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Recenti sviluppi sulla Genetica delle Schisi Orofacciali

Schisi totale del labbro e del processo alveolare
Luca Scapoli, Francesco Carinci

Luca Scapoli, Francesco Carinci

gio. 12 gennaio 2012

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Le schisi orofacciali sono comuni malformazioni congenite che si possono manifestare nell’ambito più di 300 sindromi rare. Più frequentemente, la schisi si evidenzia come difetto isolato in una condizione definita non sindromica che colpisce circa un nuovo nato ogni 1000. L’origine è da attribuire ad anomalie dello sviluppo embrionale nelle prime settimane di gestazione.

Il normale sviluppo della faccia coinvolge cinque processi facciali che accrescendo compiono complessi movimenti morfogenetici, infine confluiscono e fondono tra loro dando origine alle strutture definitive. Le più comuni anomalie sono difetti di fusione dei processi mascellari che determinano delle fessurazioni nella regione orale, le labioschisi e le palatoschisi.
L’eziologia delle schisi orofacciali non sindromiche è molto complessa in quanto coinvolge componenti genetiche e componenti ambientali, queste ultime determinate per lo più dalle abitudini della madre nelle settimane periconcezionali. Studi epidemiologici hanno evidenziato che carenze vitaminiche, consumo di fumo, alcool e farmaci possono aumentare il rischio di schisi orofacciali.
La predisposizione genetica è forte, lo si può facilmente dedurre dal fatto che si osserva ricorrenza familiare in circa il 20% dei casi, ma anche studi formali condotti sui gemelli lo hanno confermato. Le nuove tecnologie sviluppate per lo studio del genoma umano hanno permesso di identificare un certo numero di geni e regioni cromosomiche che sembrano conferire predisposizione alla malformazione. Il condizionale è d’obbligo in quanto studi indipendenti hanno spesso fornito indicazioni contrastanti. Le ragioni possono essere ricondotte all’elevato numero di geni coinvolti, che nelle diverse popolazioni e nei diversi campioni di studio possono assumere una differente importanza relativa. Tra le diverse regioni cromosomiche, il braccio corto del cromosoma sei è stata tra le prime a essere investigate. Un’indagine condotta in Italia ha inizialmente evidenziato che i marcatori di questo cromosoma venivano trasmessi con la malattia in metà delle famiglie multigenerazionali analizzate(3). Recentemente, è stato possibile rifinire il dato, evidenziando in Jarid2 il gene in grado di aumentare il rischio di schisi. Particolari polimorfismi di questo gene sono stati visti associati all’insorgenza della schisi del labbro nei casi familiari, ma anche in quelli sporadici. L’osservazione che il gene è attivamente espresso in strutture specifiche e in momenti determinanti dello sviluppo orofacciale supportano ulteriormente l’evidenza che il gene ha una funzione importante per questo sviluppo(2).
Il gene Jarid2 codifica per una proteina che regola la trascrizione di altri geni. Sebbene la sua funzione sia tuttora oggetto di studio, è stato osservato che gravi mutazioni del gene sono letali in cavie animali, rivelando che Jarid2 riveste un ruolo importante nello sviluppo di cuore e fegato, nella chiusura del tubo neurale e nell’ematopoiesi(4-6). Sebbene le schisi non figurino tra le caratteristiche evidenziate in questo modello, resta il fatto che sviluppo cardiaco e orofacciale condividono schemi comuni, ipotesi supportata dall’evidenza che difetti cardiaci e schisi orofacciali sono tratti che spesso si riscontrano contemporaneamente in sindromi congenite.
Recentemente è stato evidenziato che Jarid2 interagisce con il complesso proteico Policomb nel regolare il pattern di espressione di geni dello sviluppo attraverso la modificazione dello stato della cromatina(1) Jarid2 guida il legame di Policomb a siti specifici del DNA genomico e il complesso modifica chimicamente gli istoni favorendo il compattamento della cromatina che rende inattivi i geni. È stato notato che in cellule staminali embrionali di topo, il complesso Jarid2-Policomb si lega ai promotori di geni essenziali per il normale sviluppo e differenziazione, tra i quali alcuni noti, o sospettati, di essere coinvolti nell’insorgenza delle schisi.
I dati sinora raccolti non permettono ancora una diretta applicazione delle scoperte alla pratica clinica, tuttavia le indicazioni che hanno recentemente permesso di collegare l’azione di Policomb allo sviluppo del labbro e del palato, lasciano ben sperare e aprono il campo a nuove interessanti ipotesi di lavoro.
 

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La bibliografia completa è disponibile presso l'editore
L'articolo è stato pubblicato sul numero 12 di Dental Tribune Italy 2011

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