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Protezione della membrana sinusale nell’esecuzione del rialzo di seno con innesti ossei eterologhi

Fig. 2_Aperto un lembo a tutto spessore si è proceduto a raccogliere del particolato autologo da miscelare con un sostituto osseo granulare.
D. A. Di Stefano, R. Vinci, A. Piattelli

D. A. Di Stefano, R. Vinci, A. Piattelli

mer. 27 febbraio 2019

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La riabilitazione del mascellare posteriore atrofico spesso richiede l’esecuzione di un rialzo di seno mascellare che, nei casi ove l’atrofia sia importante ed anche associata a più elementi adiacenti, è di preferenza gestito attraverso l’approccio per via laterale, se si vuole anche un pieno controllo dell’atto chirurgico.

Le operazioni di scollamento della membrana sinusale, di innesto del biomateriale particolato e di inserimento implantare, se questo è eseguito in modo concomitante, sono associate al rischio di perforazione della membrana, una delle complicanze più frequenti e temute in questo tipo di chirurgia. Il posizionamento al di sotto della membrana sinusale di membrane o innesti ossei in forma di blocchi sottili o lamine può essere d’aiuto nella prevenzione di eventuali perforazioni successive allo scollamento e – nei casi in cui queste siano avvenute – nella loro gestione. Esse, inoltre, aiutano a costituire un neo-tetto che consentirà una maggior preservazione dell’innesto stesso negli anni. Il caso presentato in questo articolo illustra il posizionamento di un blocco osseo spongioso a protezione della membrana sinusale dopo il suo scollamento e prima del posizionamento simultaneo di impianti osteointegrati.

_Introduzione
Il rialzo di seno è uno degli interventi più frequenti nella riabilitazione del mascellare posteriore atrofico1. Fin dalla sua introduzione da parte di Tatum2, 3 e Boyne e James4, è stato oggetto di numerosi studi che ne hanno dimostrato la sicurezza, l’efficacia e la ripetibilità5-7. Alcuni autori, tra cui Summers8 ed altri7, 9-11, hanno proposto l’approccio crestale come alternativa a ridotta invasività rispetto l’accesso laterale previsto dalla tecnica originale. Quest’ultimo, tuttavia, è ancora da preferirsi quando lo spessore residuo della cresta ossea è inferiore ai 4-5 mm12, 13. Uno spessore ridotto, tuttavia, non impedisce il posizionamento simultaneo di impianti con sufficiente stabilità primaria, applicando opportuni protocolli di sottopreparazione del sito implantare, e adeguate macromorfologie implantari, la cui pianificazione è resa possibile, o grandemente facilitata, dalla possibilità di eseguire misure quantitative e ripetibili sia della densità ossea che della stabilità primaria implantare14. L’inserimento di impianti in un tempo, pur evitando al paziente un secondo intervento e rendendone più rapida la riabilitazione, comporta una maggiore durata della chirurgia, un maggior trauma, un decorso post-operatorio più difficile ed un maggior rischio di infezione. Esso comporta inoltre la necessità di eseguire un maggior numero di manovre chirurgiche e, intrinsecamente, un’aumentata probabilità che si verifichino complicanze, soprattutto intra-operatorie. Tra le complicanze più comuni dell’intervento si annovera la perforazione della membrana1, 14, 15. In questo articolo l’autore descrive brevemente l’impiego di innesti ossei eterologhi di origine equina, ottenuti attraverso un processo di eliminazione degli antigeni che ne conserva le proprietà meccaniche, posizionati a proteggere la membrana del seno – dopo il suo scollamento – dalle azioni meccaniche successive, inserimento degli impianti e riempimento con biomateriale, che potenzialmente potrebbero portare alla sua perforazione.

_Materiali e metodi
La paziente, di 66 anni non fumatrice, si è presentata all’attenzione del chirurgo richiedendo la riabilitazione del mascellare superiore sinistro, privo degli elementi da 2.4 a 2.7 (Fig. 1). Dopo valutazione clinica e radiografica, anche attraverso CBCT, alla paziente è stato proposto un piano di riabilitazione basato sull’esecuzione di un rialzo di seno ed il contestuale inserimento di tre impianti osteointegrati. La paziente ha fornito il proprio consenso informato al trattamento.

 _Procedura chirurgica
La paziente è stata sottoposta ad igiene orale prechirurgica una settimana prima dell’intervento. Un’ora prima dell’intervento si è somministrato 1 g di amoxicillina/acido clavulanico (Augmentin, Glaxo-SmithKline, Verona) a scopo di profilassi chirurgica 1 ora prima della chirurgia e poi ogni 12 ore per 12 giorni. Alla paziente sono stati inoltre fatti eseguire degli sciacqui con clorexidina allo 0,2% (Corsodyl, Glaxo-SmithKline) da proseguire per due settimane dopo l’intervento. Per la terapia antalgica sono stati prescritti nimesulide 100 mg (Aulin, Angelini, Ancona) e desametasone solfato 4 mg/1ml (Soldesam, Laboratorio Farmacologico Milanese, Caronno Pertusella). È stato inoltre prescritto del ketoprofene granulare 80 mg (Oki, Dompé, L’Aquila), da assumersi se necessario, in quantità non superiore ad una bustina ogni otto ore per sette giorni.

L’area di intervento è stata anestetizzata utilizzando articaina cloridrato 40 mg con adrenalina 1:100000. Si è proceduto quindi a sollevare un lembo a tutto spessore, leggermente paracrestale, e a raccogliere del particolato autologo, utilizzando un bone scraper (SafeScraper Twist, Meta, Reggio Emilia) da impiegare successivamente per l’innesto miscelandolo col biomateriale (Fig. 2).

Si è proceduto quindi all’inserimento del primo impianto (Stone, IDI Evolution, Concorezzo) in posizione 2.5, previa misurazione della densità ossea attraverso una sonda di misura, connessa al manipolo di un apposito micromotore (TMM2, IDI Evolution, Concorezzo) e alla preparazione del sito per l’inserimento dell’impianto in posizione 2.6 (Fig. 3). L’osteotomia è stata eseguita utilizzando inserti piezoelettrici; la membrana sinusale è stata quindi scollata e sollevata e si è proceduto alla preparazione del sito implantare destinato ad accogliere il terzo impianto in posizione 2.7 (Fig. 4). La preparazione dei siti in posizione 2.6 e 2.7 è stata anch’essa eseguita previa lettura della densità ossea; essendo la stessa ridotta, si è deciso – per tutti e tre gli impianti – di impiegare un protocollo di sottopreparazione ove l’ultima fresa aveva un diametro inferiore a quello della spira dell’impianto del 12.5% come descritto anche in Arosio et al.14.

Prima dell’inserimento dei due impianti in posizione 2.6 e 2.7 si è proceduto a proteggere la membrana sinusale utilizzando un blocco osseo spongioso rigido, di origine equina, ottenuto attraverso un processo di eliminazione degli antigeni per via enzimatica (Osteoplant, Bioteck, Arcugnano); il blocco è stato tagliato con una pinza ossivora per ricavarne una porzione delle dimensioni adeguate al successivo inserimento al di sotto della membrana sinusale (Fig. 5); si è quindi proceduto ad inserire l’impianto in posizione 2.7 (Stone, IDI Evolution, Concorezzo), il cui apice, appoggiandosi al blocco appena inserito, non è entrato in contatto con la membrana sinusale (Fig. 5).

La cavità è stata quindi parzialmente riempita utilizzando un sostituto osseo di origine equina in granuli (Osteoxenon, Bioteck, Arcugnano), idratati con fisiologica sterile e miscelati con il particolato autologo prelevato precedentemente. Inserito il terzo impianto in posizione 2.6 (Stone, IDI Evolution, Concorezzo), il riempimento è stato completato utilizzando lo stesso sostituto osseo in granuli ed un’altra porzione del blocco impiegato in precedenza (Fig. 6). La finestra di accesso al seno è stata coperta con una membrana riassorbibile in collagene (Biocollagen, Bioteck, Arcugnano). Si è quindi proceduto alla sutura del lembo con una sutura non riassorbibile 5-0 (Monomyd, Butterfly, Cavenago). Non si sono osservate complicanze intra- o post-operatorie. La CBCT di controllo evidenziava il corretto posizionamento degli impianti, l’adeguato riempimento del seno, e la corretta interposizione del blocco osseo tra l’apice dell’impianto in posizione 2.7 e la membrana sinusale (Fig. 6). Dopo un adeguato tempo di guarigione, e seguite le usuali procedure di rimozione delle suture, scopertura degli impianti e condizionamento dei tessuti molli, a distanza di 4 mesi è stata consegnata la protesi definitiva in metallo-ceramica (Fig. 7). La paziente è stata controllata di seguito almeno annualmente. I controlli radiografici a un anno e a sette anni dall’intervento confermavano la conservazione dei livelli ossei perimplantari nel tempo, e la protesi appariva perfettamente funzionante (Fig. 7).

_Discussione e conclusioni
La tecnica presentata in questo caso si avvale di un sostituto osseo in blocco di origine equina per permettere di proteggere la membrana sinusale, dopo il suo scollamento, dalle successive operazioni di riempimento con biomateriale e simultaneo posizionamento implantare, entrambe richiedenti un’operatività che, potenzialmente, può aumentare la probabilità di perforazione della membrana. La tecnica mima, nella sostanza, l’approccio già delineato da Tulasne attraverso l’utilizzo di prelievi ossei da calvaria: interponendo un innesto osseo tra gli impianti e la membrana si protegge la stessa da eventuali interazioni meccaniche15, 16. L’impiego di sostituti ossei di origine equina (nello specifico, lamine corticali flessibili dello spessore di circa 2,5 mm) è già stato oggetto di studio da parte dell’autore, con follow-up a medio termine, come nel caso presentato (7 anni)17; la tecnica può essere eseguita sia realizzando due slot in posizione apicale entro i quali fare scivolare la lamina sia sfruttandone l’elasticità inserendola piegata al di sotto della membrana, e lasciando che successivamente si distenda (Fig. 8). L’autore ha più volte impiegato anche una versione più sottile (0,2 mm) della lamina corticale, più simile ad una membrana, sempre con l’intento di proteggere la membrana sinusale (Fig. 9). È opportuno segnalare che gli stessi innesti sono stati utilizzati con successo anche per la gestione delle perforazioni della membrana, anche di dimensioni significative18. Il risultato del caso presentato, in termini di successo implantare e mantenimento del volume osseo rigenerato, è coerente con gli studi condotti in precedenza sull’impiego dei sostituti ossei di origine equina a collagene preservato nell’esecuzione dei rialzi di seno in uno o due tempi14, 19, 20; il risultato ottenuto, in siti di densità ossea ridotta, è coerente con l’approccio razionale descritto dall’autore che prevede la misura quantitativa della densità ossea sito-specifica al sito di posizionamento implantare come parametro fondamentale per la decisione dell’entità della sottopreparazione da eseguire per dotare l’impianto dell’opportuna stabilità primaria in funzione del protocollo di carico pianificato14, 21, 22.

 

L’effettiva maggiore efficacia dell’interposizione di innesti ossei a blocco o lamina al di sotto della membrana sinusale, durante il posizionamento simultaneo di impianti, nel mantenere più stabile il volume osseo innestato e rigenerato nel tempo, nell’impedire la dispersione dell’innesto particolato nel seno in caso di lacerazione, e nel diminuire la probabilità di lacerazione della membrana sinusale rispetto all’approccio tradizionale dovrà essere oggetto di studi prospettici comparativi appositamente progettati allo scopo.

 

_bibliografia

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L'articolo è stato pubblicato su Implants international magazine of oral implantology, numero 1/2019.

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