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Problematiche biologiche e biomeccaniche dell’implantologia

Dott. Claudio Gatti
Claudio Gatti

Claudio Gatti

ven. 4 maggio 2018

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Sul rapporto spesso problematico, se non addirittura “conflittuale” tra parodontite e implantologia alcuni concetti meritano di essere sottolineati, vediamo.

  1. Per il trattamento implantare la parodontite in fase attiva è una controindicazione assoluta;
  2. La perimplantite è una complicanza di tipo infettivo;
  3. Le complicanze biomeccaniche possono superare il 30% a 10 anni;
  4. Il mantenimento nel tempo dei risultati è un obiettivo ideale e sempre desiderabile

Premesse
Oltre il 40% della popolazione soffre di una qualche forma di malattia parodontale e il trattamento migliora la prognosi della malattia stessa. Le terapie sono in grado di salvare e mantenere nel tempo (fino a 30 anni) oltre il 95 % dei denti ammalati di parodontite.

La malpractice in implantologia riconosce diverse cause:

  • Mancata diagnosi e cura preliminare della parodontite;
  • Mancata pianificazione protesica;
  • Incongruenza posizione impianto-restauro;
  • Posizione medio-distale inadeguata;
  • Asse impiantare scorretto;
  • Posizione eccessivamente vestibolare;
  • Numero eccessivo di impianti;
  • Gestione inadeguata dei tessuti molli implantari;
  • Mancata pianificazione chirurgica;
  • Lesione di strutture anatomiche nobili;
  • Inserimento implantare precoce;
  • Utilizzo di biomateriali di scarsa qualità.

Secondo una recente ricerca (Vilma Pinchi et al. Analysis of Professional Malpractice Claims in Implant Dentistry in Italy from Insurance Company Technical Reports, 2006 to 2010 Int J Oral Maxillofac Implants 2014) la maggior parte (82.6%) degli errori tecnici all’origine del contenzioso sono avvenuti durante l’inserimento degli impianti. Nel 50.4% dei casi era riportato un danno alle strutture anatomiche adiacenti come il nervo alveolare inferiore (32.2%), il nervo linguale (2.5%), il seno mascellare (9.1%) o gli elementi dentali adiacenti(6.6%). Nel 30.6% dei casi, perdita precoce degli impianti legata a complicanze post-chirurgiche, nel 27.0% dei casi perdita implantare tardiva legata a peri-implantite. Nel 54.5% dei casi la documentazione clinica prodotta era incompleta e insufficiente o completamente assente.

Queste le conseguenze: nella maggioranza dei casi (90.1%), perdita della riabilitazione implanto-protesica e necessità di riposizionare gli impianti coinvolti. Nel 54.5% la perdita degli impianti ha determinato la necessità di procedure rigenerative aggiuntive.

Queste le conclusioni: in considerazione dell’elevato numero di complicanze legate alla fase chirurgica, un maggior livello di training dedicato agli odontoiatri che praticano l’implantologia sarebbe auspicabile. Un’efficace comunicazione tra odontoiatra e paziente, e un’accurata fase diagnostica pre chirurgica consentono di prevenire molti casi di contenzioso medico-legale. La raccolta di una documentazione clinica e radiografica completa, oltre al consenso informato consente all’odontoiatra di difendersi in caso di contenzioso medico-legale.

Considerazioni biologiche relative agli impianti
L’attacco trasmucoso impianto-tessuti è diverso dall’ampiezza biologica dei dente-tessuti. Infatti nel caso degli impianti abbiamo: assenza di legamento parodontale e di cemento radicolare. Inoltre le fibre collagene sono parallele all’impianto ed esiste un minor numero di fibroblasti e di vasi.

Cause di fallimento implantare
Possono essere dovute a fattori eziologici di natura biologica o di natura meccanica (Tonetti e Schmid 1994). Spesso l’infiammazione di origine batterica si sovrappone a quella di origine traumatica per cui la netta distinzione fra le due cause può essere difficile. Le complicanze infiammatorie dell’unità peri-implantare secondo l’European Federation of Periodontology sono:

  • Mucosite peri-implantare (infiammazione reversibile che interessa i tessuti molli adiacenti a un impianto osteointegrato);
  • Peri-implantite (reazione flogistica responsabile di riassorbimento osseo progressivo nel tempo, fino alla perdita dell’impianto). Mentre la mucosite è una lesione anche spontaneamente reversibile, altrettanto non può essere detto della peri-implantite, spesso una ulteriore evoluzione della mucosite stessa.

Diagnosi della perimplantite
Segni clinici di perimplantite sono:

  • Essudazione e suppurazione: La presenza di fluido crevicolare abbondante è associata alla presenza di infiammazione anche se non è sensibile per predire l’evoluzione della patologia. La presenza di suppurazione, legata alla concentrazione di un alto numero di leucociti richiamati nella zona dalla presenza dei batteri, è associata a quadri clinici infiammatori avanzati, e pertanto non può essere utilizzata per la diagnosi precoce.
  • Viene effettuato con sonde a punta smussa e con una pressione di 0,2 newton. Fino a 3,5/4 mm è generalmente considerato compatibile con la presenza di tessuti sani attorno agli impianti. In condizioni di salute la sonda si arresta a livello dell’attacco epiteliale, morfologicamente sovrapponibile a quello presente a livello della dentatura naturale, mentre in presenza di infiammazioni più severe la sonda penetra all’interno del connettivo sopracrestale sino a giungere in prossimità della cresta ossea. Il sondaggio è altamente sensibile per la diagnosi di patologia infiammatoria anche se risulta essere poco sensibile per identificare la presenza di riassorbimento osseo marginale.
  • Mobilità. Non sembrerebbe indicata per diagnosticare le fasi iniziali delle patologie peri-implantari anche nei casi in cui sia stata valutata mediante l’ausilio di strumenti elettronici (Periotest e Frequenza di risonanza). Un notevole limite di questa metodica è costituito dalla necessità di rimuovere la sovrastruttura per valutare in modo corretto il solo sostegno osseo per la stabilità dei singoli impianti. La valutazione della mobilità clinica, pur essendo un test specifico, è poco sensibile in quanto non in grado di identificare gli stadi precoci nei fallimenti tardivi.
  • Esame radiografico: È quello più utilizzato nella pratica clinica. Ha scarsa riproducibilità e sono indagabili solo la superficie mesiale e distale. L’ortopantomografia è molto utilizzata nel follow-up di pazienti totalmente edentuli. La radiografia endorale consente una valutazione più precisa. La massima perdita di osso, accettata dai criteri di successo oggi in uso, è di circa 1 mm nel primo anno di carico e successivamente di 0,2 mm per anno. In caso di presenza di tasche di profondità superiore a 3,5 – 4 mm, in particolare in presenza di sanguinamento al sondaggio con essudato e/o suppurazione, è sempre indicato effettuare un controllo radiografico, che, se evidenza riassorbimento osseo marginale, ci consente di effettuare la diagnosi di perimplantite.

Impianti e pazienti parodontali
I dati della letteratura riportano percentuali di successo inferiori e maggiore incidenza di peri-implantiti nei pazienti parodontalmente compromessi rispetto a quelle ottenute nei pazienti sani. Quelli affetti da parodontite aggressiva evidenziano percentuali di successo inferiori a quelle riportate in coloro che sono affetti da parodontite cronica. I pazienti con parodontite aggressiva sono soggetti ad un maggior riassorbimento osseo perimplantare rispetto a quello dei pazienti con parodontite cronica. (Ong et al. 2008 - Schou 2008 - Heitz-Mayfield 2008).

Complicanze biomeccaniche
Secondo una ricerca del 2007 (Pjetursson BE, Bragger U, Lang NP, Zwahlen M. Comparison of survival and complication rates of tooth- supported fixed dental prostheses (FDPs) and implant-supported FDPs and single crowns (SCs). Clin. Oral Impl. Res. 18 (Suppl. 3), 2007; 97-113) le complicanze biomeccaniche si verificano nel 38,7% dei casi. (Sopravvivenza ponti su impianti: 5 anni 95,2% - 10 anni 86,7%. Sopravvivenza ponti su impianti e denti: 5 anni 95,5% -10 anni 77,8%).

A conclusione di questa disanima:

  • La parodontite non trattata è il fattore rischio più importante per il fallimento e/o la complicanza biologica implantare;
  • La terapia parodontale permette il mantenimento a lungo termine dei denti e riduce le complicanze implantari;
  • La strategia terapeutica (attiva e mantenimento) è la chiave del successo in implantologia

 

 

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