Naprossene sodico 500 da assumersi un’ora prima della seduta chirurgica e da proseguire secondo necessità, in quantità non superiore ad una bustina ogni otto ore per sette giorni.

Dopo analgesia locale ottenuta per infiltrazione di Articaina cloridrato 40 mg con epinefrina 1:100.000 la procedura chirurgica ha inizio con l’estrazione dell’elemento fratturato; allo scopo di evitare di danneggiare la parete buccale dell’alveolo e preservare il tessuto osseo residuo per il successivo inserimento implantare, viene praticata un’odontotomia per mezzo di un inserto piezoelettrico dedicato (ES009NT, Esacrom Srl, Imola, Italia) montato su manipolo a ultrasuoni (Esacrom Moto, Esacrom Srl, Imola, Italia) (Fig. 4).

Successivamente, le due parti dell’elemento dentario vengono estratte separatamente avendo l’accortezza di usare estrema cautela nei movimenti di lussazione (Figg. 5, 6). Dopo aver completato la fase estrattiva (Fig. 7) ed aver controllato l’integrità delle pareti alveolari, il tunnel implantare viene preparato mediante l’utilizzo di inserti piezoelettrici dedicati (SUS – Surgery Ultrasonic Site, Esacrom Srl, Imola, Italia) (Fig. 8) con il duplice obiettivo di sfruttare il setto inter-radicolare per garantire una soddisfacente stabilità primaria e inserire l’impianto in posizione protesicamente guidata: una preparazione di tipo tradizionale con frese rotanti esporrebbe infatti al rischio di distruggere completamente il setto osseo che separa la radice buccale da quella palatale, costringendo l’operatore ad abortire la procedura o, in alternativa, a posizionare l’impianto in una delle due radici (Fig. 9).

Viene inserito un impianto di tipo “bone level” da 3,5 x 15 mm: il raggiungimento di un torque di inserimento implantare (IT) superiore a 55 N.cm pone l’indicazione ad una procedura di provvisorizzazione immediata, motivo per cui un temporary abutment con una connessione protesica di tipo “platform switching” viene avvitato all’impianto con un torque di 35 N.cm (Figg. 10, 11). Per contrastare l’inevitabile contrazione dell’alveolo postestrattivo, il gap peri-implantare viene innestato con un biomateriale di origine eterologa (Figg. 12, 13). L’innesto viene eseguito con un leggero overbuilding in senso verticale allo scopo di sostenere il margine gengivale (Fig. 14).

Dopo aver protetto il sito chirurgico mediante un frammento di diga sterile (Fig. 15) una corona provvisoria in resina viene adeguatamente ribasata sul temporary abutment avvitato all’impianto, avendo cura di evitare qualsiasi tipo di contatto sia in occlusione centrica che durante i movimenti di lateralità e protrusione (Figg. 16, 17). Prima di dimettere il paziente con la corona provvisoria in situ, viene eseguito un esame radiografico endorale di controllo: trattandosi di un impianto “bone level” è consigliabile inserirne la piattaforma implantare circa 0,5 - 1 mm apicalmente alla cresta ossea marginale (Fig. 18).

Il primo follow-up effettuato a 14 giorni mostra un eccellente stato di salute dei tessuti duri e molli; è importante sottolineare come il profilo di emergenza della protesi provvisoria, opportunamente lucidato al momento della protesizzazione, guiderà i tessuti molli durante tutto il periodo di guarigione (Fig. 19). Le immagini del secondo follow-up a 4 mesi indicano una condizione di sostanziale salute e stabilità dei tessuti peri-implantari duri e molli: questo consente di programmare la successiva fase di finalizzazione protesica (Fig. 20).

Va rilevato come, durante la presa di impronta con un transfer del commercio, l’inevitabile collasso dei tessuti molli trasferirebbe al laboratorio odontotecnico una morfologia del tragitto transmucoso completamente differente da quella reale: per evitare questa distorsione, si rende necessaria la costruzione di un transfer individualizzato allo scopo di replicare tutte le informazioni relative alla forma dei tessuti molli giunti al termine del condizionamento.

Brevemente, le fasi della procedura protesica prevedono la duplicazione extraorale della porzione subgengivale della corona provvisoria mediante un’impronta con materiale a bassa viscosità, sulla base della quale viene confezionato un transfer individualizzato che replica fedelmente il tragitto transmucoso della corona provvisoria (Fig. 21). Il transfer individualizzato viene quindi connesso all’impianto per rilevare un’impronta di precisione in polivinilsilossano (Fig. 22).

Dopo aver opportunamente preparato un abutment definitivo che sia idoneo per altezza e forma del segmento transmucoso, si procede alla cementazione di una corona protesica definitiva in zirconia stratificata. Le immagini del follow-up a 12 mesi (Figg. 23-25) e il contestuale controllo radiografico endorale (Fig. 26) indicano un’ottima risposta dei peri-implantari tessuti duri e molli.

Discussione
La sostituzione di uno o più elementi dentari con una protesi di tipo fisso supportata da impianti endossei è considerata, ormai da decenni, una metodica altamente sicura e predicibile; il protocollo tradizionale prevede un’attesa di 6 mesi dal momento dell’estrazione dentaria all’inserimento implantare per consentire una completa guarigione ossea, al quale va sommato un ulteriore periodo di 3-6 mesi, necessari all’osteointegrazione dell’impianto, prima di giungere alla finalizzazione protesica10.

Per ridurre sia i tempi di attesa che la morbilità dell’intera procedura, l’inserimento di un impianto contestualmente all’estrazione dentaria si è rivelata nel tempo un’alternativa terapeutica estremamente valida, ampiamente diffusa e largamente documentata, con percentuali di successo che oscillano dal 94,6% al 100% in un periodo medio di 4 anni11-14.

Inoltre, al di là degli indiscussi risultati clinici, questo tipo di approccio è fortemente associato a un alto grado di soddisfazione soggettiva da parte del paziente15 grazie alla possibilità di ottenere sin da subito una protesi provvisoria capace di garantire un’estetica e una funzione soddisfacenti, nonché un’eccellente integrazione tissutale della protesi definitiva: un recente studio retrospettivo ha infatti valutato la soddisfazione globale del paziente riportando un punteggio pari a 9 (SD 0,7) su una scala da 0 a 1016.

In riferimento al protocollo chirurgico, è possibile riconoscere tre punti critici principali: un’estrazione atraumatica volta a conservare quanto più possibile intatte le pareti dell’alveolo, l’inserimento immediato di un impianto con una stabilità primaria adeguata e la preservazione dei volumi alveolari mediante un innesto di biomateriale.

Durante l’estrazione dell’elemento dentario è consigliabile evitare di danneggiare le pareti ossee, sia allo scopo di ridurre quanto più possibile il riassorbimento incontrollato dell’alveolo (in special modo la corticale buccale) che per sfruttarne l’anatomia residua, indispensabile per conseguire il raggiungimento di un’adeguata stabilità primaria dell’impianto (ad esempio, i setti inter-radicolari) che si desidera protesizzare immediatamente17-19.

A questo proposito, diverse tecniche chirurgiche sono state sviluppate negli anni: esse prevedono l’impiego di dispositivi appositamente ideati20 o l’esecuzione di un’odontotomia/rizotomia in senso longitudinale mediante frese chirurgiche prima di procedere al clivaggio e all’estrazione separata dei due frammenti radicolari21.

Un’alternativa alle metodiche precedentemente descritte è rappresentata dall’impiego di inserti ad ultrasuoni, che vengono utilizzati sia per eseguire l’odontotomia/rizotomia che l’erosione periferica delle pareti radicolari allo scopo di creare lo spazio necessario all’inserimento di una leva22, 23.

Nell’opinione dell’Autore, l’impiego di un dispositivo piezoelettrico offre diversi vantaggi, essenzialmente riconducibili alla precisione delle incisioni, alla sicurezza operativa e al minor impatto psicologico sul paziente24-28. Anche l’inserimento dell’impianto viene effettuato mediante inserti piezoelettrici dedicati poiché, rispetto all’impiego dei tradizionali strumenti rotanti, risulta più facile riuscire a mantenere integra l’anatomia dell’alveolo residuo e, nel caso di elementi poliradicolati, rende possibile sfruttare i setti ossei allo scopo di ottenere una soddisfacente stabilità primaria.

Inoltre, la preparazione con inserti piezoelettrici dedicati premette di inserire l’impianto in posizione protesicamente corretta, evitando di scivolare con la fresa rotante in uno degli alveoli radicolari29-33. Va inoltre ricordato come la cavitazione e le onde meccaniche prodotte dall’azione degli ultrasuoni abbiano spiccate capacità battericide, ampiamente dimostrate in letteratura34-42: lo sfruttamento di queste proprietà è particolarmente utile nei casi di impianti post-estrattivi immediati inseriti in siti infetti43. Per quanto riguarda la scelta dell’impianto adatto, la selezione della lunghezza e del diametro ideali (oltre che del tipo di connessione protesica) è estremamente importante sia dal punto di vista chirurgico che da quello protesico.

Nel caso in oggetto, è stata preferita una connessione di tipo “platform switching” poiché associata ad un miglior mantenimento della corticale ossea buccale nel tempo44 mentre una lunghezza di 15 mm si è resa necessaria per raggiungere un’elevata stabilità primaria sfruttando il tessuto osseo apicale all’alveolo.

Un altro parametro di cruciale importanza è rappresentato dalla selezione del diametro implantare: un impianto di tipo “narrow” (nel caso descritto è stato scelto un diametro di 3,5 mm) faciliterà il mantenimento della vascolarizzazione della parete ossea buccale e di un gap peri-implantare pari ad almeno 3 mm45 che potrà essere innestato con un particolato osseo di origine eterologa.

Questo tipo di approccio si è rivelato particolarmente efficace nel contenere, seppur parzialmente, l’inevitabile contrazione dell’alveolo postestrattivo46, 47 poiché la preservazione in senso verticale e orizzontale della cresta ossea è un aspetto di fondamentale importanza al fine di ottenere un’estetica finale soddisfacente48.

Al termine del periodo di guarigione e di un adeguato condizionamento dei tessuti molli, la morfologia del tragitto transmucoso dovrà essere fedelmente riprodotta e trasmessa al laboratorio odontotecnico per la realizzazione del manufatto definitivo: a tale scopo, utilizzando un transfer del commercio si procede alla creazione di un transfer individualizzato che sarà poi connesso all’impianto per rilevare un’impronta di precisione in polivinilsilossano49.

Conclusioni
L’inserimento di impianti postestrattivi immediati con provvisorizzazione immediata in alternativa al protocollo implantoprotesico tradizionale offre indiscutibili vantaggi in termini di predicibilità dei risultati, integrazione del manufatto protesico con i tessuti molli e contrazione dei tempi necessari alla riabilitazione.

La selezione di un impianto di morfologia adeguata e l’innesto del gap peri-implantare contribuiscono sensibilmente al mantenimento della cresta ossea alveolare residua. La procedura di provvisorizzazione immediata unita ad una chirurgia in assenza di lembo con l’ausilio di inserti ad ultrasuoni dedicati assicurano al paziente il miglior risultato estetico, la massima sicurezza e il minimo discomfort intra e postoperatorio, contribuendo ad aumentare l’accettazione del paziente nei confronti della terapia implantoprotesica.

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