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Per evitare il collasso della sanità basta adottare un salubre stile di vita

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Roberto Callioni

Roberto Callioni

mer. 18 aprile 2012

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Dalla Relazione della Corte dei Conti: “Boom di anziani, immigrati e farmaci, la spesa sanitaria è raddoppiata, cresce al ritmo del 4% all’anno”. Sono tanti titoli similari che campeggiano sempre più sulle prime pagine dei quotidiani. Dopo quella previdenziale, la seconda voce di spesa nel bilancio del Paese è quella sanitaria. I progressi medico scientifici hanno reso la popolazione italiana tra le più longeve.

Una colpa? No, certo, ma è innegabile che la problematica sintetizzata dai titoli in apertura si pone. Sanità di qualità è indice del progresso di un Paese. Lo è ancor più se viene assicurata a tutti nel contesto di un “welfare state” emancipato, ma non più economicamente sostenibile. Tutto ciò è vero, anche se giornalmente viviamo episodi di malasanità laddove agli alti costi si accompagnano sprechi.
Sempre sui quotidiani due altre notizie più che compatibili con quanto riportato sinora. La prima: la Regione Lombardia ha deciso che prossimamente tutti i referti piuttosto che le cartelle di dimissioni dei pazienti sottoposti a cure vengano accompagnati dal totale delle spese sostenute dal SSN per tali prestazioni. Contrastanti le reazioni soprattutto in ambito dei sindacati medici. L’altra notizia riguarda invece l’intenzione del Governo Monti di tassare i cd. “cibi spazzatura”, quelli insomma ad alto contenuto calorico, anche per combattere la dilagante obesità infantile e non solo.
Perché le due notizie sono concatenate? Perché, come insegna una delle discipline più costose della medicina, l’odontoiatria, solo con la prevenzione si può porre sotto controllo la spesa sanitaria nel prossimo futuro. Indispensabile innanzitutto che il cittadino comprenda il costo reale delle cure e degli accertamenti cui si sottopone. Ticket o no, occorre sapere quanto costerebbero di tasca propria se affrontati in regime privatistico, come avviene per lo più in odontoiatria. Quelle spese apparentemente inesistenti nella realtà sono a carico della collettività. Fondamentale insomma un cambio culturale nella gente. La tassazione dei cosiddetti “cibi spazzatura”, che peraltro vedrebbe una ciclopica battaglia con le multinazionali dell’alimentazione globalizzata, penalizzerebbe quegli alimenti ipercalorici tanto dannosi per il benessere dell’individuo, una lotta senza quartiere, quindi, all’ipercolesterolemia, iperglicemia, carie, ecc.
Per ottenere la quadratura del cerchio, immaginiamo che al cittadino votato al virtuosismo si garantissero benefici fiscali. Che gli venisse concesso un bonus qualora adottasse uno stile di vita salubre, seguisse diete confacenti, si sottoponesse ad accertamenti ematochimici programmati (e non solo) correggendo eventuali discrasie ematiche. Un modello preventivo del genere applicato su vasta scala comporterebbe sicuramente una svolta nella spesa per la sanità.
Questa proposta, a dire il vero, è stata avanzata da chi scrive nel corso della sua qualificante esperienza nel Consiglio Superiore di Sanità e non è stata particolarmente approfondita. Ma è la sola che possa evitare il default della sanità nel Paese.
 

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