Nell’accesa diatriba riguardante il profilo professionale dell’odontotecnico interviene anche il presidente Andi, Gianfranco Prada ribadendo la posizione ripetutamente ed ufficialmente espressa in altre occasioni.
Mi si chiede un commento agli scritti pubblicati in questi giorni su di un noto quotidiano online dedicato al settore dentale in merito al profilo dell’odontotecnico. La posizione di ANDI sulla questione non è cambiata ed è quella che ogni eventuale nuova formulazione del profilo non deve andare a modificare il rapporto odontoiatra-paziente, creando confusione sui ruoli.
L’odontotecnico è una figura importante nel Team Odontoiatrico ma per la sua specificità: la fabbricazione del dispositivo medico su misura, prescritto dal medico odontoiatra. L’odontoiatra ha necessità di avvalersi di un odontotecnico non solo capace manualmente, con “doti artistiche”, ma con competenze sempre più approfondite sull’utilizzo dei materiali e delle nuove tecnologie, un odontotecnico che sappia garantire che il dispositivo realizzato non comporti rischi per i pazienti. Per questo motivo sono favorevole al fatto che le associazione odontotecniche chiedano una formazione adeguata per questa figura, anche in ambito universitario, nel campo ingegneristico o delle biotecnologie. Non mi appassiona invece la storia di come è nato il testo del nuovo ipotetico profilo, fermo da anni alla Conferenza Stato Regioni, e mi sembra peraltro che la Conferenza non abbia per ora modificato la propria posizione, contraria, sulla necessità di approvare nuovi profili professionali in ambito sanitario.
Ma quel testo è ancora oggi attuale? Stiamo parlando di un documento scritto nel 2001, quattordici anni fa quando nell’odontoiatria comune non si era neppure cominciato a parlare di Cad Cam, quando la tecnologia e i computer erano ben diversi dagli attuali, quando telefonavamo all’odontotecnico per venire a ritirare le impronte mentre oggi possiamo mandare il file dell’impronta per posta elettronica insieme alla foto dell’estetica da riprodurre. Il testo licenziato dal Consiglio Superiore di Sanità, grazie anche alle successive aggiunte, prevede tre anni di percorso universitario nella Facoltà di Medicina per poi creare una figura di odontotecnico che può andare in studio a ritoccare le protesi, fuori dal cavo orale, nel piccolo laboratorio allestito nello studio odontoiatrico, sempre che l’odontoiatra lo richieda e ne abbia necessità.
È questa la reale evoluzione di cui necessita la professione odontotecnica? A loro rispondere. Io penso che la formazione degli odontoiatri fornisca tutta la preparazione e capacità per fare quei ritocchi in studio direttamente, senza bisogno di altre figure, nell’ambito dell’intero progetto di riabilitazione di cui sono responsabili. Perché allora non lasciamo da parte la storia e guardiamo avanti pensando all’odontoiatria del futuro in cui l’odontotecnico possa avere la dignità ma soprattutto la competenza tecnica e tecnologica che servirà a riabilitare il paziente di domani? La posizione di ANDI è la stessa sia che si parli di odontotecnico, di igienista dentale, di ASO: non si devono sovrapporre ruoli e competenze esclusive dell’abilitato alla professione odontoiatrica.
Dare oggi una funzione legittimata all’interno dello studio odontoiatrico all’odontotecnico non farebbe altro che favorire chi ha fatto dell’illegalità la propria professione: abusivi e prestanome. Sono convinto che nessuno considera la categoria di odontotecnico una categoria di abusivi e se qualcuno lo fa è nel torto, ma purtroppo il fenomeno dell’abusivismo nel nostro Paese è ancora ben radicato e presente ed è un dato oggettivo che la maggior parte degli abusivi siano diplomati odontotecnici. Su questo fronte ho letto con piacere le dichiarazioni di chi, anche nel mondo odontotecnico, sottolinea il proprio sostegno al Disegno di Legge Marinello.
Solo l’appoggio da parte di tutte le componenti del settore dentale, senza se e senza ma, al testo attualmente in discussione in Commissione Giustizia alla Camera potrà permettere la sua approvazione nel più breve tempo possibile dando la possibilità alla magistratura, finalmente, di penalizzare chi svende la nostra professione, mettendo sullo stesso piano i truffatori con i tantissimi professionisti che ogni giorno lavorano nei propri studi e nei propri laboratori con onestà e professionalità.
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